Torino, la saga del Parco della salute
20 anni di decisioni incerte per un intervento che deve ripartire da zero
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Published 1 marzo 2023 – © riproduzione riservata
TORINO. 20 anni, per non realizzare un ospedale, sono molti. Eppure, tanti ne sono passati da quando è cominciato il processo progettuale del Parco della salute e dell’innovazione. Ed è di questi giorni la notizia che, venendo meno le condizioni per la sua fattibilità, il Ministero ha nominato un commissario per far ripartire il processo da zero.
Come è possibile che, in vent’anni, una regione economicamente sana e di solide tradizioni amministrative come il Piemonte non sia stata capace di dotarsi di una struttura ospedaliera adeguata alle proprie esigenze? Come è possibile che non sia stato possibile perseguire un disegno di minima razionalizzazione dell’organizzazione sanitaria, tale per cui da quattro ospedali fisicamente obsoleti e amministrativamente costosi non si potesse optare per un solo grande e nuovo ospedale, più performante e meno costoso?
Una prima risposta è prettamente politica: perché il Piemonte, al contrario di altre regioni di sicura continuità politica (come la Toscana, che questo accorpamento è riuscito a realizzarlo), ha subito i ribaltamenti progettuali delle diverse forze politiche che si sono alternate al governo. Se però si osserva il processo che porta al fallimento attuale dell’operazione e si entra nel merito del complesso avvicendarsi d’ipotesi progettuali, leggi speciali e luoghi candidati a ospitare l’ospedale, emerge una seconda risposta, meno legata a un discorso esclusivamente politico e più legata alla forma degli specifici provvedimenti con cui il progetto dell’ospedale si è progressivamente consolidato nel tempo.
Ripercorrere la storia delle ipotesi progettuali alternatesi sull’ospedale permette infatti di cogliere come quella razionalità generale a cui sempre si appellano i diversi progetti sia in realtà il prodotto di un’infinità di razionalità particolari, spesso contraddittorie e sovente anche in conflitto tra loro.
2000-2006: investimenti olimpici, cittadella della salute come riuso e acquisto delle aree ex Fiat Avio
Il progetto di un nuovo distretto sanitario per la Città compare sui giornali a partire dai primi anni 2000. In vista della candidatura ai Giochi Olimpici invernali del 2006 emerge l’opportunità di sfruttare gli ingenti investimenti per il riuso post-olimpico degli impianti e, contemporaneamente, d’indirizzare i finanziamenti speciali per la sanità stanziati dall’articolo 20 della legge finanziaria del 1988.
L’opportunità stimola proposte su diversi fronti: dalla candidatura di Torino come sede dell’European Brain Research Institute, avanzata da Rita Levi Montalcini (2002), al progetto per il Turin Health Park (2003) e assume diverse denominazioni: Cittadella della salute, Molinette 2, super Molinette, Città della salute, Parco torinese della salute. La sequenza di proposte consolida progressivamente una narrazione per cui il Parco della salute è una sfida irrinunciabile per un territorio che guarda oltre la prospettiva olimpica e tenta un rilancio sul piano internazionale.
Sulla base di questi presupposti, la Regione acquista l’area ex Fiat Avio e stanzia le risorse funzionali alla realizzazione del Parco (2003). I lavori sarebbero dovuti iniziare al termine dei Giochi.
2006-2019: dalla fattibilità alla gara per il progetto e costruzione
Negli anni seguenti, terminata la partita delle Olimpiadi, la discontinuità tra le varie amministrazioni regionali (Mercedes Bresso 2005-10 e Roberto Cota 2010-14) genera l’alternarsi d’ipotesi localizzative del distretto sanitario, a seconda degli interessi politici ed economici del momento, con diversi gradi di approfondimento progettuale ma senza concreti accordi formali.
Con la campagna elettorale alle regionali di Sergio Chiamparino, la realizzazione del Parco della salute torna ad essere un tema prioritario. La localizzazione del complesso nell’area ex Avio è ratificata nel 2015, contestualmente all’istituzione di una Cabina di regia e una Segreteria tecnica per coordinare il processo progettuale e decisionale.
Il piano prevede di concentrare in un unico polo le attività sanitarie e assistenziali ad alta complessità – attualmente presenti nelle strutture delle Molinette, Sant’Anna, Regina Margherita e CTO – e contemporaneamente ridisegnare l’intera rete ospedaliera territoriale intorno al Parco. Tra il 2015 e il 2018 sono elaborati gli studi di fattibilità e le indagini tecniche.
Mentre si discute delle condizioni di fattibilità, il Politecnico attiva un gruppo di ricerca e un laboratorio didattico con l’obiettivo di esplorare le possibili morfologie del futuro Parco della salute. Le esplorazioni progettuali forniscono uno spazio tangibile per negoziare istanze diverse e stabilirne la fattibilità, portando alla luce questioni problematiche come le funzioni urbane comprese nel comparto, l’ubicazione delle unità specializzate all’interno dell’ospedale, il rapporto dimensionale con il grattacielo esistente [la nuova sede della Regione Piemonte, che, nel frattempo, seppur faticosamente, stava prendendo forma nell’area; n.d.r.], le ricadute sul quartiere circostante, che vengono successivamente assunte nelle linee guida morfologiche del bando di gara.
Lo Studio di fattibilità del Parco della salute, della scienza e dell’innovazione (PSRI), esito della Cabina di regia e della Segreteria tecnica, con conseguente modifica all’Accordo di programma “Avio-Oval” e Variante urbanistica, sono ratificati nel 2017 dall’amministrazione comunale guidata da Chiara Appendino. Contemporaneamente, la Regione si mobilita per intercettare le risorse e i finanziamenti della Legge 67/88 e pubblica il Piano finanziario, definendo la formula “dialogo competitivo” con il ricorso al Partenariato pubblico-privato (PPP) per l’individuazione di un partner privato.
Nel 2019 sono indette le gare per la bonifica dei terreni e la realizzazione del comprensorio ospedaliero. A partecipare alla gara che prevede progettazione, costruzione e gestione di una serie di servizi, non sono i numerosi operatori economici internazionali di cui si era favoleggiato nel lancio, bensì due realtà nazionali: Siram spa, capeggiato da Salini-Impregilo, e Consorzio Stabile Sis della famiglia Dogliani.
2019-2023: incertezza, ripensamenti, commissariamento
L’avvio della gara non garantisce però che la procedura segua un percorso lineare. Nel confronto elettorale per le regionali del 2019, i contenuti del Parco della salute vengono messi nuovamente in discussione e la coalizione del centrodestra vincitrice richiede lo stralcio dell’ospedale Regina Margherita. Inoltre, a partire dai primi mesi del 2020, la procedura per la selezione per la miglior proposta si deve confrontare con l’emergenza sanitaria Covid-19, che ne causa il rallentamento e riapre il dibattito sul futuro della sanità territoriale.
In questo frangente d’incertezza, Università e Politecnico rivolgono l’attenzione sulla seconda componente strategica del Parco: il nuovo campus universitario di Medicina e Ingegneria biomedica, lavorando congiuntamente per valutare i vincoli e le opportunità insediative del futuro campus, intorno alle esplorazioni progettuali elaborate dagli studenti di Architettura.
Il 2022 si apre con l’aumento vertiginoso dei prezzi delle materie prime e dell’energia causato dalla guerra in Ucraina, che genera un’ulteriore deviazione nell’iter in corso, imponendo la proroga dei termini per l’aggiudicazione dei lavori (inizialmente prevista a giugno 2022), e la riapertura del dialogo competitivo.
A ottobre dello stesso anno cede un controsoffitto dell’area di attesa dei pazienti davanti ai laboratori delle Molinette. Fortunatamente il cedimento avviene nella notte e non ci sono feriti. A dicembre un nuovo crollo. L’inadeguatezza degli spazi del vecchio ospedale è ormai evidente. I ritardi, le incertezze sulle reali possibilità di concludere il dialogo competitivo spingono gli attori politici a riesaminare nuovamente il processo di attuazione: a inizio 2023 la Regione chiede al Governo la nomina di un Commissario straordinario.
Assenza di prospettiva
Analizzando le tappe fondamentali che hanno segnato l’avvicendarsi degli scenari progettuali per il Parco della salute, emerge un contrasto significativo tra la razionalità generale del discorso pubblico sul polo dell’eccellenza sanitaria e il processo reale, continuamente influenzato da circostanze contingenti e razionalità particolari spesso contrastanti. Non è un problema di sola capacità politica, ma riguarda più in generale la forma dell’azione progettuale.
Il recente ricorso al Commissario può essere interpretato, infatti, non solo come la presa d’atto del fallimento del tentativo di gestire la realizzazione del PSRI attraverso le procedure ordinarie preposte agli appalti pubblici, ma anche dello scacco di una certa idea di progetto. Dal ricapitolo delle vicende del Parco della salute viene meno una nozione di progetto architettonico inteso come insieme d’istruzioni predefinite finalizzate alla realizzazione di un manufatto, che si fa veicolo di un’idea che lo precede e lo legittima. Al contrario, viene messa alla prova la capacità pragmatica del progetto di costruire una strategia in grado di tenere insieme le diverse e imprevedibili istanze che irrompono nel corso dell’azione.
Il caso dell’ospedale e dei suoi accidenti diventa emblematico di una forma dell’azione progettuale sempre meno costruita sulla fedeltà a un valore posto all’origine del progetto (l’idea di un ridisegno complessivo e razionale dei vecchi ospedali) e sempre più finalizzata su un valore costruito nel corso dell’azione progettuale (l’azione che, facendo leva su istanze e provvedimenti particolari, riesce a produrre un effetto). Ripensare l’efficacia del progetto (non solo architettonico) diventa quindi necessario e urgente. Possibilmente prima che l’esausto edificio delle Molinette decida di crollarci sulla testa.
Giovanni Durbiano è professore ordinario di Composizione architettonica e urbana presso il Politecnico di Torino. Presidente di ProArch, società scientifica dei docenti di progettazione architettonica italiani. Autore di pubblicazioni su temi delle culture del progetto architettonico in età contemporanea, tra cui Teoria del progetto architettonico. Dai disegni agli effetti, Carocci, 2017 Fondatore e membro dell’Advisory board della rivista scientifica «Ardeth» (Architectural Design Theory). Professionalmente, è co-titolare dello studio DAR Architettura a Torino.
Federica Joe Gardella è dottoranda in “Architettura. Storia e Progetto” al Politecnico di Torino. Precedentemente, ha conseguito la doppia laurea magistrale in “Architettura Costruzione Città” presso il Politecnico di Torino e il Politecnico di Milano. Il suo lavoro di ricerca si concentra sull’osservazione delle pratiche di progettazione architettonica sviluppate nei centri di ricerca universitari e intende indagare il processo di progettazione e le sue possibili forme di innovazione.