Nova Cidade de Kilamba, Luanda (Angola)

Siamo entrati nel mondo post-sostenibile

Siamo entrati nel mondo post-sostenibile

Il completo fallimento del paradigma della sostenibilità ha provocato la crisi attuale. Per questo l’Africa può essere importante

 

Published 5 dicembre 2023 – © riproduzione riservata

“Big Change, Big Chance”. Era questo il titolo di una mostra che la Triennale di Milano aveva dedicato nel 2014 all’Africa. A quasi 10 anni di distanza, e nei giorni in cui chiude la Biennale “africana”, abbiamo parlato con il curatore, Benno Albrecht, oggi rettore dell’Università Iuav di Venezia. Il testo è stato raccolto da Michele Roda il 25 novembre 2023.

La mostra della Triennale sull’Africa era una novità, ha illustrato fatti architettonici e fenomeni che pochi conoscevano, a quel tempo. Il mio gruppo di ricerca lavorava da anni su quei temi. Pur nella difficoltà di raccontare un continente così ampio e complesso, quella ricerca era stata l’occasione per osservare e raccontare fenomeni macroscopici (dal progressivo inurbamento al cambiamento radicale delle città stesse) che pensavamo fossero centrali per il futuro, non soltanto dell’Africa ma di tutto il pianeta. Ne sono ancora convinto: parlarne oggi è ancora assolutamente attuale.

 

Epicentro della trasformazione

Non c’è dubbio che l’Africa stia vivendo drammaticamente le vorticose e travolgenti trasformazioni del clima che, di fatto, stanno ridefinendo la geografia stessa del nostro pianeta. Si calcola che la “linea del deserto” si sia già spostata verso nord di circa 500 chilometri. Questo ha impatti enormi, che ci toccano evidentemente da molto vicino, su tutta l’area del Mediterraneo. Ma ha dei riflessi anche nel Sahel (dove aumenta la piovosità) e in tutto il Corno d’Africa, dove ormai si alternano periodi di tragica siccità con altri caratterizzati da precipitazioni intensissime, ugualmente devastanti.

 

Il ruolo del progetto

Di fronte a questi cambiamenti epici, la nostra cultura mi sembra incapace di esprimere un pensiero progettuale all’altezza. Il pianeta ha 2 miliardi di persone la cui sicurezza è a rischio e noi ci preoccupiamo dei prospetti degli edifici? Serve rifondare gli strumenti. Forse è il momento di dirci che proprio il paradigma della sostenibilità ha provocato questa crisi, fallendo completamente: siamo nel mondo post-sostenibile. La trasformazione di territori tanto sollecitati dal cambiamento sta sfuggendo completamente al controllo degli architetti. In questo hanno giocato un ruolo negativo le storture prodotte da certi personalismi, in una cultura dominata dalle sedicenti grandi firme. Un allargamento del campo di chi partecipa al progetto è necessario. Condivido questo aspetto del programma della Biennale di Lesley Lokko.

 

Perché l’Africa è importante

La mostra della Triennale avrebbe dovuto avere un seguito. Illustrato e interpretato lo stato dell’arte, ci saremmo concentrati sul “cosa fare”. Non c’è stata ancora la possibilità, ma noi continuiamo perché quelle condizioni sembrano le più adatte per lavorare con efficacia e visione sulla rifondazione dell’idea stessa del progetto. Pensare che un piano regolatore o un regolamento edilizio siano strumenti per lavorare in Africa è quasi umoristico, non sta né in cielo né in terra. Un approccio con canoni occidentali, in luoghi tanto complessi e confusi, non ha validità. È necessario collaborare con enti e università locali, e lo stiamo facendo come Iuav. E c’è soprattutto bisogno di serietà e rigore nelle ricerche. Penso a quelle di Constantinos Doxiadis, ancora oggi uno straordinario punto di riferimento.

 

Alla larga dall’estetizzazione della miseria

Abbiamo bisogno di sviluppare un approccio radicalmente diverso da quello che si vede in certe tendenze della nostra disciplina. Ci sono progettisti che – anche grazie al fatto che costruire in Africa costa relativamente poco – accettano incarichi gratuiti per progetti che, ben fotografati, riempiono i curriculum e le pagine delle riviste occidentali. È un’estetizzazione della miseria che trovo inaccettabile e scandalosa. Spesso certe scelte sono orientate ad un racconto e non a diventare architetture utili per le persone. Come ci sono tante scuole e università interessate a programmi di cooperazione e collaborazione lontani dalle esigenze reali. In questo anche le istituzioni internazionali sono poco efficaci, diffondendo azioni e strategie confuse.

Autore

  • Benno Albrecht

    Nasce a Caracas, Venezuela, da famiglia triestina. Si è laureato allo Iuav con Vittorio De Feo e ha lavorato, tra gli altri, con Vittorio Gregotti e Leonardo Benevolo. Ha ricevuto premi di architettura per le opere e per i progetti realizzati e ha vinto concorsi di progettazione nazionali e internazionali. Ha collaborato alla redazione di numerosi piani regolatori. Ha tenuto conferenze e insegnato in università e centri di ricerca tra Europa, Asia, Africa e Americhe. Ha curato mostre alla Triennale di Milano, esportate anche all’estero. È professore ordinario di composizione architettonica e urbana all’Università Iuav di Venezia. Ha fondato e diretto la laurea magistrale di architettura per la sostenibilità, primo insegnamento dedicato alla sostenibilità in Italia e tra i primi in Europa. È stato il Principal Investigator di progetti di ricerca per diverse organizzazioni internazionali: World Bank - Banca Mondiale per la Ricostruzione, UN ESCWA - Commissione economica e sociale per l’Asia occidentale, UNDP - Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo. Dall’ottobre 2021 è Rettore dell’Università Iuav di Venezia.

    Visualizza tutti gli articoli