Ricostruzione in Emilia: l’impegno del volontariato tecnico
Gli esiti dell’attività di Pro-Ing, associazione di ingegneri liberi professionisti per la protezione civile
Iscritta nelle liste regionali del volontariato di protezione civile, alla consulta del volontariato della Provincia di Bologna e al registro Associazioni ONLUS, Pro-Ing è attiva dal 1996. Da allora, i principali interventi hanno proprio riguardato situazioni post-sismiche: Umbria-Marche (1997), Molise (2002), Abruzzo (2009) e, ovviamente Emilia-Romagna (2012). I compiti fondamentali di Pro-Ing spaziano dalla formazione di base e specifica riguardo a strutture, sicurezza e impianti a favore di chi opera nelle aree colpite dal sisma, al supporto tecnico per l’individuazione delle aree di emergenza per i soccorritori e di accoglienza per la popolazione, alla valutazione della stabilità degli edifici civili pubblici e privati, alla divulgazione d’informazioni tecniche alla popolazione.
Presieduta pro-tempore dall’ingegnere Giuseppe Gervasi, bolognese, l’associazione conta circa 170 iscritti, di cui 145 provenienti dall’Emilia-Romagna; per il momento tutti ingegneri, ma è in corso la richiesta alla Regione di poter includere anche architetti e geologi. L’associazione, che si muove assieme alla colonna mobile regionale di protezione civile, è stata attiva a partire dal 20 maggio 2012, giorno della prima scossa di terremoto. Nel corso di quell’anno ha operato in 25 comuni della provincia di Bologna oltre che, fuori provincia, negli epicentri del sisma (tra gli altri, Finale Emilia, Mirandola, San Felice sul Panaro). Circa 1.300 i sopralluoghieffettuati, producendo 1.000 schede speditive (con la determinazione di agibilità/inagibilità/situazioni da rivedere) e 300 schede di rilevamento danno (AEDES). Queste ultime sono servite a determinare l’entità dei contributi regionali e portano in calce la firma del verificatore (ovvero il professionista) che le ha prodotte, con l’ovvio carico di responsabilità che ne consegue.
Per poter svolgere correttamente questo tipo di attività, in assenza d’informazioni sugli edifici esaminati, occorre una buona dose di esperienza, garantita solo da professionisti che si occupano a tempo pieno di strutture. Ecco perchè l’associazione ha destinato a tali scopi solo i tecnici più esperti, attribuendo invece a chi non aveva sufficienti competenze in materia altre mansioni.
La presenza sul territorio delle coppie di volontari che si sono alternate in un lasso di tempo di circa un mese è sempre stata documentata, attraverso comunicazioni quotidiane rivolte sia ai comuni interessati sia alla protezione civile la quale, anzi, assegnava gli incarichi giornalieri. Nonostante ciò, a chi ha svolto questo importante lavoro di verifica e si è prestato nell’emergenza, non è stato riconosciuto nemmeno un rimborso spese: per concederlo, pare che i comuni dovessero, giorno per giorno, compilare un modulo che nella situazione di caos post-sisma, ovviamente, nessuno ha badato a riempire. Questo resta un piccolo rammarico; malgrado tutto, i volontari sarebbero disposti a prestarsi nuovamente in caso di necessità.
Ma sono stati anche altri i problemi incontrati: ad esempio, l’assunzione di responsabilità sia nella compilazione delle schede di rilevamento danno che in campo sicurezza, nei sopralluoghi di primo intervento per la salvaguardia degli edifici danneggiati; l’elevata possibilità di errore dovuta alla compilazione delle schede di agibilità su carta e la disomogeneità dei dati raccolti (sul campo, in generale, erano presenti professionisti di varia natura, la maggior parte privi di formazione specifica in questo ambito); l’assenza di una distinzione dei livelli di competenze tra le varie categorie di tecnici.
Dal punto di vista prettamente tecnico, dalle indagini svolte è emerso che la quasi totalità dei fabbricati realizzati dopo ottobre 2005 – data di entrata in vigore della normativa sismica per queste zone – non ha subito danni evidenti alle strutture. La maggioranza dei casi d’inagibilità o di crolli si è verificata in edifici di precedente concezione, privi di accorgimenti antisismici ma a norma secondo le regole dell’epoca.
Invece, le principali cause che hanno amplificato i danni sono dipese dalla tipologia del terreno che ha tagliato le alte frequenze, nonché dalla presenza di terreni molli (amplificazione degli effetti) e dal periodo lungo di oscillazione dei prefabbricati monopiano con probabili effetti di risonanza (amplificazione delle oscillazioni), nonchè dalla durata delle scosse relativamente lunga, dagli epicentri poco profondi (maggiore energia in aree superficiali ristrette), dalle accelerazioni verticali elevate con perdita di attrito trave/pilastro per mancanza momentanea di peso, dalla compromissione della resistenza degli edifici interessati da interventi di modifica dell’assetto strutturale senza il controllo di un tecnico competente (come ad esempio la demolizione parziale di pareti, la rimozione di solai d’interpiano, la realizzazione di grandi spazi aperti, l’esecuzione di tracce e nicchie, ecc.).
Foto di copertina: devastazioni nella campagna emiliana (© Nazario Spadoni)
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