Spagna: crisi e appello al Governo
L’emergenza peggiora la situazione di un settore già in crisi, introducendo scenari fortemente negativi. La Spagna non ha previsto aiuti economici per gli architetti, che invece chiedono supporto e pubblicano i risultati di un’inchiesta nazionale piuttosto pessimista
La pandemia in Spagna è ancora lontana dall’essere sotto controllo. I vertici dei collegi professionali legati al mondo delle costruzioni non nascondono la forte preoccupazione per il futuro, in un Paese in cui l’edilizia costituisce una fetta importante dell’economia, anche in termini di occupazione. Il blocco dei cantieri decretato a metà aprile procede (fatta eccezione, in teoria, per le nuove costruzioni e per quelle in assenza di residenti), soprattutto per l’impossibilità di garantire le adeguate misure di protezione.
Architetti, architetti tecnici e ingegneri sono uniti nello sforzo di trasmettere al governo centrale, che in questo stato d’emergenza ha esonerato le diverse autonomie dal promulgare leggi, l’urgenza di adottare misure che consentano di uscire dallo stato di paralisi e rifarsi delle perdite. La necessità impellente è quella di trovare una soluzione per un settore costituito in buona parte da liberi professionisti e piccoli studi che non stanno ricevendo alcun aiuto dallo Stato e che faticheranno a sopravvivere senza adeguate misure economiche di tipo fiscale. Un’ingiustizia, secondo il collettivo. Ciò che preoccupa è soprattutto la capacità di ripresa a medio e lungo termine.
Una voce dagli architetti: intervista a Assumpció Puig
Assumpció Puig è la prima donna a presiedere il COAC (Collegio degli architetti catalani), ed è in carica per il quadriennio 2018-2022.
Considera che il governo abbia reagito in modo adeguato a questa situazione?
In Spagna abbiamo diversi interlocutori politici, anche se è il governo centrale che in questo momento ha l’ultima parola. In Catalogna, per esempio, la tendenza sarebbe quella di anteporre la salvaguardia della salute sull’economia, mentre a Madrid la direzione è quella opposta. Servono misure urgenti che aiutino il settore a recuperarsi delle perdite. È evidente che quello delle costruzioni è un settore chiave dell’economia spagnola ed è fondamentale che il governo capisca che non può essere abbandonato a se stesso. Per cui stiamo lavorando in tutto il Paese, così come a livello di comunità autonoma, perché vengano trasferite le nostre richieste a Madrid, sia direttamente con il Ministero dei Trasporti, perché chi governa venga a conoscenza di questa idiosincrasia.
Quali gli aiuti destinati al settore?
Per ora nessuno, perché la nostra categoria non rientra tra quelle definite imprescindibili per l’economia nazionale del “Decreto d’allarme”. La nostra è una categoria professionale composta per la metà da lavoratori autonomi e piccoli studi, particolarmente vulnerabili in questa situazione. Gli istituti assicurativi a cui aderiscono gli architetti hanno offerto una moratoria sul pagamento delle quote e il riscatto di una parte del piano pensionistico. Per garantire la sopravvivenza del nostro settore non si può prescindere dal pensare alle piccole e medie imprese. L’incertezza è relativa al comportamento degli investitori una volta usciti da questa situazione. Per ripartire devono sbloccarsi gli investimenti, e per farlo c’è bisogno di un’adeguata politica fiscale.
Qual è il contributo degli Ordini in questa situazione, sia in riferimento agli iscritti che, più a lungo termine, per la professione?
Abbiamo anzitutto focalizzato l’attenzione sugli iscritti, da un punto di vista economico, con moratorie sul pagamento delle quote e istituendo un fondo sociale di 240.000 euro, per cominciare. In parallelo, offriamo assistenza legale e abbiamo ampliato la formazione online gratuita e l’offerta culturale in collaborazione con novanta istituzioni culturali catalane. In coordinamento con gli altri Ordini abbiamo definito piani interni di prevenzione e modelli di attuazione nei cantieri in corso in questo periodo. Siamo in contatto con i presidenti degli Ordini per redigere un documento da sottoporre all’amministrazione pubblica che raccolga il consenso di altre categorie professionali. Proponiamo una serie di azioni rivolte agli organi governativi: ai Comuni, perché s’impegnino a rendere più agile il rilascio di licenze una volta terminato il blocco; al Governo, perché promuova misure economiche e fiscali che consentano di proseguire con i progetti in corso e promuoverne di nuovi, oltre al supporto economico ai professionisti iscritti a casse alternative; infine al Governo centrale, autonomo e locale per ottenere lo snellimento delle procedure relative ai concorsi pubblici in corso.
Quali le azioni per il futuro?
Il nodo centrale della riflessione è come riattivare e trasformare un settore già compromesso dalla crisi del 2008, che già dalla fine del 2019 dava segnali di una preoccupante recessione. Fino allo scoppiare dell’emergenza Covid-19 i problemi sul tavolo erano l’emergenza climatica e quella abitativa. Riteniamo che entrambe possano essere risolte soltanto grazie a una chiara politica di recupero dell’esistente, in cui la Spagna rappresenta il fanalino di coda rispetto al resto d’Europa.
E in questo scenario, quale potrebbe essere il contributo degli architetti?
Noi architetti siamo dotati di una visione molto trasversale e siamo in grado di assumere il coordinamento di discipline diverse, ma dobbiamo essere coraggiosi e riuscire a portare l’attenzione sull’utente finale, abbandonando il modello di un mercato immobiliare che impone di considerare l’alloggio come un mero prodotto economico. Mettere da parte l’alto di gamma e le finiture di lusso e concentrarci sulla qualità di vita delle persone: s’impone una riflessione sul futuro delle nostre città, degli edifici fino alla scala dell’alloggio. Il modello attuale, basato su una società che ci ha spinto a passare la maggior parte del tempo fuori casa, dev’essere evidentemente rivisto. Così come vanno rivisti i requisiti minimi previsti dalla normativa in fatto di superfici. La nostra categoria può certamente promuovere questa riflessione, ma abbiamo bisogno di sederci a un tavolo con investitori pubblici e privati, e con le autorità competenti per valutare e condividere le opportunità reciproche.
Inchiesta nazionale tra gli iscritti
In concomitanza con il blocco dell’attività economica, tra il 6 e il 13 aprile tutte le sedi degli Ordini provinciali, coordinate dal Consiglio superiore degli architetti di Spagna (CSCAE), hanno lanciato un’inchiesta rivolta agli iscritti per comprendere l’impatto del Covid-19 sulla professione. Le risposte raccolte sono state 5.138, di cui 2.309 quelle provenienti dal COAC (su un totale di circa 11.000 collegiati), l’Ordine che ha registrato la maggiore partecipazione. Le principali cause della riduzione del lavoro sono la chiusura dei cantieri e il crollo degli incarichi, insieme alla difficoltà di rispettare le misure di sicurezza eccezionali nei cantieri. Il 78% degli architetti afferma che il carico di lavoro è diminuito in media di un 57%, mentre per il 68% il forte ritardo in cui versano i progetti in corso è dovuto per un 44% all’incapacità da parte dei Comuni di smaltire le pratiche e dare risposta ai professionisti. Solo in Catalogna, sono 6.294 i cantieri chiusi e 3.888 i progetti annullati. Dalle risposte emerge un’importante riduzione degli introiti, nonostante l’81% stia lavorando da casa. Cifre, queste, che lasciano prevedere un impatto molto negativo, con una caduta generale del 55% del lavoro entro fine anno in tutto il Paese. Il presidente del CSCAE, Lluís Comerón, afferma che: “Tali risultati dimostrano che il settore avrà bisogno di un forte appoggio da parte delle amministrazioni pubbliche“.
L’architettura catalana online
Soltanto tre giorni prima della dichiarazione dello stato d’emergenza che ha costretto a casa gli spagnoli era presentato presso il COAC il portale arquitecturacatalana.cat, che offre a portata di clic 1.600 opere realizzate in Catalogna tra il 1832 e i giorni nostri, firmate da più di 1.100 architetti e studi d’architettura. Uno spazio virtuale che sarà costantemente aggiornato, sia con opere recenti che con quelle più antiche. Realizzata e diretta da due architetti, Omar Ornaque e Aureli Mora in collaborazione con l’Archivio storico del COAC, la piattaforma è intuitiva e di facile accesso anche ai non addetti ai lavori, per dare visibilità al patrimonio regionale e agli autori, anche a quelli meno noti. Una mappa e un motore di ricerca consentono di navigare attraverso il tempo, il territorio, per tipologie, categorie e autore. Le opere sono descritte in modo dettagliato attraverso disegni, planimetrie, fotografie, con la relativa bibliografia, e con le eventuali modificazioni e cambiamenti d’uso. Per il momento il sito è in lingua catalana, ma entro il 2020 sarà disponibile nella versione castigliana e inglese, per consentirne l’accesso a un pubblico internazionale. In previsione anche una “casella” dove chiunque potrà proporre opere del territorio catalano da inserire nell’archivio.
Laureata in architettura al Politecnico di Milano nel 1998, dopo alcuni anni come libero professionista rivolge la sua attenzione al mondo editoriale, formandosi presso la redazione della rivista «Area» e il settore libri di Federico Motta Editore. La tesi in urbanistica, con i professori Giancarlo Consonni e Giuseppe Turchini le apre (inconsapevolmente) la strada verso quella che è diventata la sua città di adozione, Barcellona, dove risiede dal 2004. Da qui consolida il suo percorso professionale come giornalista freelance specializzata in architettura contemporanea, collaborando stabilmente con alcune testate di settore italiane e come corrispondente per «Il Giornale dell’Architettura». Per la casa editrice spagnola Loft Ediciones ha pubblicato come co-autrice «Atlas for living», «Atlas de arquitectura del paisaje» e «Sketch landscape»