Il ponte a campata unica si può (e si deve) fare, ma il progetto va aggiornato
Nel mondo assistiamo alla continua realizzazione di ponti con grandi luci libere. Quello sullo Stretto proietterà l’Europa verso l’Africa
Il tema del rapporto Nord Sud non riguarda la sola Italia. Si tratta di un atteggiamento culturale (o, meglio, in-culturale…) che attraversa le genti e i luoghi perdendosi nella notte dei tempi. Tuttavia, il caso Italia merita una particolare attenzione, sia per l’avvenuta globalizzazione sia per il fiume di denaro che l’Europa ha stanziato per il nostro Paese, proprio a partire dalle acclarate diseguaglianze che ci connotano. Tanto palesi da orientare l’Europa, come ben noto, a riservare una quota del 40% proprio al Sud.
Se è vero, come è vero, che i ponti nella storia sono il simbolo dell’unione tra luoghi, genti e culture, la più eclatante delle eccezioni è il ponte sullo Stretto di Messina. Da oltre mezzo secolo assistiamo ad azioni apparentemente “concrete” che puntualmente vengono vilipese con un “gioco dell’oca”, di cui si perdono le dimensioni reali con le conseguenze disastrose di un “non fare”, in nome di non si sa bene quali motivazioni più o meno arcane. Scilla e Cariddi in guerra perenne e la fata Morgana che stenta a far emergere dalle acque quest’opera simbolo che tutto il mondo attende da decenni, e noi da decenni non riusciamo a far decollare, nonostante gli sforzi immani profusi dallo Stato e un enorme impiego di risorse economiche.
Verso l’Africa, il ruolo cruciale del Meridione
Ormai tutti (o quasi..) si sono convinti che il futuro dell’Italia, e dell’Europa, passino dal Mediterraneo per proiettarsi verso l’Africa. È del tutto evidente che in questo quadro geostrategico il ruolo della Sicilia e dell’intero Meridione è cruciale e, con esso, il ponte sullo Stretto di Messina diventa fondamentale e improcrastinabile. Del resto, il collegamento stabile tra Calabria e Sicilia è da decenni sancito dall’Unione Europea come parte del corridoio Berlino-Palermo, più di recente ridenominato Helsinki-La Valletta. Su questa linea, lo stesso scrivente ha ipotizzato un ideale “Corridoio Ulisse” con collegamenti stabili di “ingegneria visionaria” (ma non troppo…) a Sud verso la Tunisia (denominato TUNeIT, TUNisia e ITalia) e a est verso l’Albania (denominato GRALBeIT, GRecia-ALBania e ITalia).
Anche alla luce di quanto sopra, che in un prossimo futuro potrebbe trovare una concreta realizzazione, i tentennamenti dell’Italia verso il ponte con ricorrenti “stop and go”, puramente politici, sono del tutto incomprensibili a livello europeo. Ora finalmente sembra giunta l’ennesima conferma della necessità di un collegamento stabile. Il ponte a campata unica aveva avuto un indiscutibile placet tecnico cui, inopinatamente, è seguito uno stop politico da parte del governo Monti-Passera. Con l’ovvia conseguenza di un pesantissimo contenzioso, tutt’ora in essere, da parte del contraente generale Eurolink e degli altri soggetti interessati.
Chiarezza per chiarezza, chi afferma che il Ponte non è fattibile mente spudoratamente. Va solamente aggiornato il progetto definitivo già approvato, essendo trascorso oltre un decennio!
Fortunatamente il quadro è ora decisamente mutato. Con l’introduzione nella Legge Finanziaria di un articolo con il preciso riferimento all’attraversamento stabile dello Stretto di Messina si è rimessa in moto la macchina progettuale-realizzativa, indicando anche l’iter legislativo procedurale. A breve si potranno riaprire i cantieri già iniziati e cancellati un decennio fa. Si potrà dunque in pochi anni ridare vita a un’opera che con i suoi 3.300 m di luce, tutto il mondo c’invidia (e ci copia… visto che l’impalcato “Messina type” è ormai utilizzato in tutti i ponti di grande luce realizzati nel mondo).
Nel mondo, molti ponti all’avanguardia
Mentre in Italia “chiacchieriamo” senza costrutto, nel mondo ne vengono realizzati molti all’avanguardia. Ne citiamo un paio tra i più recenti a partire dal terzo ponte sul Bosforo (opera dell’impresa italiana Astaldi, ora confluita in WeBuild). Senza contare gli studi in Cina e in Norvegia, così come in altre parti del mondo, per ponti che superano i 3.000 m di luce. Lo stesso ponte sullo stretto di Gibilterra era previsto con luci di 5.000 m, così come indicato dal noto progettista ingegnere Tung-Yen Lin, oltre all’ipotesi proposta dalla stessa Cowi per un ponte con tre campate centrali da 3.500 m.
Non è questo il luogo per descrivere l’opera in dettaglio, ma voglio soffermarmi su un aspetto poco considerato. L’impatto territoriale conseguente alla realizzazione dell’opera principale con le trasformazioni socioeconomiche conseguenti, che darebbero un impulso straordinario alla cosiddetta “metropoli dello Stretto” già teorizzata nel 1969 da Giuseppe Samonà che così si esprimeva in occasione del concorso internazionale: “L’occasione della grande infrastruttura da realizzare, può e deve consentire lo svolgimento di un discorso urbanistico e architettonico specifico che dia la misura disciplinare delle ipotesi e delle soluzioni propositive per il più efficace sviluppo dell’area territoriale dello Stretto di Messina, che riproponga un equilibrio tra la natura territoriale del sito, gli interventi da attuare e proposti e i caratteri delle diverse unità insediative future”.
Non possiamo poi dimenticare il disegno innovativo dei portali, nonché gli studi su luce e colore proposti a suo tempo da chi scrive.
Infine, per concludere, mi sento di proporre un sogno emotivamente rilevante. Possiamo immaginare che i due piloni del ponte di Messina possano evolversi in “torri abitate”, per dare corpo vivente ai due mostri Scilla e Cariddi ora finalmente dialoganti perché uniti dal ponte dell’Europa Mediterranea (così mi piace ridenominarlo) sotto lo sguardo benedicente della fata Morgana che, dopo millenni, lo ha fatto emergere dalle acque dello Stretto proiettandolo verso il futuro delle generazioni a venire. Un ponte da vivere…
Già ordinario di Tecnica delle costruzioni presso l’Università IUAV di Venezia e vicepresidente del Consiglio Universitario Nazionale, attualmente rettore dell’Università telematica eCampus di Novedrate (Como). Vicepresidente di SEWC (Structural Engineers World Congress), vicesegretario generale di EAMC (Engineering Association of Mediterranean Countries) e direttore responsabile della rivista “Galileo” del Collegio degli Ingegneri di Padova