Scuole, l’esperienza di Firenze: un progetto straordinario non si improvvisa
Cristina Giachi è vicesindaca e presidente della Commissione Istruzione dell’ANCI. Con lei abbiamo parlato del Bando Periferie della Presidenza del Consiglio dei Ministri che a Firenze ha candidato 46 progetti legati da un file rouge molto “urbano”: l’equivalenza “scuola che funziona = quartiere che funziona”
Leggi tutti gli articoli dell’inchiesta “Scuole, dall’aula alla città”
Nel 2015, la Città Metropolitana di Firenze partecipa al bando per la riqualificazione urbana e sicurezza (Bando Periferie) emanato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri candidando un progetto che scommette sul ruolo delle scuole, assunte come spazio istituzionale a partire dal quale avviare processi diffusi di rigenerazione dei territori periferici. La proposta si compone di un insieme di interventi che gravitano attorno a cinque ambiti (la periferia est e ovest del capoluogo, il Mugello, l’Empolese, il Chianti-Val di Pesa) e sono distinti in tre famiglie tematiche: istruzione e cultura, viabilità ciclopedonale, arredo urbano. I 46 progetti contemplati sono ricondotti a un motto comune che evoca una equazione elementare: “scuola che funziona = quartiere che funziona”. Scuole di diverso ordine e grado e, in un caso, una biblioteca comunale, sono l’ago di una bussola che seleziona progetti relativi agli spazi della mobilità lenta e un insieme di azioni sullo spazio pubblico. Si tratta di un’esperienza straordinaria per più di una ragione. La prima, più evidente, riguarda proprio la scelta di mettere al centro della narrazione del progetto le scuole. Con Cristina Giachi, vicesindaco del Comune di Firenze e presidente della Commissione Istruzione ANCI, all’epoca, Assessora all’Istruzione, ricostruiamo i processi che hanno portato alla definizione di questa visione e scopriamo altre – meno evidenti – ragioni di straordinarietà del progetto.
Il programma di mandato, un antecedente fondamentale: come ha preso forma il progetto candidato al bando della Presidenza del Consiglio dei Ministri?
Quando abbiamo candidato il nostro progetto al bando del Piano periferie, Matteo Renzi era Presidente del Consiglio, sui temi che abbiamo proposto avevamo già lavorato, nella medesima prospettiva, anche in precedenza, quando era sindaco di Firenze, dal 2009 al 2014.
Firenze è stata la prima città che ha messo la scuola al centro. Quando abbiamo cominciato a fare la campagna elettorale per Firenze, ne abbiamo fatto un tema cardine del programma di mandato. Il rapporto con la scuola è stato visto come un importante snodo di cittadinanza perché è proprio lì che la si costruisce. Così, in occasione del bando periferie, avevamo già una politica di edilizia scolastica molto spinta: numerosi gli investimenti fatti, oltre che sotto il profilo finanziario, anche sotto il profilo progettuale. Ci siamo potuti permettere di procedere in questa direzione perché eravamo un’amministrazione virtuosa, avevamo capacità di indebitamento e, anche con il patto di stabilità, abbiamo potuto continuare a investire nelle scuole. Inoltre, l’amministrazione comunale di Firenze ha una lunga tradizione di cura degli edifici scolastici: entro il territorio comunale, il patrimonio si compone di edifici in gran parte antichi, solo una quota minore è stata costruita negli anni ’60. Così, mentre le sedi delle scuole primarie e secondarie sono nel complesso in buone condizioni, il parco di edifici delle scuole superiori, in capo alla Città Metropolitana, soffriva di evidenti problemi di manutenzione. È evidente che abbiamo potuto spingerci a lavorare sull’area metropolitana anche perché lo stato del patrimonio comunale era buono.
Rispetto al tema della scuola, qual è la relazione tra la proposta del Piano periferie e le altre politiche in cantiere, nel momento della candidatura?
Tutto è nato con l’occasione di demolire una scuola e progettarne una nuova, al suo posto. È la scuola Dino Compagni. Abbiamo voluto fosse pensata come un centro civico, con la possibilità di isolare gli spazi destinati alla didattica da quelli destinati alla fruizione diffusa, con i servizi digitali aperti al territorio, l’aula cinema aperta alla cittadinanza. Mentre eravamo impegnati in questo progetto, è arrivato il Piano periferie. I servizi tecnici, quindi, lavoravano già in questa direzione.
Inoltre il programma di mandato, di qualche anno antecedente, aveva previsto la realizzazione di una nuova rete tramviaria. L’obiettivo dell’interconnessione (tra luoghi, tra persone, tra azioni) preesisteva al piano Periferie che di fatto abbiamo usato per ordinare e rendere possibile la realizzazione di un insieme di progetti, in parte già stati pensati, nella chiave di uno scenario territoriale, di scala sovracomunale. Rispondere al bando del Piano periferie è diventata l’occasione per finanziare l’edilizia scolastica anche e soprattutto alla scala metropolitana e per imprimere un moto di forte accelerazione a processi che erano comunque già stati avviati e consolidati.
Priorità politiche e organizzazione dell’amministrazione: come hanno influito reciprocamente dimensione politica e dimensione tecnica nelle fasi di elaborazione e attuazione del programma?
La macchina tecnica era già molto strutturata e orientata perché stava lavorando al progetto delle tramvie. La progettazione è in capo a un ufficio unico del Comune di Firenze, la Direzione lavori pubblici, che opera per tutti gli altri settori. Questo è il punto importante. Una delle intuizioni di Renzi fu infatti quella di intestare l’edilizia scolastica all’Assessore alla scuola. Se fossi restata, in qualità di Assessore all’istruzione, avrei chiesto fosse previsto un Servizio edilizia scolastica all’interno della Direzione Lavori Pubblici. All’epoca sono riuscita comunque a lavorare in modo fortemente coordinato con il direttore dei Lavori Pubblici, lottando affinché capisse che era molto più importante avviare lavori di manutenzione delle scuole esistenti, anziché prevedere la realizzazione di nuove palestre. Certo, politicamente rende di più tagliare il nastro in occasione dell’inaugurazione di un nuovo spazio, anziché far fare la manutenzione dei bagni di una scuola! I sindaci con cui ho avuto a che fare, però, hanno capito, e la priorità politica ha guidato le razionalità della macchina amministrativa.
Emerge in questo caso una continuità di intenti tra governo locale e governo nazionale…
L’esperienza del Piano periferie può essere letta come la traccia di una forte continuità tra un’esperienza di governo locale che migra e prende poi forma in sede di governo nazionale. All’epoca del mandato Renzi, Firenze fu la prima città a mettere la scuola al centro delle politiche urbane. Quando il sindaco divenne Presidente del Consiglio, portò ciò che aveva appreso nel corso del suo mandato a Firenze. Questo è un accidente di non secondaria importanza. Si è costruita, di fatto, una continuità lungo la filiera verticale, rispetto al tema della scuola e alla sua importanza nelle politiche di governo. Non è scontato che un presidente del consiglio pensi alla scuola e all’edilizia scolastica. Il fatto che Renzi avesse fino a poco prima il ruolo di sindaco e si fosse impegnato su questi temi, ha contribuito a determinarne l’orientamento anche nel nuovo ruolo che gli è stato affidato, tanto che è diventato il primo punto del piano del suo governo. L’unità di missione è nata così.
Cosa accada invece a chi ha preso parte all’esperienza di governo nazionale, proprio entro l’unità di missione dedicata alla scuola, e poi si sia trovata a governare in ambito locale, è ciò che può dire Laura Galimberti che si è mossa lungo la medesima filiera.
.
Professore Associato di Tecnica e Pianificazione Urbanistica presso il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano, dove insegna Politiche urbane e Urbanistica.
I principali campi di ricerca cui si dedica riguardano: i processi partecipativi nella definizione di progetti di trasformazione urbana, le politiche abitative, le politiche e i progetti d’uso pubblico delle dotazioni collettive, tra le quali, in particolare, quelle scolastiche.
Tra le pubblicazioni recenti: “L’eredità degli standard urbanistici: partire dalle scuole”, in Atti XXI Conferenza nazionale Società Italiana degli Urbanisti. Confini, movimenti, luoghi, Planum, 2019 (con C. Renzoni); “Faire la ville par projet: quels savoirs, quels effets?”, in D. Martouzet, a cura di, Les acteurs font le projet. Cadres, acteurs, décalages, Presses Universitaires François Rablais, 2018 (con L. Verdelli); “L’offerta abitativa: manufatti, attori, progetti”, in Territorio, n.78, 2016.