Milano Cortina 26, manca un anno: cinque cerchi, pochi simboli
A dodici mesi dall’inaugurazione dei Giochi olimpici invernali, una rassegna critica di progetti e cantieri
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Published 3 febbraio 2025 – © riproduzione riservata
Chi avesse avuto la ventura di gironzolare per Parigi all’inizio di quest’anno non avrebbe avuto modo di avvistare segni di quella Olimpiade tenuta solo pochi mesi prima sulle rive della Senna.
Spariti gli accampamenti nel centro cittadino, solo una piccola mostra all’Hôtel de Ville ricorda l’evento che, consumata in una fiammata l’attenzione mediatica mondiale, nulla ha lasciato in città se non – tralasciando il nuovo quartiere residenziale di Saint Denis, appunto in quanto tale – un sostanzioso incremento dei flussi turistici. Tanto che la cronaca di questi giorni ci annuncia doverose nuove sistemazioni per la povera Gioconda, capolavoro di Leonardo, consumato dagli sguardi e dagli scatti fotografici.
Milano guarda oltre, interventi per il dopo Olimpia
Su Milano Cortina 26, a un anno dall’accensione del braciere olimpico (il 6 febbraio), la situazione è variegata ricordando, da una parte e per certi aspetti, quella d’oltralpe, identificandosi in una pioggia diffusa di interventi dall’altra.
La Milano olimpica è passata dal paradosso di vedere la sede della cerimonia di inaugurazione, lo stadio Meazza a San Siro, mutare da obsoleto oggetto architettonico destinato alla demolizione a confermata Scala del calcio vincolata e da preservare, senza terzo anello, in un non ancora ben precisato progetto di riqualificazione che prevederebbe anche la costruzione di un nuovo stadio.
Ma il contrario di tutto ciò è sempre possibile nella Milano dell’immobiliarismo del terzo millennio.
Anche tralasciando questa complicatissima vicenda, le tracce olimpiche sono da ricercare attentamente e a volte appaiono anche non come tali. Il Villaggio Olimpico, progetto di Skidmore, Owings & Merrill – SOM allo scalo di Porta Romana, si è reso visibile con il suo pettine a sei grandi, e poco aggraziati, volumi destando più di una critica e di una perplessità.
L’Arena di Santa Giulia, firmata da David Chipperfield, procede spedita per ospitare l’hockey, ma lo farà senza una pista di ghiaccio permanente, essendo il complesso destinato a diventare il luogo degli eventi sportivi e non, gestiti da Cts Eventim, colosso tedesco proprietario della struttura.
La Fiera di Milano ha modificato due padiglioni nel quartiere di Rho con una complicata operazione di sostituzione dei pilastri di sostegno della struttura al fine di raggiungere la luce libera necessaria per l’installazione della pista di speed skating e si procede a modificarne altri due per realizzare un’altra pista di hockey. Al centro Congressi MiCo del Portello è previsto il media center olimpico.
Tutti interventi definitivi, si afferma, ma per ospitare, anche in queto caso, eventi di natura diversa pensando più al dopo che al presente olimpico. Come già visto a Parigi, se qualcosa si realizza ex novo, o si adatta, è per averlo pronto per l’uso futuro che interessa l’investitore privato il quale, ovviamente, non interverrebbe in sostituzione del committente pubblico se non avesse una solida prospettiva di business.
In questi casi mutando l’ordine dei fattori il risultato cambia. Si progetta uno studentato e lo si destina temporaneamente a villaggio olimpico; si realizza un’arena polifunzionale e la si utilizza allestendola come stadio del ghiaccio (che Milano non ha più e, temiamo, non avrà neanche dopo il 2026).
Nulla di male, forse (già si parla di corposi extracosti in corso d’opera), ma di certo i landmark lasciati dai Giochi Olimpici dei decenni scorsi nelle città del mondo sono un’altra cosa.
Cortina, tra molte gru e un trampolino storico da recuperare
L’Olimpiade diffusa sul territorio – due regioni, svariate province, centinaia di chilometri di vallate alpine – sta producendo una pioggia di interventi per lo più tecnici, su infrastrutture stradali e ferroviarie, piste da discesa e non, ice rink, tutti ben documentati, per chi volesse approfondire, sul sito di Simico: la società si occupa delle infrastrutture per Milano Cortina 2026 ed è detenuta per le quote di maggioranza da Ministero delle Economie e delle Finanze, Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità, e, per quelle di minoranza, da Regione Lombardia, Regione Veneto, Provincia Autonoma di Bolzano e Provincia Autonoma di Trento. Sono probabilmente questi gli interventi più significativi, che andranno, realizzandosi anche dopo il fatidico febbraio 2026, a risolvere problemi locali e a dotare le nostre valli di impianti nuovi e funzionali.
Un capitolo a parte è costituito da Cortina, e non poteva che essere così vista l’eccezionalità del luogo. Il cantiere della pista da bob è avanzato efficacemente fino ad ora, smorzando le polemiche che non sono più così accese.
A dire il vero chi si reca nella Perla delle Dolomiti deve mettersi di buzzo buono per trovare e vedere la pista da bob in costruzione, mentre non può non accorgersi della selva di gru che sovrastano per lo più i grandi siti di costruzione dei nuovi alberghi che stanno sorgendo sulle ceneri dei vecchi o che li stanno ampliando in modo significativo.
È una vera esplosione, firmata da archistar e no, che vede la rincorsa dei migliori players del settore ad accaparrarsi la ricca clientela che qui ci si attende, incrementata nei numeri e nella capacità di spesa. Clientela che non arriverà, però, in aereo, essendo l’area del dimenticato aeroporto di Fiames stata destinata a Villagio Olimpico: in verità un accampamento di containers – stando ai rendering circolati – che occuperanno l’area temporaneamente per un costo (quasi 40 milioni di euro) che forse avrebbe potuto portare a soluzioni più stabili e significative per il territorio.
Deliberato il recupero del trampolino di Cortina 1956 – una bella struttura incastonata nel bosco concepita da Piero Pozzati come una trave lunga 83 metri e sostenuta da una colonna di 48 metri – si attende l’apertura del cantiere (mentre il trampolino olimpico sarà in Val di Fiemme). L’architetto Fabio Saldini, AD di Simico e Commissario di Governo, parla del trampolino come di “una vera e propria opera d’arte” destinata ad accogliere importanti mostre internazionali e dichiara “ci stiamo già lavorando … a memoria di quanto le Olimpiadi e i loro simboli possano considerarsi testimonianza concreta capace sempre di rinnovarsi”. È forse questa una delle migliori intenzioni fino ad ora espresse in spirito olimpico, intenzione che, speriamo vivamente, possa concretizzarsi.
Immagine copertina: cantiere del futuro Villaggio Olimpico di Milano, Porta Romana, Milano, 2025 (© Threeditions – Alberto Fanelli)

Nato a Milano (1963), dove si laurea in architettura al Politecnico nel 1987. Nel 1989 inizia il sodalizio con Pierluigi Cerri presso la Gregotti Associati International. Nel 1991 vince il Major of Osaka City Prize con il progetto: “Terra: istruzioni per l’uso”. Con Bruno Morassutti partecipa a concorsi internazionali di architettura ove ottiene riconoscimenti. Nel 1998 è socio fondatore dello Studio Cerri & Associati, di Terra e di Studio Cerri Associati Engineering. Nel 2004 vince il concorso internazionale per il restauro e la trasformazione della Villa Reale di Monza e il Compasso d’oro per il sistema di tavoli da ufficio Naòs System, Unifor. È docente a contratto presso il Politecnico di Milano e presso il Master in Exhibition Design IDEA, di cui è membro del board. Su incarico del Politecnico di Milano cura il progetto per il Coffee Cluster presso l’Expo 2015