Più ancora che quelli estivi, l’evoluzione dei Giochi Olimpici invernali è emblema del rapporto intenso, e anche controverso, tra grande evento sportivo e territorio che lo ospita. L’immaginario della piccola cittadina di montagna (è successo a Saint-Moritz, a Lillehammer, alla stessa Cortina nel 1956) che per 15 giorni indossa i Cinque Cerchi costruendosi una straordinaria identità di rispettose piccole infrastrutture per lo sport ha lasciato progressivamente spazio a dinamiche diverse.
Sempre più lontani dalla neve vera (e non solo per ragioni climatiche), i Giochi sono sbarcati in pianura, in grandi città e metropoli, diventando elementi propulsivi di trasformazioni a grande scala. Che hanno lasciato innovazioni importanti (vedi la nostra Torino 2006) ma anche tante opere incompiute o abbandonate appena spenta la fiaccola. I Giochi non sono tanto l’obiettivo, ma l’occasione imperdibile per ottenere finanziamenti, attirare investimenti, ridefinire le proprie relazioni nel panorama globale. Producendo spesso un catalogo di (belle o brutte) architetture fuori scala e fuori contesto, adatte solo ad essere riprese dalle telecamere con sponsor ben in vista.
Nel 2026 – il 6 febbraio è in programma l’apertura – i Giochi invernali tornano in Italia per la terza volta (ancora in un anno che finisce con il 6) sdoganando un’altra innovazione: non più una città ospitante ma un evento diffuso su più sedi e in più regioni. Per certi versi una formula che integra quei caratteri contrastanti della storia: c’è la metropoli (Milano) e c’è la montagna vera (Cortina ma non solo). C’è il riuso (non è ancora tramontata l’idea di tornare a gareggiare in alcuni siti di Torino 2006) e c’è il mantra della sostenibilità (anche con molte strutture temporanee e reversibili).
Ma sono i luoghi coinvolti a definire un orizzonte molto particolare. La cerimonia di inaugurazione è in programma in quello stadio di San Siro destinato (pare) alla demolizione. Una volta si costruivano gli stadi per le Olimpiadi, oggi le Olimpiadi potrebbero essere l’ultimo atto di una storia lunga e gloriosa. Di una storia che, con fattezze diverse, si riaffaccia prepotentemente per la cerimonia di chiusura, programmata nientepopodimenoche all’Arena di Verona. Città che nulla c’entra con il programma olimpico, ma che fa tanto Italia: vuoi mettere con il Nido d’Uccello di Pechino dove si è chiusa l’ultima edizione…
Con questa piccola inchiesta iniziamo il nostro avvicinamento a Milano Cortina 2026, evento che seguiremo con attenzione nei prossimi mesi. Raccontando ovviamente i luoghi coinvolti e i progetti in corso, ma anche quel clima che si respira (di distacco e realismo, con pochi slanci) che sembra relegare questi terzi Giochi olimpici italiani molto più in là nel tempo e nell’immaginario di quanto in realtà non siano.
PS: come tutte le nostre inchieste, anche questa è aperta a contributi e commenti che potrete indirizzare a redazione@ilgiornaledellarchitettura.com.
a cura di Michele Roda