Cediamo allo slogan (già utilizzato da TamAssociati come titolo del Padiglione Italia alla Biennale 2016) per raccontare criticità e potenzialità, paradossi e opportunità delle architetture per la cura della persona.
Come ogni slogan, può essere letto in modi opposti. Così scriviamo delle architetture che contribuiscono a curare, diventano fattore decisivo del welfare sociale. Ma al tempo stesso il nostro è anche un invito a prenderci cura – come disciplina – di questi luoghi e di questi spazi, troppo spesso relegati in una dimensione tecnica che poco concede alla qualità dell’idea e del progetto.
È quasi banale ricordare come si tratta di un tema di stringente attualità. La pandemia ha funzionato da acceleratore costringendoci, drammaticamente, ad affrontare una serie di condizioni inattese: il COVID ha infatti trovato, travolgendola, una rete inadeguata di servizi territoriali di primo soccorso, ha evidenziato i limiti della nuova concezione degli ospedali contemporanei (così efficienti sulla carta, così incapaci di adattarsi ad esigenze che cambiano velocemente), ha costretto le case di cura a clausure forzate che sono durate mesi, ha dovuto riscoprire sanatori e strutture ritenute obsolete.
Ma questa fase storica di estrema fragilità sociale ha anche contribuito a dilatare significativamente i limiti tradizionali delle architetture per la cura, obbligandoci ad una visione più ampia, che coinvolge a pieno titolo gli spazi pubblici e le case. Soprattutto quelle in cui quasi 3 milioni di anziani italiani vivono in una condizione di disagio abitativo, spesso non percepito, e di forte freno all’innovazione tipologica. Proprio l’emergenza demografica, così urgente e pressante nel nostro paese, è un ulteriore fattore di fragilità di cui la nostra inchiesta si occupa.
Abbiamo così deciso di ribaltare la visione spesso troppo centrata sull’architettura sanitaria e ospedaliera, dedicando la prima delle 3 parti proprio al senior housing, settore in cui fortissima è l’esigenza di rinnovata attenzione e sensibilizzazione nella direzione della qualità del progetto. Di strutture ospedaliere in senso stretto ci occupiamo nella parte centrale, grazie anche alla collaborazione con il Joint Research Platform Healthcare Infrastructures. Infine, nella parte conclusiva, torniamo ad aprire lo sguardo verso nuove forme di architetture per la cura di cui, grazie anche ai fondi del PNRR (Missione 6), il nostro welfare sociale si potrà dotare nei prossimi anni, con l’inevitabile e scontato ricorso alle grandi firme architettoniche.
PS: ovviamente, come tutte le nostre inchieste, anche Take Care è aperta a contributi e commenti che potrete indirizzare a redazione@ilgiornaledellarchitettura.com.
a cura di Michele Roda
I contenuti
Senior Housing, mai dire ospizi
- Abitare nella silver economy, di Francesco Gastaldi
- Se la casa non basta: verso la healthy ageing home, di Massimo Rossetti
- I numeri di una rivoluzione silenziosa, di Francesca Tessari
Li chiamavano ospedali
- L’ospedale oggi, una città nella città, di Stefano Capolongo
- Torino: tu chiamala, se puoi, città della salute, di Carlo Olmo
- Healing Gardens: quando l’ospedale incontra la natura, di Giulio Senes
- Reparti pediatrici, questione di “accoglienza”, di Maria Chiara Torricelli
- Recupero dei sanatori lombardi, qualcosa si muove, di Francesca Patriarca
- Ospedali storici, il futuro della memoria, di Elena Franco
- Ospedali a Genova e in Liguria, i piani sono ambiziosi (ma le realizzazioni tardano), di Marco Gola
- Incubo o miraggio? L’ospedale del futuro di OMA sorge nel deserto
- Torino, la saga del Parco della salute, di Giovanni Durbiano e Federica Joe Gardella
- Veneto, ritratto di una sanità che arranca, di Tommaso Mauro
- Sicilia, l’isola in cui per curarsi serve l’aereo, di Lucia Pierro e Marco Scarpinato
- Novara: se tutto va bene, il nuovo ospedale sarà vecchio di 20 anni, di Matteo Gambaro
- Milano, la Lombardia e gli ospedali: l’architettura non basta, di Pietro Mezzi
Luoghi in salute, modelli vecchi e nuovi
- Progetti in corso
- Casi virtuosi
- Campus per le scienze mediche: 5 temi per 5 casi studio, di Caterina Barioglio e Federica Joe Gardella
- L’ospedale di Verduno, un vascello tra i noccioli delle Langhe, di Luca Gibello
- A Pisa, un nuovo grande ospedale, denso e connesso, di Andrea Iacomoni
- Renzo Piano tra le chiome degli alberi: la bellezza riguarda tutti, di Davide Ruzzon
- Case di comunità: la scommessa dell’identità (tagli permettendo), di Carlo Quintelli
In forma di conclusione
Nel nostro percorso di approfondimento abbiamo toccato – in più di 20 articoli di altrettanti autori, con diverso background – molte città italiane ma anche esperienze internazionali emblematiche. Abbiamo voluto chiudere parlando di Case di comunità, perché l’individuazione di tipologie innovative sembra essere uno scenario inevitabile, in cui sperimentare una nuova prossimità di servizi e di funzioni legate alla salute. Si tratta di un approccio “fondamentale per vivere bene nelle nostre realtà urbane”, come ci hanno detto Alessandra Capuano e Margherita Vanore, autrici di una ricerca ministeriale PRIN dal titolo evocativo, La città come cura e la cura della città. Abbiamo così raccontato ambizioni ed esempi, ma anche criticità e contraddizioni, dell’edilizia sanitaria contemporanea. Tema di grande attualità, come dimostrano le molte pubblicazioni (tra le più recenti il numero speciale di «Area»), le tante ricerche e gli ingenti finanziamenti (che spesso sembrano una contraddizione, considerando le difficoltà economiche del settore della sanità in molte regioni).
Michele Roda