Spazi pubblici in cerca di refrigerio
Potenziamento del verde, nuovi parchi e connessione coi fiumi per adattarsi alla crisi climatica
Published 17 dicembre 2024 – © riproduzione riservata
ROMA. Mentre ci si prepara a trasformare alcune tra le piazze più significative del centro in vista del Giubileo 2025, i temi legati alla riqualificazione dello spazio pubblico e al riadattamento degli spazi aperti alla crisi climatica si manifestano come un’impellenza che interessa tutto il territorio comunale.
Nonostante Roma si distingua come una delle città europee con la maggiore estensione di aree verdi e una significativa quantità di suolo permeabile (suddivisa tra ville storiche, parchi regionali, aree protette, cimiteri monumentali e giardini pubblici e privati), gli spazi aperti nella trama urbana, così come gli edifici costruiti, risultano spesso inadeguati di fronte agli stravolgimenti del clima. Molte delle aree verdi sono infatti recintate e circoscritte, quindi non sempre accessibili o in diretto contatto con il tessuto abitativo. Basti pensare inoltre alle piazze più emblematiche di Roma, vere e proprie “isole di calore” prive di vegetazione, in cui predominano superfici minerali (come, ad esempio, la scura roccia vulcanica dei sanpietrini) e in cui turisti e pellegrini difficilmente trovano refrigerio e riparo dal sole.
Dal travertino al verde, missione (im)possibile?
Emblematico è il caso della centralissima piazza San Silvestro, progettata da Paolo Portoghesi e inaugurata nel 2012; da anni, infatti, si discute sull’integrazione di elementi vegetali per far sì che il tanto discusso sistema di sedute in travertino possa essere utilizzato anche in estate, come peraltro previsto dal progetto originario. Ad oggi, con un cospicuo investimento privato che prevede la ristrutturazione di Palazzo Marini (ex mensa della Camera dei deputati prospiciente la piazza) per insediarvi un lussuoso albergo della catena Four Seasons, l’Amministrazione capitolina potrebbe finalmente convincere la Soprintendenza a inserire il verde in questa isola di calore, attuandone una possibile riqualificazione tramite gli oneri a scomputo. Tralasciando in questa sede il dibattito sui fenomeni legati all’iperturismo e al preponderante ruolo dei privati che rende i centri storici sempre meno accessibili agli abitanti, la necessità di riadattare gli spazi pubblici, senza snaturare il paesaggio urbano, rimane un difficile tema aperto.
Eppure, il Giubileo qualcosa ha smosso: i principali progetti per alcuni degli spazi pubblici più minerali del centro (piazza dei Cinquecento, piazza Risorgimento e via Ottaviano, tutti a firma dello studio romano IT’S con NET Engineering – e con TVK capogruppo per piazza dei Cinquecento) cercano di introdurre il tema della vegetazione nel tessuto urbano e delle “isole naturali” in contrasto a quelle di calore.
Dalle Centopiazze alla città dei 15 minuti
Ad ogni modo, non è solo il centro storico a patire il caldo: se si escludono, infatti, alcuni siti come la Città giardino Aniene, il Villaggio Olimpico, San Saba e il quartiere della Garbatella, caratterizzati da un sistema di vegetazione diffusa, anche il complesso sistema delle periferie romane si trova spesso in condizioni critiche dal punto di vista della qualità e della vivibilità dello spazio pubblico. Dopo l’esperienza delle “Centopiazze per Roma” tra gli anni Novanta e i primi Duemila, sono infatti mancati interventi organici d’iniziativa pubblica di riqualificazione degli spazi aperti in tutta la città.
In questo scenario s’inserisce il tentativo dell’Assessorato all’Urbanistica e dell’Assessorato Decentramento, Partecipazione e Servizi al Territorio per la Città dei 15 minuti di avviare un programma di progetti di rigenerazione dello spazio urbano, individuando un ambito di intervento strategico per ognuno dei 15 municipi della capitale. Le aree, individuate dal Comune in base alle potenzialità rigenerative con possibili ricadute positive anche per le zone circostanti, sono state oggetto di masterplan e studi di fattibilità redatti da diversi professionisti, romani e non: solo per citarne alcuni, STARTT per l’area di Prato Falcone nel Municipio I, Laura Peretti Architects per il Villaggio Olimpico nel Municipio II, Insula Architettura e Ingegneria per la Rustica nel Municipio V, i catalani B2B Arquitectes per la zona di Valco San Paolo nel Municipio VIII, AKA Studio Associato per Spinaceto nel Municipio IX, OSA per Monteverde nel Municipio XII, Alvisi Kirimoto per Montespaccato nel Municipio XIII e SESTE Engineering per l’area di Palmarola Ottavia nel Municipio XIV.
Al di là della qualità e delle caratteristiche dei singoli progetti, attualmente in fase esecutiva, emerge un ragionamento collettivo a grande scala (e che finalmente coinvolge anche le periferie) sui temi legati all’integrazione del verde nelle piazze e nelle strade, all’implementazione della mobilità dolce e in generale alla valorizzazione dello spazio pubblico secondo le specificità di ciascun ambito, in una città composta da tessuti disomogenei.
I fiumi e il verde: un’ondata di parchi
Ben cinque tra queste aree (Prato Falcone, Villaggio Olimpico, la Rustica, Valco San Paolo e Magliana) si collocano a ridosso del Tevere o dell’Aniene, a dimostrazione dell’importanza del recupero delle fasce ripariali come strategia di mitigazione degli effetti del cambiamento climatico. Non è un caso che, nell’ambito del lavoro condotto dal Laboratorio Roma050 (ne avevamo parlato qui), il gruppo di ricerca individui come il primo tra gli indirizzi strategici quello che interessa il sistema dell’acqua, che comprende il Tevere, l’Aniene, i loro affluenti ma anche il litorale e le interconnessioni con i relativi sistemi di vegetazione.
In effetti, se nel tratto che percorre il centro storico il Tevere è contenuto dagli imponenti muraglioni che da fine Ottocento hanno protetto la città dalle inondazioni, lungo porzioni più decentrate del suo corso sono stati inaugurati in anni recenti diversi parchi fluviali pubblici. Solo nel Municipio XI (quadrante sud-ovest), infatti, sono presenti ben due realtà ormai consolidate, il Parco Tevere Magliana e il Parco Tevere Marconi, inaugurati rispettivamente 10 e 2 anni fa.
A poca distanza dal Parco Marconi, sulla sponda opposta del fiume, l’Amministrazione vorrebbe inoltre rilanciare la spiaggia fluviale “Tiberis” attraverso un progetto di estensione e consolidamento permanente di un’area verde di svago già molto utilizzata in maniera temporanea nelle ultime estati.
Sullo stesso tratto di fiume, in continuità con il Parco Marconi e con Tiberis, è in cantiere il primo tratto del Parco Tevere Roma Sud, finanziato dalle somme stanziate per il Giubileo 2025. Verso la foce, poi, sempre tramite finanziamenti del Giubileo, verrà realizzato un altro parco di affaccio, a firma di AKA Studio Associato, in corrispondenza dell’area archeologica di Ostia antica.
Anche nel quadrante nord i fondi giubilari permetteranno di realizzare ben tre parchi d’affaccio: l’Oasi tra Ponte Milvio e Ponte Flaminio, che punta a incrementare la quota di verde pubblico in un pezzo di città molto denso; il parco a vocazione sportiva del Foro Italico, nell’area di confluenza tra Tevere e Aniene; e il parco sul Lungotevere delle Navi, che prevede la valorizzazione di un’area già individuata come Monumento naturale. I progetti sono tutti attualmente in cantiere.
Il verde che divide
Un discorso a parte merita il Parco urbano Poste, progettato da Annalisa Metta e OSA e da poco inaugurato. Situato sulla sponda sinistra del Tevere in corrispondenza del Ponte della Musica nel quartiere Flaminio, si compone di due elementi principali: la fascia in aderenza al fiume, che si caratterizza come un grande arboreto fluviale che, grazie all’alto impalcato degli alberi può accogliere le piene del Tevere, e una fascia più interna dedicata alle attività ludico-sportive, definita da un’articolata pavimentazione colorata. L’area, di pertinenza della Casina sportiva proprietà di Poste Italiane, avrebbe dovuto essere accessibile pubblicamente secondo un accordo stipulato tra Poste e il Comune. Tuttavia, il posizionamento di alcuni tornelli ne impedisce l’accesso pubblico, privatizzando di fatto l’area e consentendone la fruibilità solamente ai dipendenti di Poste e ai loro familiari. Attualmente non si capisce chi avrà la meglio nella battaglia legale tra Poste e l’Amministrazione capitolina. Certo è che, vista la posizione strategica dell’area, nelle vicinanze del MAXXI, dell’Auditorium e di quelli che saranno il Polo civico Flaminio progettato da AMAA + Demogo e il nuovo Museo della Scienza a firma di Adat Studio, la chiusura del parco fluviale al pubblico sarebbe davvero una sconfitta per il Comune e per la cittadinanza.
Basta recinti
La riqualificazione e il ripristino degli accessi delle fasce ripariali, così come l’idea che lo spazio pubblico debba finalmente coincidere con un sistema di vegetazione diffuso ed esteso, superando in questo modo il concetto dei parchi circoscritti e recintati, sembrano essere i principali indirizzi di adattamento dello spazio pubblico al nuovo clima di Roma e delle città mediterranee in generale.
L’auspicio è che le amministrazioni, inclusa la Soprintendenza, continuino a investire su questi temi per rendere la città più vivibile, non solo per i turisti e non solo nel centro storico, ma anche e soprattutto nelle periferie.
Immagine copertina: Urban Sunbath, Villa Torlonia (© Francesca Pompei)
Nata a Roma (1990), dove vive e lavora, studia Architettura tra Roma, Milano e Porto, laureandosi con lode nel 2016 presso il Politecnico di Milano. Nel 2019 consegue un Master di II livello presso lo IUAV di Venezia in “Architettura digitale”. Dopo diverse collaborazioni tra Roma e Bologna, dal 2016 porta avanti la professione collaborando con lo studio romano STARTT (studio di architettura e trasformazioni territoriali) su diversi progetti a varie scale, seguendo principalmente progetti museografici. Dal 2019 è assistente alla docenza presso il Dipartimento di Architettura all’Università degli Studi “Roma Tre” e dal 2023 è dottoranda presso il medesimo Dipartimento