Belgio/2: la casa fattore di uguaglianza

Belgio/2: la casa fattore di uguaglianza

Minoranze e fragilità protagoniste di progetti che puntano su condivisione e pari opportunità: quattro casi studio

 

Published 16 luglio 2024 – © riproduzione riservata

All’inizio del XXI secolo, un nuovo fenomeno colpisce l’edilizia abitativa belga, in particolare nelle città: la finanziarizzazione e la morsa del capitale sui terreni urbani. Più che una condizione stabile, questo fenomeno si presenta come un processo in cui l’edilizia abitativa diventa sempre più dipendente da “attori finanziari, mercati, pratiche, modalità di valutazione e narrazioni”, come ha scritto Manuel B. Aalbers in una recente ricerca.

Se l’edilizia abitativa era un prodotto d’investimento già nel XIX secolo, con esempi come le maisons de rapport, il processo ha assunto un notevole slancio da quando le società immobiliari quotate in borsa investono direttamente in alloggi in affitto. La visione dell’edilizia abitativa come prodotto d’investimento sta mettendo sotto pressione non solo l’edilizia per le fasce più deboli ma anche per le classi medie, che entrano inoltre in diretta concorrenza con alcune forme di affitti a breve termine come Airbnb, alloggi per studenti, appartamenti per migranti e co-living.

 

Edilizia pubblica, strategie per il rilancio

Nelle grandi città come Bruxelles la pressione sull’edilizia sociale è particolarmente elevata, essendo uno dei mercati di affitti privati ​​più costosi e una quota elevata (oltre il 30%) di cittadini che vivono al di sotto della soglia di povertà. Inoltre, la produzione di edilizia sociale è diminuita nel corso dei decenni e lo stock sta invecchiando a causa della mancanza d’investimenti. In risposta a questa situazione di tensione, sono state lanciate diverse iniziative in tutte le regioni del paese. Dal punto di vista normativo, inoltre, nuovi standard di qualità per gli alloggi sono stati introdotti.

Questo è l’obiettivo del piano Good Living a Bruxelles, che richiede di avere abitazioni collegate a spazi esterni. Il governo locale punta anche ad introdurre una quota minima del 15% di edilizia sociale in ogni comune. Infine, una nuova proposta prevede l’obbligo per gli sviluppatori privati ​d’introdurre almeno il 25% di edilizia sociale nei progetti di oltre 2.000 mq di superficie.

Accanto a queste normative, vanno evidenziate diverse iniziative pubbliche. Tra queste rientrano i contratti di quartiere, le bourses d’achat collectives e le società di edilizia popolare che incoraggiano nuove forme di proprietà. È il caso di CityDev, che sta sperimentando nuove formule di enfiteusi, che consentono di non immettere sul mercato suolo pubblico.

 

Alloggi mutevoli per l’emancipazione

Si sviluppano anche modelli alternativi di proprietà, ispirati agli anni ’20, ma anche ad esempi esteri. Il modello cooperativo è tornato alla ribalta, come testimoniano i numerosi simposi organizzati negli ultimi anni sia a livello accademico, sia presso le amministrazioni regionali, sia attraverso attivisti come Communa (ne abbiamo scritto qui). Inoltre, ispirato al modello americano, nel 2012 è stato fondato il Community Land Trust Brussels (CLTB) per implementare strategie di difesa dalla speculazione immobiliare. Vengono messi in atto diversi principi: i residenti acquistano le loro abitazioni mentre il Trust mantiene la proprietà del terreno; i prezzi di rivendita sono limitati, il CLTB tiene parte del valore aggiunto per ulteriori investimenti; la governance è tripartita (residenti, autorità pubbliche, società civile). Rivolto ai redditi più bassi, le rate non superano mai un terzo del reddito dei residenti. Complessivamente, il CLTB produce alloggi più economici del 40% rispetto al mercato.

La proprietà della casa è centrale in questo modello per una serie di aspetti: sicurezza della proprietà, creazione di asset, indipendenza e un’eredità per i figli. Grazie a queste leve, la proprietà della casa può trasformare l’alloggio in uno strumento di emancipazione. In quanto tale, “il modello è un buon complemento all’edilizia sociale”, afferma Geert De Pauw, fondatore del CLTB. Per quanto innovativo sia il modello economico, i sei progetti abitativi sviluppati finora dal CLTB rimangono “convenzionali in termini di organizzazione spaziale, definizione dei materiali e tipologie”, afferma Martino Tattara, di Studio DOGMA, che nel 2019 ha sviluppato un prototipo di abitazione in collaborazione con il CLTB cercando d’integrare la spazialità con le dimensioni immateriali della proprietà terriera e della proprietà abitativa. Il progetto Do you see me when we pass? presenta alloggi flessibili che possono ospitare varie forme di nuclei familiari e i loro cambiamenti in base alle stagioni della vita, dalla giovinezza alla vecchiaia, grazie a limiti mutevoli che consentono agli abitanti di negoziare gli spazi con gli altri e di suddividere le loro abitazioni nel tempo in base alle loro esigenze.

 

CALICO, Bruxelles

Committente: Belgian Land + CLTB | Progetto: Urban Platform | Costruzione: 2018-2021 | Numero alloggi: 34 | Immagini: dal sito del Community Land Trust Brussels (CLTB) | Web: https://www.cltb.be/calico/?lang=en

Negli ultimi anni, il CLTB ha investito molto nel progetto CALICO (Care and Living in Community), un’iniziativa di varie organizzazioni che promuove l’emancipazione attraverso l’edilizia abitativa e che ha avuto numerosi riscontri internazionali. Include 12 alloggi, 10 appartamenti per donne vulnerabili, un centro di maternità e una casa del commiato, oltre a spazi comuni. Il progetto appartiene a una tendenza più ampia volta a fornire supporto ai cittadini attraverso l’edilizia abitativa, che spazia dagli anziani ai LBGTQIA+, ai migranti.

 

Bijgaardehof, Gand 

Committente: Cohousing groups Biotope, De Spore and Wijgaard, Wijkgezondheidscentrum Kapellenberg, Sogent | Progetto: &bogdan | Costruzione: 2022 | Superficie area: 9.300 mq | Numero alloggi: 59 | Immagini: © Laurian Ghinitoiu (dal sito https://www.bogdan.design/projects/bijgaardehof/)  | Web: https://bijgaardehof.be/ 

Lo stesso modello include anche progetti di cohousing che hanno acquisito slancio negli ultimi due decenni, forti del principio di una comunità di case familiari che condividono spazi e servizi, con una ventina di progetti a Bruxelles. Solitamente di dimensioni limitate perché guidati dai cittadini, negli ultimi anni si è registrato un aumento, con progetti come il Bijgaardehof, che ospita 59 famiglie. Secondo i progettisti, “La riqualificazione di una fabbrica abbandonata è stata un’eccellente opportunità per rafforzare la nostra visione delle condizioni spaziali per la vita collettiva in città. In questo senso, Bijgaardehof risponde a una serie d’importanti e, per noi, necessari criteri di qualità: densificazione urbana in prossimità di servizi locali e trasporti pubblici; riciclaggio, riqualificazione e rinverdimento di un’area industriale abbandonata lungo i binari ferroviari; condivisione delle funzioni per poter offrire una migliore qualità della vita a un costo ragionevole; combinazione di natura urbana e agricoltura urbana”.

 

Brutopia, Bruxelles

Committente: gruppo autonomo di residenti  | Progetto: Stekke + Fraas | Costruzione: 2015 | Numero alloggi: 29 | Immagini: © Bernard Lievens (dal sito https://stekkeplusfraas.be/projets/brutopia/)

A Bruxelles il progetto di cohousing più emblematico è Brutopia, nella parte bassa di Forest. Consiste in due volumi residenziali che ruotano attorno a un grande giardino comune. Oltre al giardino, i residenti condividono servizi comuni come una lavanderia, una grande sala polivalente con cucina e un garage sotterraneo per 80 biciclette e 27 auto. Inoltre, il piano terra comprende tre ambiti che ospitano spazi commerciali e un centro diurno per anziani. Ogni edificio ha un nucleo verticale che serve gallerie esterne molto ampie (di circa 2,50 metri) al primo e al terzo piano sul lato della strada. Queste gallerie permettono l’accesso ai duplex, mentre i simplex sono innestati direttamente su entrambi i lati dei nuclei. Tutte le abitazioni hanno due affacci e un’ampia terrazza. Al primo piano, queste terrazze sono collegate al giardino da una scala privata. Gli interni sono stati progettati individualmente dagli abitanti. Le facciate sono rivestite in alluminio grigio con giunti verticali, mentre i balconi sono in acciaio zincato e le gallerie in legno non verniciato.

 

Peterbos 9, Anderlecht

Committente: Beliris + Foyer Anderlechtois | Progetto: 51N4E in collaborazione con Lacaton&Vassal | Costruzione: 2022-in corso | Superficie area: 1.650 mq | Numero alloggi: 80 |  Immagini: © Sepideh Farvardin (dal sito https://www.51n4e.com/projects/peterbos9) e dal sito dell’impresa di costruzioni 

La ristrutturazione del patrimonio edilizio esistente è la vera sfida contemporanea, dato che la maggior parte degli alloggi sociali è stata costruita tra il 1950 e il 1980. Sono generalmente ancora nelle loro condizioni originali e sia impianti tecnici che facciate hanno urgente bisogno di manutenzione. Per questo alcuni progetti compaiono nell’agenda politica con esempi come Ieder Zijn Huis (2015) di Origin a Evere, Rozemaai (2019) ad Anversa di Kempe Thill, Goujons (2023) di Karbon a Bruxelles. Ad Anderlecht, nel complesso quartiere di Peterbos, la rigenerazione su larga scala degli spazi aperti e degli edifici residenziali è iniziata diversi anni fa. Tra gli edifici, Peterbos 9 è attualmente oggetto di un recupero significativo: comprende 80 abitazioni su dieci piani con spazi commerciali al piano terra. Questi ultimi sono stati completamente ristrutturati e ampliati con un’estensione a doppia altezza. Gli ingressi degli appartamenti, precedentemente con un solo affaccio, ora collegano i lati ovest ed est. Ai piani superiori tutti gli alloggi vengono ristrutturati nelle loro attrezzature tecniche ma lasciando invariata la disposizione. Questa ristrutturazione leggera consente agli abitanti di rimanere nelle loro case durante i lavori. Una struttura indipendente prefabbricata in calcestruzzo profonda poco più di 3 metri è aggiunta alle lunghe facciate est e ovest e realizza un giardino d’inverno per ogni appartamento, che funge da estensione della superficie abitabile. Le facciate esterne si leggono come una sovrapposizione di strisce di calcestruzzo di colore naturale. Dall’esterno, mostrano tre file successive di riempimento: ringhiere in vetro, persiane scorrevoli in policarbonato su telai in alluminio anodizzato e nuove finestre in alluminio.

 

In copertina: immagine del Bijgaardehof di Gand (© Laurian Ghinitoiu, dal sito https://www.bogdan.design/

Autore

  • Gérald Ledent

    Insegna all'UCLouvain di Bruxelles Teoria e progettazione. La sua tesi di dottorato esplora le relazioni tra gli spazi e gli usi nell’abitare, attraverso un atlante di oltre 10mila unità abitative a Bruxelles. E sullo stesso tema svolge un ruolo di coordinamento del team di ricerca Uses&Spaces. Le sue ultime pubblicazioni includono “Sustainable Dwelling” (PUL, 2019), “Institutions & the City: The Role of Architecture” (Park Books, 2022) e “Brussels Housing. Atlas of Residential Building types” (Birkäuser, 2023). Vanta inoltre una vasta esperienza come professionista nel campo degli edifici pubblici e degli sviluppi di edilizia residenziale collettiva in Belgio e all'estero. È il co-fondatore dello studio KIS (Keep It Simple studio)

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