Tracce di libertà: la casetta rossa e la pergola
L’esito di due esperienze di progetto e autocostruzione condotte dal Politecnico di Milano nel carcere di Bollate
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Nell’area all’aperto della zona colloqui della Seconda casa di reclusione di Milano a Bollate, dopo un processo di progettazione e realizzazione durato due anni, è stata inaugurata nell’ottobre 2018 la “Casetta rossa”, padiglione dedicato al tema dell’affettività e declinato all’uso del gioco dei bambini e dell’incontro con i genitori. La “Casetta rossa” è stata ideata nell’ambito del primo anno di laboratorio didattico (2017-18) del corso di Composizione architettonica e urbana del Politecnico di Milano, svolto parzialmente all’interno del carcere, insieme al gruppo di studenti, detenuti e agenti che hanno approfondito il tema dell’affettività e che hanno voluto segnalare, con quell’oggetto simbolico, le attuali carenze delle strutture. Si tratta di una costruzione interamente in legno, assemblata con una tecnica simile a quella del balloon frame. All’interno è piantato un Prunus padus, che emerge dal pavimento soprelevato in legno e fuoriesce in copertura attraverso un varco; un’apertura resa necessaria anche dalle esigenze di controllo della polizia penitenziaria. Nella stessa area, tra il 2018 e il 2019 è stata realizzata la “Pergola”, risultato della modificazione di una struttura esistente degradata e immaginata come spazio centrale d’incontro e dialogo per i detenuti. Questa seconda realizzazione ha coinvolto, insieme ai detenuti, una ditta di costruzioni in legno di Aosta (Chenevier), sia per la fornitura del materiale che per l’affiancamento nella posa in opera, svolta quasi totalmente in auto-costruzione. Si tratta del ripristino di una preesistente struttura in tubolare di ferro ammalorata, che diviene sostegno per una nuova copertura frangisole in tavole di cedro di 20 x 400 cm, inclinate di 45°.
Le due realizzazioni si collocano nell’ambito della ricerca finanziata principalmente con i fondi di base del Dipartimento di Architettura e studi urbani del Politecnico, insieme al sostegno di alcuni soggetti privati (Associazione Civicum-Milano, Italia Nostra Nord Milano – Centro di forestazione urbana, Cooperativa Rimaflow, Trezzano sul Naviglio), sia in termini di risorse economiche che di lavoro diretto sul campo. I risultati della ricerca si compongono di una riflessione teorica e di linee guida alla modificazione degli spazi. Il metodo sperimentato è stato quello della cosiddetta “ricerca – azione”: il percorso ha affiancato allo studio accademico il lavoro di progettazione partecipata sul campo, coinvolgendo detenuti, agenti di polizia, operatori interni alle strutture del carcere di Bollate e di Opera, ricercatori, docenti e studenti della Scuola di Architettura, urbanistica ed ingegneria delle costruzioni del Politecnico. Il ruolo fondamentale che lo spazio assume nella definizione dell’esperienza di vita dei detenuti trova evidente sostanza nelle parole del Garante nazionale, Mauro Palma: «Lo spazio condiziona concretamente la pena nel suo svolgersi ben di più di molte acute elaborazioni teoriche». Un’affermazione assunta come presupposto disciplinare imprescindibile oltre che come orientamento metodologico. Il ruolo dei progettisti e degli “abitanti” si è intersecato sulla base di specifiche responsabilità. Qui in carcere, forse più che altrove, il senso della partecipazione è stato quello di restituire la progettualità a chi l’ha perduta o non l’hai mai conosciuta. Tale sforzo, che il lavoro di ricerca sostiene con il coinvolgimento di tutti gli attori in fase di progetto e realizzazione e l’intensa attività di pubblicazione dei risultati, è funzionale ad allargare la visione politica di un carcere “aperto”: cioè legato alle forze e alle progettualità delle reti del terzo settore, integrato con le risorse del patrimonio immobiliare comunale e regionale, orientato a sostenere l’idea di una legislazione che potenzi sempre più il ricorso a modalità alternative alla reclusione in carcere.
Professore associato di progettazione architettonica e urbana del Dipartimento di Architettura e studi urbani (DAStU) del Politecnico di Milano. Svolge attività di didattica e di ricerca sul tema del progetto di architettura come pratica complessa per la conoscenza e la modificazione di ambiti socialmente e ambientalmente fragili. È responsabile di ricerche finanziate con aggiudicazione di bandi sullo spazio carcerario (FARB 2016, Polisocial Award 2017) e delle marginalità periferiche urbane (Fondazione di Comunità 2018, MIBACT 2019, Polisocial Award 2020).