Un sorpasso difficile
I dati Almalaurea, Cnappc e Inarcassa indicano una presenza in netta crescita ma un grande gender pay gap. Così, il tema delle pari opportunità è sempre più centrale
Published 27 novembre 2024 – © riproduzione riservata
Un’inchiesta che voglia indagare il ruolo e la posizione delle donne nel mondo dell’architettura in Italia oggi non può prescindere dai numeri. La lettura, interpretazione e restituzione dei dati periodicamente raccolti ed elaborati in primis nelle indagini pubblicate dal consorzio AlmaLaurea, che dal 1999 cura i rapporti sui laureati e sulla loro condizione occupazionale, e dal Cnappc, che fa il punto complessivo sugli iscritti agli Ordini provinciali, possono fornire insieme numeri ineludibili per considerazioni ma, anche, per orientare azioni concrete e impostare strategie.
All’università: di più, più brave, più veloci
Riferimento imprescindibile sono le annuali indagini del consorzio AlmaLaurea. Una considerazione generale inserita all’interno dell’ultima Indagine sul profilo dei laureati è importante nel contesto di questa inchiesta: «Le donne, che dai primi anni novanta costituiscono oltre la metà dei laureati in Italia, rappresentano tra quelli del 2023 il 60% del totale. Tale quota risulta tendenzialmente stabile negli ultimi dieci anni».
I numeri nazionali relativi a tutti i laureati sono significativi: l’incidenza delle studentesse si attesta al 68,8% nei corsi magistrali a ciclo unico, è del 57,7% nei corsi di primo livello, si contrae nella formazione di terzo livello (49,5%). Le donne dimostrano maggiore propensione verso i percorsi umanistici rispetto a quelli scientifici.
Il settore dell’architettura, nelle indagini del consorzio restituito storicamente aggregato a quello dell’ingegneria civile che incide sui numeri, vede il 59,7% di presenza femminile nei corsi magistrali a ciclo unico del gruppo Architettura e ingegneria civile, inserito all’interno dell’importante area STEM.
Il 2023, ultimo anno indagato, ci dice diverse cose sugli ultimi laureati, pur aggregando gruppi piuttosto diversi. Rispetto agli uomini, le donne tendono a completare il percorso di studi mediamente più nei tempi con votazioni mediamente più elevate: il 70,8% li completa entro un anno fuori corso (contro il 67,3%) ottenendo in media 105,7/110 (contro 103,4/110). Hanno anche voti di diploma migliori, ottenuti prevalentemente al termine di percorsi liceali: il 78% delle studentesse iscritte proviene da un liceo (contro il 51,5%), mentre solo il 12,4% da un istituto tecnico (contro il 38,6% degli studenti).
Guardando alla vita lavorativa, significativamente differenti sono le aspettative. I numeri sembrano confermare una maggiore ricerca di stabilità e autonomia da parte delle neo dottoresse. Il 78,2% ricerca la sicurezza del posto di lavoro (contro il 69,5% dei neodottori), il 65,8% (contro il 60,8%) valuta importante l’acquisizione dell’indipendenza. Anche la tipologia di lavoro non è secondaria: mentre valuta l’avvio di un’attività in proprio o un lavoro nel settore privato il 62,7% degli uomini, lo fa solo il 53,8% delle donne, che a valle della laurea dichiarano una maggiore propensione verso smart working (48,6% contro 40,6%) e part time (37,8% contro 24,3%). Maggiore peso sembra avere anche la qualità complessiva della vita: il 54,6% delle neolaureate ritiene importante la presenza di sufficiente tempo libero (contro il 49%).
Dopo la laurea
Lo specchio ufficiale dei numeri è dato dall’ultimo, ma non recentissimo, rapporto disponibile elaborato dal Cnappc, La professione di architetto in Italia (febbraio 2022 su dati relativi al 2021). Si tratta di un’indagine a largo raggio che, partendo da fonti proprie ma anche provenienti dal MIUR, dalla stessa AlmaLaurea e da Inarcassa, offre un’immagine della professione che traccia bene i contorni, e i colori, del quadro nazionale.
Interessanti sono i dati che illustrano, a partire dai numeri del Ministero dell’Istruzione, lo storico delle immatricolazioni alle classi di laurea afferenti all’architettura dal 2010 al 2021, nei numeri assoluti e nelle proporzioni di genere. Nel complesso la percentuale di ragazze immatricolate si attesta stabilmente intorno al 56%, mentre tra i laureati le donne rappresentano in media il 55%.
Guardando alle classi di laurea, la prevalenza femminile era già confermata nel 2010 per Scienze e tecnologie per l’ambiente e la natura (L32), Architettura e ingegneria edile (LM04), Architettura del paesaggio (LM03), Conservazione dei beni architettonici e ambientali (LM10). In 10 anni si è invece verificato il sorpasso in Scienze dell’architettura (L17), Pianificazione territoriale e urbanistica (LM48) e Scienze e tecnologie per l’ambiente e il territorio (LM75). A prevalenza maschile continuano infine a essere solo due lauree di primo livello: Scienze della pianificazione territoriale e urbanistica, paesaggistica e ambientale (L21) e Scienze e tecniche dell’edilizia (L23). Questa situazione si riflette anche al termine dei percorsi, nei conseguimenti dei titoli di studio.
Lavorare sulle pari opportunità
Di competenza prettamente ordinistica sono invece le valutazioni sull’accesso alla professione e sulle iscrizioni all’albo nazionale.
Secondo i numeri provenienti dagli esami di abilitazione, la professione sta rapidamente mutando la sua composizione, con molte conseguenze e temi a cui riservare attenzione. La presenza femminile sta crescendo da oltre 20 anni, raggiungendo nel 2019 il 56,2%, partita nel 1998 dal 45,6%, con una media costantemente superiore al 55% negli ultimi 5 anni considerati. L’evoluzione delle percentuali delle iscritte all’albo in 15 anni descrive invece una crescita che nei numeri del 2021 non ha ancora segnato il sorpasso: dal 35,9% (2005) al 42,5% (2020), per +6,5 punti percentuali con un +13,9% dal 2010.
La distribuzione delle età per genere è chiaramente predittiva per il futuro: il 28,6% delle iscritte al 2021 ha un’età compresa tra i 31 e i 40 anni (gli uomini sono il 15,3%), il 30,6% ha 41-50 anni (contro 23,9%), il 28,4% ha 51-64 anni (contro 37,5%), mentre solo il 5,3% ha oltre 64 anni (contro il 19,6% degli uomini).
Le conseguenze non sono di poco conto, evidenziate dallo stesso rapporto. In primis, la disomogeneità tra la componente più anziana, a maggioranza maschile, e quella più giovane, a maggioranza femminile, e i temi delle pari opportunità e dell’equilibrio reddituale, altro grande nodo tutto ancora da sciogliere, che devono essere sempre più centrali nell’orientamento delle politiche professionali.
I redditi sbilanciati, con una nota
Per i numeri relativi ai redditi, è necessario cambiare fonte: l’ultimo rapporto Cnappc si ferma al 2019, quando il gender pay gap era cospicuo, con la componente femminile colpita due volte, per via del genere e per via dell’età. Il fatturato è stato in costante calo, passato dai 30.000 euro del 2000 ai 22.285 del 2019, ultimo anno pre-pandemico.
La differenza di reddito tra uomini e donne nel 2019 si attestava al 54% in favore dei primi, nonostante ci fosse stata una notevole riduzione rispetto al 2000, quando era l’85% (salito all’89% nel 2004). Nei generali numeri bassi, una donna con meno di 40 anni dichiarava 14.151 euro contro i 19.435 di un uomo pari età. Salendo oltre i 40 anni, la forbice addirittura si ampliava: 18.317 euro contro 27.479. I numeri medi parlavano di 16.683 euro annui contro i 25.675 di un architetto uomo, per 22.028 euro di fatturato medio, comunque ben poco attrattivo.
Sperando che la prossima indagine del Cnappc sia ormai vicina, per gli anni più recenti ci spostiamo quindi all’ultimo Inarcassa in cifre che, pubblicato a giugno 2024, ci permette di aggiungere un piccolo ma significativo tassello.
Il reddito medio 2022 di un architetto attivo iscritto alla Cassa è stato di 41.733 euro, quello di un’architetta sensibilmente meno: 24.421 euro (-17.312 euro!). Guardando ai redditi per genere e classi di età, i numeri segnano il massimo dichiarato per le donne tra i 56 e 60 anni (28.989 euro) e per gli uomini tra i 51 e 55 anni (49.525 euro, oltre 20.000 euro di differenza). Nel 2022 era costante, dopo i 36 anni, un gap reddituale superiore al 40%, che avrà pesanti conseguenze sui trattamenti pensionistici.
Architetto e dottore di ricerca in Storia dell’architettura e dell’urbanistica, si laurea e si abilita all’esercizio della professione a Torino nel 2001. Iscritta all’Ordine degli architetti di Torino dal 2006, lavora per diversi studi professionali e per il Politecnico di Torino, come borsista e assegnista di ricerca. Ha seguito mostre internazionali e progetti su Carlo Mollino (mostre a Torino nel 2006 e Monaco di Baviera nel 2011 e ricerche per la Camera di Commercio di Torino nel 2008) e dal 2002 collabora con “Il Giornale dell’Architettura”, dove segue il settore dedicato alla formazione e all’esercizio della professione. Dal 2010 partecipa attivamente alle iniziative dell’Ordine degli architetti di Torino, come membro di due focus group (Professione creativa e qualità e promozione del progetto) e giurata nella nona e decima edizione del Premio architetture rivelate.
Nel 2014 costituisce lo studio associato Comunicarch con Cristiana Chiorino. Nel 2017 è co-fondatrice dell’associazione Open House Torino.