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Quanto vale una terrazza

Quanto vale una terrazza

 

Si spera che il tema degli affacci diventi finalmente oggetto di riflessione, anche perché situazioni come questa potrebbero purtroppo riproporsi in futuro

 

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Il silenzio che avvolge la città non è tanto pauroso per la vista di monumenti, strade e piazze vuoti che, anzi, ora possiamo ammirare meglio di prima, tanto da riscoprirne l’immenso valore storico e sociale. Ciò che, invece, reca sconcerto, sono le fila di condomini in cui sono stipati milioni di persone e che diventa un vero campanello d’allarme per l’architettura. La tristezza di doversi sbracciare da quei pochi metri quadri di terrazzini fantasmatici è immensa.

La pandemia ha evidenziato il profondo scollamento tra vita privata e vita pubblica, una volta che quest’ultima si sia letteralmente inabissata disegnando scenari fantascientifici il cui primo protagonista, oltre ad un virus minaccioso, è l’assenza, un grande vuoto modellato dalle belle forme antiche, o demonizzato dall’indecenza di quelle contemporanee, diventate – a ben guardare – indecoroso palcoscenico di cori e balli consolatori. Perciò, superato il dramma, si spera che il tema degli affacci (terrazze interne o esterne all’abitazione) diventi finalmente oggetto di riflessione, anche perché situazioni come quella che stiamo vivendo potrebbero purtroppo riproporsi in un futuro prossimo. La presenza di una terrazza può letteralmente cambiare la vita di tutti (dai bambini agli anziani), come dimostrano diversi progetti realizzati o in cantiere.

Negli anni ’80, Jean Nouvel costruì a Nîmes la serie di appartamenti popolari Neumausus, che offrono il 40% in più della superficie standard prevista, hanno un doppio affaccio e sono dotati di larghe porte che si aprono su ampie terrazze. Scavalcando le normative sull’edilizia popolare, l’obiettivo è stato quello di eludere il destino che porta a realizzare appartamenti, tutti praticamente identici, che diffondono solo tristezza. Restando in Francia, a Bordeaux, gli architetti Lacaton & Vassal hanno dimostrato come sia possibile anche intervenire sugli errori/orrori del passato rinnovando un condominio anni ‘60 con estrema intelligenza secondo il semplice espediente di aggiungere uno strato esterno di balconi e giardini d’inverno a ciascun appartamento (intervento con il quale si sono guadagnati il prestigioso premio Mies van der Rohe 2019). Le facciate originali sono state rimosse e gli appartamenti si sono aperti a un inebriante flusso di luce, aria e viste.

E nei progetti di nuova recente realizzazione? La presenza di grandi terrazze può diventare elemento costitutivo sia dal punto di vista funzionale che estetico, un puntello per mettere in chiaro quanto valga uno spazio semi-aperto nella vita di ciascuno. È il caso delle nuove residenze “ETT. A Place To”, in fase di realizzazione ad Esbjerg (Danimarca), di Bjarke Ingels Group. Qui, a partire da un nucleo a torre, le terrazze compiono un movimento rotatorio, generando, in questo modo, una varietà di ampi balconi e un profilo caratteristico, dove ciascuna unità abitativa è dotata di vista sulla natura circostante, sul centro città e sul mare [immagine di copertina]. Del resto, la generosità degli affacci nei condomini sembra essere la norma per lo studio danese che, di recente, ha completato il complesso residenziale AAR, ad Aarhus, giocando sulla varietà di tipologie residenziali, dove la presenza di un tetto a gradoni crea ampie terrazze private per attività all’aperto.
Ancora terrazze dal profilo sinuoso come un’onda caratterizzano il complesso Aqualuna, pensato dallo studio – sempre danese – 3XN per riqualificare il waterfront di Toronto, sul lago Ontario. Il progetto, dettato dalla scarsità di alloggi a prezzi accessibili e dalla congestione del traffico, verrà ultimato nel 2022.

Gli esempi non mancano. Manca, invece, la volontà di utilizzare gli stessi come metodo di lavoro, dove il comfort domestico deve diventare la norma: grandi terrazze da vivere come soggiorni all’aperto, illuminazione naturale, servizi comuni. L’emergenza sanitaria ci ha messo, ancor più di prima, di fronte alla necessità di avere più spazio a disposizione per noi, per i nostri gesti quotidiani, ora ingranditi e soli, gli unici a fare ancora testo laddove la città si è letteralmente addormentata. La terrazza, allo stesso tempo simbolo di privacy e raccordo con il mondo esterno – un piccolo mondo galleggiante da ritagliare in città sature di tutto – deve tornare ad essere protagonista e sbloccare la nostra esistenza, come un meccanismo di rinascita il cui funzionamento dovrà essere affidato alle menti acute dei progettisti. Ce lo auguriamo.

Autore

  • Patrizia Mello

    Si interessa di teoria, storia e critica del progetto contemporaneo, argomenti su cui svolge attività didattica e di ricerca con pubblicazione di numerosi articoli e saggi, organizzazione di convegni ed incontri di studio. Tra le sue pubblicazioni: Progetti in movimento. Philippe Starck (1997); L’ospedale ridefinito. Soluzioni e ipotesi a confronto (2000); Metamorfosi dello spazio. Annotazioni sul divenire metropolitano (2002); Ito digitale. Nuovi media, nuovo reale (2008); Design Contemporaneo. Mutazioni, oggetti, ambienti, architetture (2008); Neoavanguardie e controcultura a Firenze. Il movimento Radical e i protagonisti di un cambiamento storico internazionale (2017); Firenze e le avanguardie Radicali (2017)

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