Città africane, sfide globali e identità locali
Viaggio tra condizioni e opportunità di realtà urbane in forte crescita e trasformazione
Published 12 luglio 2023 – © riproduzione riservata
Prima dell’invasione e del successivo saccheggio da parte delle forze britanniche nel 1897, Benin City (storica città nigeriana) era descritta dai primi marinai portoghesi come ordinata e meglio pianificata di una Londra ancora medievale. L’osservazione delle realtà urbane precoloniali dell’Africa sub-sahariana (come Benin City, appunto) permette di ragionare sulle attuali complessità e sulle relative sofisticazioni. Come anche sulle narrazioni, spesso controverse, che generano rispetto ai loro caratteri.
L’eredità del colonialismo: squilibri e frammentazioni
Dalle condizioni iniziali deriva infatti che le città contemporanee africane hanno pochissimi riferimenti socio-spaziali su cui impostare progettazione e costruzione, in gran parte a causa delle vicende urbane legate al colonialismo. Proprio il mezzo secolo di colonialismo (insieme alle violente e devastanti azioni che lo hanno preceduto) ha provocato una radicale e drammatica interruzione dei modelli spaziali indigeni. Il patrimonio culturale – che era ed è fattore chiave – sembra la prima vittima nell’attuale placemaking e questo provoca forti squilibri socio-spaziali. Oggi le città africane si trovano infatti a lottare con la propria identità, in gran parte a causa della poco lungimirante volontà degli amministratori pubblici, che vogliono realizzare un ordine spaziale caratterizzato da una spiccata uniformità. Si tratta di un modello in contrasto con quelli tradizionali e che contribuisce a creare una frammentazione sociale nelle stesse comunità.
In 30 anni, 1 miliardo di cittadini urbani in più
Sebbene l’Africa rimanga il continente meno urbanizzato a livello globale, attualmente si sta trasformando a un ritmo senza precedenti, nell’ambito di un processo che genera molte sfide. Nell’ultimo mezzo secolo, le città sub-sahariane sono mutate profondamente sia dal punto di vista spaziale che demografico. Si stima che almeno il 32% degli africani viva attualmente in contesti urbani. Le città sono cresciute fino a diventare fiorenti metropoli, caratterizzate da architetture e infrastrutture moderne, per lo più ispirate ai modelli occidentali. Ma questa narrazione è solo un frammento di un quadro più ampio: al di là della patina di sfarzo, queste città si trovano ad affrontare una miriade di crescenti rischi. Le previsioni indicano che proprio 4 nazioni dell’Africa sub-sahariana (Nigeria, Etiopia, Repubblica Democratica del Congo e Tanzania), con altri 4 paesi al di fuori del continente, saranno “responsabili” della metà della crescita della popolazione mondiale, da qui al 2050. Si stima inoltre che la popolazione di Lagos (la città più grande dell’Africa, che oggi conta oltre 16 milioni di abitanti) crescerà di oltre 5 milioni di persone entro il 2030 (significa l’incredibile ritmo di 77 cittadini neo-urbani all’ora). Sono città che continuano ad attirare moltitudini di persone che ogni giorno si muovono da paesi e da villaggi più piccoli alla ricerca di un futuro migliore.
Secondo l’OCSE, la popolazione urbana dell’Africa sub-sahariana crescerà ulteriormente di almeno 950 milioni di persone entro il 2050, con un tasso annuo di +4,5%. Questo si accompagna a una crescente difficoltà per ampie fasce della popolazione locale che vive nelle città: la rapida crescita demografica urbana, infatti, accresce sensibilmente la domanda di cibo, di terra e di altre risorse naturali. Di conseguenza, si calcola che solo tra 2020 e 2022 i prezzi dei prodotti alimentari siano aumentati in modo considerevole, in media del 23,9%. La FAO stima che almeno 200 milioni di persone nell’Africa sub-sahariana siano denutrite. Purtroppo, la scarsità di cibo tenderà ad aumentare poiché i crescenti effetti del cambiamento climatico portano a inondazioni e siccità, oltre all’aumento dei costi logistici per la consegna di cibo alle città.
Le disuguaglianze e una complicata transizione ecologica
Quasi tutte le realtà africane si trovano attualmente di fronte a una situazione di crescente disuguaglianza sociale, come dimostrano le statistiche di OXFAM (Confederazione internazionale di organizzazioni non profit che si dedicano alla riduzione della povertà globale). Questo si manifesta soprattutto con la segregazione spaziale e con una distribuzione non uniforme dei servizi pubblici. I tradizionali quartieri di classe mista sono sostituiti da enclave esclusive: gated communities da un lato, baraccopoli dall’altro. Si tratta di un fenomeno che dimostra plasticamente il netto e crescente divario tra ricchi e poveri e, peggio ancora, la scarsità di spazi pubblici (in termini di parchi, campi sportivi, aree verdi: fattori decisivi per la coesione sociale). UN-Habitat stima, ad esempio, che solo il 55% dei residenti urbani dell’Africa abbia accesso a servizi igienico-sanitari di base, il che apre potenzialmente la strada allo sviluppo di focolai di malattie e contagi. Un’altra sfida chiave in quasi tutte le città riguarda le connessioni, oggi largamente inefficaci per la carenza di adeguati e integrati sistemi di mobilità, specialmente per i lavoratori a basso reddito. È una situazione che produce, nella maggior parte delle realtà urbane africane, congestione del traffico, costi di trasporto elevati e frammentazione spaziale.
Come il resto del mondo, poi, anche gli stati africani si trovano ad affrontare la sfida di azzerare le emissioni di carbonio, passando dai combustibili fossili alle fonti energetiche rinnovabili. Per la maggior parte dei paesi del Terzo mondo, questo obiettivo necessario rappresenta un vero e proprio dilemma tra sostenibilità e sopravvivenza: la transizione verso fonti energetiche non fossili, infatti, può significare l’eliminazione di una voce fondamentale per l’economia, soprattutto in paesi ricchi di energia (come Nigeria e Angola). Questo orizzonte rappresenta una forte criticità, in considerazione dell’incapacità della maggior parte delle città di soddisfare oggi il proprio fabbisogno energetico limitando l’uso dei combustibili fossili. Il limitato know-how tecnologico e i grandi capitali necessari per implementare tecnologie energetiche alternative rendono questa ambizione una sorta di compito erculeo per la maggior parte delle città africane.
Tutte le sfide per comunità più giuste
In conclusione, le città africane devono affrontare sfide mai viste prima. Le ulteriori minacce che derivano dagli effetti di fenomeni globali, come il cambiamento climatico e le pandemie, stanno accentuando ogni giorno di più problemi preesistenti. In questo contesto, un placemaking sostenibile dovrebbe recuperare elementi del passato che possano influenzare i concetti urbani del futuro. Dovrà prevalere una cultura dell’urbanistica in cui le ideologie culturali e le dinamiche economiche siano in armonia con la vita quotidiana e con i valori culturali tradizionali, come nell’etica Ubuntu (espressione bantu che significa “benevolenza verso il prossimo” e che diffonde una regola di vita basata su rispetto reciproco, equilibrio tra diritti e doveri e desiderio di pace universale).
Per raggiungere l’obiettivo di creare comunità giuste anche dal punto di vista spaziale, è necessario che venga adottata una strategia multiforme fondata sull’obiettivo sociale di “vivere entro i propri mezzi”. Questo approccio può offrire alle città sub-sahariane l’opportunità di valorizzare le risorse esistenti e disponibili, adottando processi, strategie e programmi che promuovano la sostenibilità ambientale, sociale ed ecologica. Così queste città devono combattere la disuguaglianza sviluppando una strategia di mitigazione locale orientata a realizzare un’equità e una giustizia spaziale a tutto tondo: ovvero la garanzia che i cittadini, indipendentemente dalla loro classe sociale, ricevano pari accesso ai servizi di base e che a tutti sia garantita l’opportunità di guadagnarsi da vivere dignitosamente, e senza ostacoli, nelle loro città di origine.
Immagine di copertina: vista aerea di Misisi a Lusaka, Zambia (© Philipp Meuser), dal libro Architectural Guide Sub-Saharan Africa (DOM Publishers, 2020)
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Progettista e ricercatore nigeriano, è particolarmente attivo sui temi dello sviluppo urbano. Ha scritto diversi testi e saggi sull’architettura e sull’urbanistica africana, sul cambiamento climatico, sulla
sostenibilità e sulla progettazione strategica. Ha pubblicato e pubblica su vari giornali e magazine internazionali, tra cui Metropolis, South China Morning Post, Domus, ArchDaily e Common Edge Collaborative. Ad Abuja, in Nigeria, dirige un ufficio di consulenza che si occupa di progetti e di adattamento climatico, attraverso cui è stato consulente per il Programma di sviluppo delle Nazioni Unite (UNDP), per l'Ufficio del vicepresidente della Nigeria, per l'Università americana della Nigeria e per diversi clienti pubblici e privati.