Come cambiano gli spazi del lavoro e i luoghi della produzione, in virtù delle mutate esigenze organizzative e logistiche, nonchè in rapporto a una radicale metamorfosi del concetto medesimo di lavoro, sempre meno vissuto come ambito separato rispetto alle dinamiche del quotidiano e del vivere in comunità?
* Inchiesta realizzata con il supporto di Open Project
Immagine di copertina: schizzo di studio per la nuova sede dell’azienda Poggipolini (© Open Project)
Tra strategie vecchie e nuove, la parola chiave è appartenenza: dei dipendenti all’impresa e dell’impresa alla città
Dall’iniziale entusiasmo per il lavoro agile, alla valutazione delle controindicazioni al lavoro da remoto, verso un giusto bilanciamento tra presenza e assenza. Le opinioni dei progettisti
Secondo Enrico Frigerio il futuro porterà situazioni ibride che metteranno insieme i vantaggi del lavoro in presenza (creatività, confronto e interazione sociale) con quelli del lavoro da remoto (riduzione spostamenti e costi passivi e differente gestione del tempo)
Secondo Andrea D’Antrassi (MAD Architects) l’architettura oggi è nuovamente chiamata a mettere al centro dell’attenzione l’uomo e il suo benessere
Secondo Paolo Bedogni è la triade a fondamento del progetto di ogni spazio di lavoro
Secondo Mina Hasman (SOM) il progetto degli spazi del lavoro giocherà in futuro un ruolo maggiore nella definizione fisica, funzionale ed esperienziale delle città
Secondo Massimo Roj (Progetto CMR) gli uffici continueranno a esistere, ma acquisiranno nuovi significati e saranno più a misura d’uomo
Secondo James Finestone e David Hirsch (ARUP) la pandemia ha portato una grande accelerazione in un settore dai cambiamenti molto lenti
Tre opere-manifesto suscitano una riflessione critica sulla funzione che assumeranno i luoghi di lavoro, in rapporto alla vita urbana e alla digitalizzazione