Il caso Milano: molto attrattiva, troppo esclusiva

Il caso Milano: molto attrattiva, troppo esclusiva

La metropoli lombarda è il simbolo degli effetti distorsivi della trasformazione urbana sull’abitare. Mentre tutti ne parlano, la magistratura indaga

 

Published 22 luglio 2024 – © riproduzione riservata 

MILANO. Il caso Milano rappresenta un esempio emblematico delle sfide legate all’accesso alla casa, in particolare a causa dell’aumento incontrollato dei prezzi delle abitazioni.

Vittima del suo successo

Diritto alla casa e inclusività sembrano essere a rischio perché si sta assistendo ad una progressiva espulsione dalla città di tante realtà sociali ed economiche che hanno contribuito a costruirla. I prezzi degli immobili (tutte le ricerche concordano, da quelle più istituzionali a quelle elaborate sui dati dei siti di compravendita) continuano a crescere, rendendo difficile trovare soluzioni accessibili non solo per l’acquisto ma anche per l’affitto. Il fenomeno è dovuto a vari fattori, accomunati da quelli che appaiono gli esiti di una città “che tira”.

Milano è dinamica e attrattiva, sia per il mercato del lavoro che per le opportunità culturali e sociali. E questo porta molti a volerci vivere. Un circolo apparentemente virtuoso che attira numerosi investimenti sia nazionali che internazionali nel settore immobiliare. Innegabile il fatto che numerosi progetti di riqualificazione e sviluppo urbano abbiano migliorato le infrastrutture e la vivibilità.

Un processo su cui, da qualche mese, è calata in realtà un’ombra ingombrante. La Procura contesta le procedure amministrative utilizzate dal Comune per numerosi interventi di rigenerazione urbana, grandi e piccoli. La “sfida” si gioca sul rapporto tra le norme comunali e il “vecchio” DM del 1968 in merito alle definizioni degli interventi edilizi. Una questione tecnica che a Palazzo Marino tendono a minimizzare come una differenza d’interpretazioni. Ma ci sono giuristi (dei giorni scorsi un appello) che chiedono di proseguire le verifiche in corso. Il risultato è quella che tutti – dagli investitori ai progettisti – definiscono come una complessa impasse. A cui non darà una risposta il Decreto “Salva-casa” (il d.l. 69/2024), in corso di conversione in legge. Sembrava fosse l’occasione per inserire una norma ad hoc che legiferasse sull’interpretazione amministrativa di ristrutturazione e nuova costruzione. Non succederà. E, mentre la procura continua a indagare, i processi di rigenerazione milanese non paiono più così inarrestabili.

 

Gli studenti in tenda

Il problema della scarsa disponibilità di alloggi ha superato ormai anche il “limite immaginario” della circonvallazione, estendendosi a macchia d’olio fuori dal centro. E coinvolge in pieno uno dei simboli del suo successo internazionale, il prestigio delle università che attraggono migliaia di studenti ogni anno. La situazione insostenibile per molti di loro, costretti a vivere in condizioni precarie, in appartamenti sovraffollati pagando affitti esorbitanti è ormai storia condivisa, produce libri e battute.

Ilaria Lumera, studentessa d’ingegneria e prima a piazzare la sua tenda nel 2023 davanti alla sede centrale del Politecnico, è diventata una figura simbolo della protesta. La sua vicenda ha attirato l’attenzione dei media non solo nazionali, rendendola portavoce di molti studenti. Intervistata in seguito alla clamorosa occupazione, ha ammesso che dopo la laurea lascerà Milano.

D’altronde, lo schema è chiaro. Piuttosto che medi o lunghi affitti a studenti o lavoratori, i proprietari preferiscono i turisti: meno rischi e più guadagni, oltre alla comodità di piattaforme come Airbnb. E non sembrano nell’agenda politica decisioni come quelle verso cui si orienta, tra le altre, Barcellona, che intende limitare l’affitto di appartamenti ai turisti entro il 2028, con l’obiettivo di limitare l’aumento dei costi immobiliari e migliorare le condizioni abitative dei residenti.

 

Tutti concordi: c’è un’emergenza sociale

Il coro è quasi unanime e accomuna – a livello di dichiarazioni – politici di tutti gli schieramenti, imprenditori, progettisti, critici, osservatori. Tra questi, due architetti (e non solo) milanesi impegnati come Leopoldo Freyrie e Gianni Biondillo, che in primavera hanno presentato un lavoro (voluto e finanziato da Mitsubishi Electric), dal titolo “Vitruvio 4.0: dialoghi sulla città e sull’abitare innovativo”, che restituisce una serie d’iniziative di discussione e confronto sulla rigenerazione urbana e sui nuovi stili di vita. Nel capitolo La casa, la densità urbana e l’abitare sostenibile, Freyrie parte dall’effetto Expo, meno di 10 anni fa, che, se “ […] ha fatto di Milano una delle città più attrattive d’Europa, ha però indotto un forte aumento del costo delle case e una grave penuria di abitazioni in affitto: studenti, giovani coppie, anziani hanno difficoltà sempre maggiori a sostenere i costi di acquisti e affitti sul mercato immobiliare milanese, con l’effetto di escludere e allontanare dalla città intere comunità di persone. Gli affitti medi sono i più alti d’Italia e in continua crescita, negli ultimi due anni del 5%. L’affitto medio per un monolocale si aggira sui 690 euro e quello per un bilocale sugli 870. Sul mercato immobiliare il costo medio a metro quadro supera i 5.500 euro”. E affronta uno dei nervi scoperti, un’offerta di case popolari largamente insufficiente: “Sono circa 63.000, ma ogni anno se ne liberano circa mille, meno del 2% del totale (la permanenza media di una famiglia in una casa popolare è di 40 anni), mentre pendenti giacciono circa 25.000 domande di assegnazione. Siamo quindi di fronte a un sistema sostanzialmente bloccato e il successo di Milano vale quindi solo per alcuni, non per tutti”.

Tema ampiamente condiviso da Biondillo, critico anche su alcune logiche di mercato: “Sembra incredibile che per poter ottenere qualche appartamento di case popolari in più, per poterlo poi ristrutturare, occorra dover cederne qualcuno al mercato. […] La verità che non vogliamo raccontarci è che il “modello Milano”, fondamentale come narrazione identitaria degli ultimi due decenni, non prevede gli strati popolari nel suo orizzonte. Insomma, Milano non è a place to be se sei povero”.

 

Mancano le soluzioni mancano, e l’assessore va a Bruxelles

Ma anche gli imprenditori (soprattutto con la voce dell’attivissima Regina De Albertis, presidente ANCE) e i cooperatori (tra questi Alessandro Maggioni, presidente nazionale di Confcooperative Habitat, che non perde mai l’occasione per sottolineare il ruolo delle cooperative milanesi nell’offrire soluzioni abitative accessibili) sollecitano spesso il Comune nello sperimentare strade innovative.

Un percorso stretto, come dimostra il fallimento dalla terza edizione del concorso Reinventing Cities. Il Comune aveva messo a bando 6 aree per sviluppare iniziative pubblico-private di housing sociale. Complice anche una congiuntura temporale poco favorevole (a cavallo della sbornia da superbonus 110%, con la conseguente esplosione dei costi), solo una è stata assegnata.

Indagini a parte, in questo non aiuta il cambio della guardia proprio nel ruolo di assessore alla casa nella giunta guidata da Beppe Sala, con Pierfrancesco Maran (lo abbiamo conosciuto anche a teatro) che sbarca a Bruxelles come deputato europeo e lascia il compito (o meglio, la patata bollente) a Guido Bardelli, avvocato, già presidente di Compagnia delle Opere. Una scelta che ha fatto storcere qualche naso nella maggioranza di centro-sinistra. Polemica che si somma ad un’altra elezione al Parlamento Europeo: quella di Ilaria Salis, denunciata anni fa per l’occupazione di una casa ALER proprio a Milano.

Si stima siano oltre 3.000 le abitazioni occupate abusivamente in città. Alcune di necessità, altre legate all’intollerabile pratica del racket dell’alloggio. Con il tema casa che sempre più spesso diventa oggetto di cronaca nera.

 

 

Un osservatorio: Milano per chi?

L’Osservatorio Casa Accessibile (OCA), nato dalla collaborazione tra Confcooperative Habitat e il Politecnico di Milano, è un’iniziativa che affronta il problema dell’accessibilità (definita abbordabilità) abitativa in Italia, con un focus proprio su Milano. Nel primo anno di attività sono stati diffusi numerosi dati. Tra questi l’indice di abbordabilità ad un mutuo secondo cui, a Milano, chi ha uno stipendio da “operaio” può permettersi una casa di 12 mq nei quartieri del centro storico, di 17 mq in quelli semicentrali e di 30 mq nel resto della città. Al lavoratore medio della categoria “impiegato” invece corrisponde un indice di 16 mq nei quartieri centrali, 23 in quelli semicentrali e 40 nel resto della città. Numeri che raccontano con efficacia il fenomeno di spillover verso i comuni della cintura, corrispondente al fatto che il “bacino” di abitazioni abbordabili per categorie reddituali medio basse si sta progressivamente spostando verso l’esterno. A gennaio 2024 l’Osservatorio ha pubblicato il suo primo libro, Milano per chi? Se la città attrattiva è sempre meno abbordabile (a cura di Massimo Bricocoli e Marco Peverini, Lettera Ventidue, 2024, 160 pagine, 22 €), che unisce riflessioni teoriche con dati e numeri.

 

Case popolari (e di riso): innovare si può

A metà aprile, in piena Milano Design Week, sono state inaugurate le quattro Torri Risorsa (di proprietà Aler, 187 alloggi per 400 inquilini), esempio virtuoso di rigenerazione con un approccio innovativo. La riqualificazione energetica dei volumi e il significativo miglioramento delle prestazioni termiche dell’involucro sono avvenuti grazie alla posa di cappotti in facciata realizzati in lolla e paglia di riso, con una tecnologia di prefabbricazione off-site, derivanti dagli scarti della produzione risicola. Il progetto (grazie al ruolo di A2A come general contractor e allo stanziamento di 13 milioni) è firmato dalla Società benefit Ricehouse. La fondatrice, Tiziana Monterisi, architetta con studio nel Biellese, spiega: “Senza ponteggi, abbiamo coperto le facciate delle torri, in tutto 15mila mq, con grandi pannelli isolanti di 3 metri per 8 in lolla di riso e un cuscino di fibra di paglia che, grazie a un’intercapedine, garantiscono la ventilazione”. A questo si è aggiunto, sui 3.500 mq di coperture, l’allestimento di aree verdi con essenze, ortaggi, alberi da frutto e piante verdi capaci di assorbire anidride carbonica, abbassare la temperatura e riportare la biodiversità in un luogo urbano.

 

Autore

  • Arianna Panarella

    Nata a Garbagnate Milanese (1980), presso il Politecnico di Milano si laurea in Architettura nel 2005 e nel 2012 consegue un master. Dal 2006 collabora alla didattica presso il Politecnico di Milano (Facoltà di Architettura) e presso la Facoltà di Ingegneria di Trento (Dipartimento di Edile e Architettura). Dal 2005 al 2012 svolge attività professionale presso alcuni studi di architettura di Milano. Dal 2013 lavora come libero professionista (aap+studio) e si occupa di progettazione di interni, allestimenti di mostre e grafica. Dal 2005 collabora con la Fondazione Pistoletto e dal 2013 con il direttivo di In/Arch Lombardia. Ha partecipato a convegni, concorsi, mostre e scrive articoli per riviste e testi

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