Veneto, ritratto di una sanità che arranca
I principali interventi, tra nuove grandi polarità e piani per reti di prossimità in una regione congestionata
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Published 8 marzo 2023 – © riproduzione riservata
Il Veneto non è solo The Land of Venice, come recita il seducente motto di promozione regionale nel tentativo di accaparrarsi turisti da ogni dove. Il Veneto è soprattutto un territorio articolato che va dalle vette dolomitiche alle placide terre veneziane attraversando colline, immensi territori coltivati, urbanizzati e industrializzati. Una complessità geografica e culturale che richiede, anche nel campo della sanità, interventi mirati capaci di mitigare le conseguenze dei grandi cambiamenti in corso (climatici, demografici ed economici). Nonostante la pandemia abbia evidenziato la precaria situazione della sanità nazionale, il Veneto continua una sistematica politica di tagli nel tentativo di gestire l’enorme parco sanitario, oggi caratterizzato da strutture pachidermiche sparse su tutto il territorio.
Una rete di prossimità, in una regione poco connessa
Di fronte a questo quadro la regione ha visto nei fondi legati al PNNR un’occasione per riorganizzare l’insieme delle sue infrastrutture e il loro rapportarsi al territorio. Si è deciso quindi di procedere con il riformare le cosiddette “reti di prossimità” che legano i poli sociosanitari al tessuto sociale promettendo un diverso modo di leggere il territorio. Così le ULSS venete si doteranno di 99 Case della comunità e di 30 Ospedali di comunità.
Per quanto riguarda la costruzione di nuovi poli ospedalieri o l’ampliamento di quelli esistenti al di fuori delle logiche del PNNR, si procede invece caso per caso senza una sistematica lettura del territorio: in assenza di connessioni infrastrutturali che possano mantenere in piedi un sistema interconnesso, s’interviene puntualmente rigenerando le strutture ospedaliere quando sono ormai prossime al collasso. Spesso, inoltre, una volta che le strutture vengono finalmente ultimate, le ULSS devono far fronte a un cambio radicale di condizioni.
Un caso che permette di capire la difficoltà nella gestione di un sistema complesso e sconnesso (anche per motivi geografici) è quello del nuovo ospedale di Asiago, posizionato al centro di un altipiano sempre più spopolato e lontano dai poli sanitari di Bassano del Grappa e Vicenza. Come spesso capita, il rinnovo del complesso ospedaliero si è svolto per fasi: a un primo ampliamento è seguita la demolizione del vecchio corpo e la successiva costruzione ex novo. Dopo lunghi dibattiti sulla strategicità dell’opera per il territorio e lavori durati più di 10 anni, la struttura si trova oggi in una mutata geografia sanitaria, tra continue minacce di chiusura e servizi erogati a singhiozzo.
Tra Verona e Treviso
Esempi più complessi, soprattutto per il contesto in cui sono inseriti, ma che si allineano alla strategia di puntuali demolizioni e costruzione di nuovi elementi, sono gli ospedali di Borgo Roma e Borgo Trento a Verona e il Mater Salutis di Legnago, sempre in provincia di Verona. In entrambi i casi – il primo è già stato completato mentre per il secondo è stato presentato lo studio di prefattibilità – di fronte a ingorghi funzionali e vetustà strutturali si è preferito organizzare le ristrutturazioni per fasi e senza interruzioni di servizio.
La stessa necessità di mantenere attivo il nosocomio ha influenzato anche l’organizzazione dell’intervento per la nuova Cittadella della salute di Treviso. Qui, di fronte a un’espansione dell’ospedale avvenuta in maniera poco organica, si è deciso di ristrutturare l’intero complesso arrivando anche alla demolizione di alcuni vecchi edifici. Tra gli obiettivi, anche la predisposizione di un’area parco lungo le sponde del Sile.
Questi progetti sono spesso piegati al mero funzionalismo più che alla ricerca progettuale ma, d’altra parte, riescono nel delicato compito di agire puntualmente per rigenerare un patrimonio problematico e suscettibile a futuri adattamenti.
Progetti verdi e nel verde
Un progetto ambizioso per la scala e la ricerca progettuale riguarda il nuovo ospedale dell’Ovest Vicentino a Montecchio Maggiore. Il progetto, attualmente in fase di esecuzione avanzata, prevede l’accentramento in un unico polo delle funzioni attualmente dislocate tra Arzignano e Montecchio maggiore. Il nuovo ospedale, in diretta connessione con parte della preesistente struttura sanitaria, è stato organizzato da LFA architecture&engineering con una forma organica radiale che permetterà l’affaccio verso i colli dei Castelli di Romeo e Giulietta. Considerando quanto emerge per ora dalle impalcature di cantiere, sembra difficile che la struttura riuscirà ad avvicinarsi alle forme futuristiche dal retrogusto green delle immagini digitali proposte in fase di presentazione del progetto.
Simile per la necessità organizzativa territoriale di accentrare le funzioni in un’unica infrastruttura ma totalmente diverso per i risultati stilistici e insediativi è il polo degli Ospedali riuniti Padova Sud a Monselice (progetto del gruppo guidato da Steam ingegneria e architettura).
Il complesso, in esercizio dal 2015, risponde all’esigenza di razionalizzare le strutture di cura del territorio attraverso la realizzazione di un polo sanitario unico che rappresenti il punto di riferimento per tutta l’area della Bassa Padovana. Qui si è preferito edificare lontano dai centri abitati per sfruttare al massimo la rete infrastrutturale e la libertà d’azione offerta dall’insediarsi in aperta campagna. L’ospedale, immerso nel verde dei campi coltivati, è organizzato su tre corpi di fabbrica paralleli legati da un’unica grande copertura in lamiera. La copertura è un’intuizione che rende il progetto interessante: seguendo l’andamento dei padiglioni non solo permette l’organizzazione delle corti interne ma riesce anche a mitigare l’impatto in questa tabula rasa agricola rendendo la presenza del costruito quasi un’increspatura metallica nell’immensa campagna padovana.
A Padova, un grande progetto stenta a decollare
Nel Padovano c’è un altro proposito ambizioso alle porte: il nuovo Polo della salute di Padova Est. Il progetto si pone l’obiettivo di portare nelle terre venete un punto di riferimento internazionale per la medicina e la ricerca. Obiettivo ancora lontano: solo recentemente la progettazione della fattibilità tecnico-economica è stata affidata al raggruppamento temporaneo tra Politecnica Ingegneria e Architettura (capogruppo), ATI Project srl, Cooprogetti Soc. Coop. e Techint spa. Si è così dato il via a un processo che, dopo anni di dibattito, porterà a Padova una struttura di 92.000 mq, di cui circa 44.000 destinati alle funzioni sanitarie e oltre 48.000 destinati a edifici per ricerca e didattica. Le difficoltà che si dovranno affrontare per la realizzazione del polo sanitario, che per anni ne hanno rallentato la partenza, sono diverse: le più evidenti sono legate alla prossimità dell’area individuata a uno dei più estesi poli industriali della regione e alla necessità d’inserire il complesso all’interno di un quadro viabilistico trafficato e articolato.
E come sta l’ospedale griffato di Mestre?
Tra le strutture ospedaliere venete si può vantare anche un intervento firmato da un grande nome dell’architettura mondiale. Infatti, l’Ospedale dell’angelo, inaugurato nel 2008, porta la firma anche di Emilio Ambasz. La struttura, nata per fornire un importante polo ospedaliero alla zona lagunare, resta forse la più interessante della regione: i volumi dei ballatoi a gradonate sul lato nord slittano all’interno di una serra inclinata sul lato sud che, nonostante i problemi di gestione del calore in estate, riesce a smorzare l’aspetto austero solitamente associato al nosocomio.
Un sistema che arranca
Quelli citati sono solo i più ingenti tra gli interventi di ristrutturazione del parco sanitario della Regione Veneto ma restituiscono il ritratto di una sanità che, nonostante la continuità del governo regionale, è alla continua ricerca della razionalizzazione delle proprie risorse con interventi di accentramento e che arranca dietro alle rapide trasformazioni sociali. Questi interventi di centralizzazione spesso si scontrano con una realtà diversa da quella per cui erano stati pensati: il Veneto è paragonabile a un’enorme città diffusa dove non s’incontrano grandi poli urbani ma un agglomerato continuo fatto da piccole città, paesi e frazioni che si susseguono senza soluzione di continuità lungo arterie stradali sempre più congestionate. In un contesto in cui anche la figura del medico di base va sempre più verso una spersonalizzazione, sono lontani dalle logiche della sanità pubblica poli sanitari a misura d’uomo capaci d’interagire con il tessuto urbano e sociale innescando sinergie e abbattendo l’austerità di strutture spesso simili a un Leviatano.
Immagine di copertina: il polo degli Ospedali riuniti Padova Sud a Monselice

Architetto tra Bassano del Grappa ed Asiago. Dopo gli studi a Ferrara e São Paulo si laurea in Architettura nel 2019 con Alessandro Tessari, Romeo Farinella e Marcio Kogan con una tesi sul riassetto del viadotto Presidente João Goulart di São Paulo. Durante il percorso di formazione universitario ha partecipato a workshop internazionali come “DEEPBrera” (Politecnico di Milano e Accademia di Belle Arti di Brera), e “Horizonte Habana” (Università degli Studi di Ferrara e Universidad Tecnológica de La Habana). Nel 2016 ha co-fondato Järfälla con cui, oltre a sviluppare progetti d’allestimento e intervento artistico, edita l’omonima rivista. Dal 2017 è parte della redazione di “Artwort”