Belgio: nel cuore dell’Europa batte la cooperazione

Belgio: nel cuore dell’Europa batte la cooperazione

Bruxelles sperimenta una risposta mutualistica alle carenze di alloggi sociali, nella direzione della qualità e dell’integrazione

 

Published 04 giugno 2024 – © riproduzione riservata

BRUXELLES. Da qualche anno l’edilizia cooperativa si propone come alternativa ai tradizionali modelli di affitto e di acquisto, ritenuti responsabili della crisi abitativa che colpisce un numero sempre maggiore di persone. Si stima che, nel 2024, circa 55.000 famiglie siano in attesa di un alloggio sociale e che i casi di sovraoccupazione, di sistemazione precaria, di occupazioni abusive e di persone senza fissa dimora siano in aumento. Ma data la difficoltà di produrre un’edilizia sociale economica e di qualità, alcuni gruppi del terzo settore lavorano per sviluppare proposte alternative, onde aumentare significativamente l’offerta residenziale a prezzi accessibili.

L’Housing Deal per esempio, un’iniziativa del Societal Housing Network, si basa sulla sospensione della proprietà su terreni pubblici attraverso la stipulazione di contratti enfiteutici – i land-lease contracts – per un periodo sufficientemente lungo, generalmente da 15 a 99 anni. In questo modo le amministrazioni cedono l’uso sul terreno a un gruppo costituito in cooperativa, il quale può sviluppare alloggi cooperativi e sociali per tutta la durata della locazione; alla fine del contratto il terreno viene restituito o il contratto prolungato. Altri gruppi, come il Community Land Trust Brussels, sostengono che questo tipo di contratto, che non prevede l’acquisto del terreno, permetterebbe agli abitanti di risparmiare fino al 40% rispetto al prezzo di mercato. Anche il Bouwmeester Maître Architecte (BMA), un ente pubblico che dal 2009 si occupa di stimolare la qualità architettonica a Bruxelles, conduce una campagna per incentivare nuove cooperative edilizie. Attraverso una open call, il gruppo è alla ricerca di proprietari pubblici o privati interessati a sviluppare progetti pilota di edilizia cooperativa. Secondo il gruppo, l’obiettivo di ogni progetto è “creare un valore sociale aggiunto per i proprietari coinvolti, sotto forma di un progetto architettonico di alta qualità con un mix sociale equilibrato”. Tra gli elementi chiave per la realizzazione di alloggi cooperativi vi sono l’accesso ai terreni, la raccolta dei fondi necessari e la formazione di una cooperativa di abitanti.

Come a Ginevra o a Barcellona (vedi box), a Bruxelles l’edilizia cooperativa è un fenomeno indotto e sebbene alcuni aspetti giuridici e finanziari non siano direttamente applicabili al contesto belga, questi esempi forniscono spunti di riflessione su come alcuni progetti collettivi possano essere modellati dai futuri residenti con il supporto politico ed economico delle amministrazioni.

Il nuovo regolamento regionale per la pianificazione Good Living, in fase di approvazione dal parlamento, ha già introdotto una serie di misure per migliorare la qualità residenziale a Bruxelles e per renderla più accessibile ai redditi bassi. Anche la SLRB – la Société du Logement de la Région Bruxelloise – lavora per aumentare la disponibilità di edilizia sociale nella Regione.

 

I limiti di un modello

Ma se il modello cooperativo si propone come una risposta alla crisi abitativa, rimane una nicchia che rappresenta una parte molto ridotta dello stock residenziale e non è privo di contraddizioni, in particolare per la complessità e la lunghezza del percorso economico e giuridico. I citati BMA e SLRB intendono inserire una percentuale di edilizia sociale per favorire una maggiore accessibilità da parte dei redditi più bassi nei futuri progetti di edilizia cooperativa e per evitare il rischio di enclave, ma il bacino di utenti che può raccogliere questo modello è ancora molto ridotto. A Bruxelles le liste di attesa per ottenere un alloggio sociale sono lunghe – talvolta fino a 12 anni – e il percorso per sviluppare un progetto collettivo dipende anche dalle condizioni imposte delle banche per concedere un prestito alla cooperativa, la quale molto spesso non dispone delle garanzie necessarie per ottenerlo.

Anche sul piano architettonico le critiche sono molteplici. In particolare, vengono mosse contro alcuni progetti ritenuti troppo chiusi verso l’esterno e spesso realizzati in aree periferiche, dove la disponibilità fondiaria è maggiore rispetto alle aree centrali della città.

In Belgio esistono già alcuni esempi di cooperative che intendono inserirsi in progetti di ristrutturazione, per abbreviare i tempi legati alla progettazione e alla costruzione e per ridurre i costi. Wooncoop e Cobha per esempio, consapevoli di queste difficoltà, cercano di aprire un dialogo con le amministrazioni per integrare un edificio esistente in cui è previsto un piano di ristrutturazione destinato a ospitare famiglie in attesa di un alloggio sociale. Con ogni probabilità nei prossimi mesi il fenomeno delle cooperative edilizie si farà sempre più intenso a Bruxelles; dunque, il supporto di enti pubblici o del terzo settore risulteranno indispensabili per stimolare le iniziative promosse dai molteplici attori coinvolti, tra cui ovviamente i progettisti.

 

In copertina: il complesso x Habitat groupé Tivoli di EPOC Architecture a Bruxelles (2021; @ Séverin Malaud)

 

Edilizia cooperativa: un approccio ormai globale

Come nel caso di Bruxelles, da qualche anno l’architetto cantonale di Ginevra ha lanciato una serie d’iniziative per favorire la realizzazione di architetture cooperative. Nella città svizzera, dove non esiste una tradizione secolare di cooperative housing come a Zurigo, la nuova legge generale sull’edilizia fa leva sulla proprietà pubblica per rendere più accessibili i nuovi alloggi, ed in particolare quelli realizzati dalle cooperative. Tra i tanti esempi, il caso di Soubeyran racconta il percorso di un gruppo di abitanti costituitosi in cooperativa per sviluppare un progetto residenziale i cui affitti sono più economici rispetto al mercato privato e in cui i partecipanti vengono coinvolti nella vita comunitaria del complesso. Anche a Barcellona il modello cooperativo è stato implementato con il supporto di una forte volontà politica. Nel 2015, l’amministrazione comunale ha costituito il Cooperative Housing Board con l’obiettivo di promuovere la produzione di edilizia cooperativa in tutta l’area metropolitana e dei quali uno dei primi esempi (pluripremiato anche in Italia) è La Borda, un edificio realizzato da Lacol nel plesso di Can Batlló. In molti casi, a questo gruppo di lavoro partecipano anche gli architetti, del percorso partecipativo per elaborare un progetto assieme ai tecnici e ai candidati abitanti, finendo talvolta per integrare la cooperativa in quanto residenti.

Autore

  • Davide Cauciello

    Nato nel 1992, è architetto e urbanista. Laureato presso la Facoltà di Architettura La Cambre-Horta dell’Université libre de Bruxelles (ULB). Dal 2018 è membro di Latitude Platform e in tale ambito si è interessato alle questioni socio-ambientali, in particolare alla ripiantumazione dello spazio pubblico, alla gestione delle acque, al recupero dei materiali ed alla partecipazione dei cittadini nei processi di trasformazione del territorio di Bruxelles. Nell’ambito di progetti di ricerca sviluppati dalla stessa piattaforma ha lavorato all’organizzazione di workshop partecipativi che hanno coinvolto una pluralità di attori, sia istituzionali che associativi. Dal 2020 al 2022 è stato cultore della materia presso il laboratorio di urbanistica dell’Università di Roma Tre, partecipando al progetto di ricerca interuniversitario NO-CITY sull’interdipendenza tra città e campagna. Nello stesso periodo è stato membro del Forum Beni Comuni Firenze, con cui ha collaborato a iniziative di progettazione partecipata nell’area metropolitana di Firenze. Attualmente vive e lavora a Bruxelles, dove è responsabile di vari progetti come l’inverdimento di una strada a Berchem-Sainte-Agathe (finanziamento Brussels on Holiday) o la demineralizzazione di alcuni spazi pubblici a Forest (finanziamento CQD Wiels-sur-Seine)

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