Paradosso Portogallo: un laboratorio tra eccessi e penuria
La casa per tutti è al centro del dibattito pubblico, mentre le sperimentazioni architettoniche e urbane si confrontano con un mutato orizzonte politico
Published 07 giugno 2024 – © riproduzione riservata
Tanta gente senza casa, tante case senza gente. Le parole di uno degli slogan della recente esposizione “Habitar Lisboa” rappresentano bene il doppio fronte su cui, negli ultimi 10 anni, si è sviluppata la crisi abitativa che ha colpito il Portogallo con effetti particolarmente evidenti nelle aree metropolitane di Lisbona e Porto.
Un’emergenza figlia della grande attrattività
Da un lato la mancanza di alloggi, dall’altra la presenza di un’enorme quantità d’immobili abbandonati, specialmente nel centro città (si stima che Lisbona abbia il 15% di case vuote), hanno dato vita ad una vera e propria emergenza paragonabile, seppur con caratteristiche proprie, a quella del post 25 aprile 1974, quando all’indomani della rivoluzione democratica dei garofani, si cercò con il programma SAAL di affrontare le gravi carenze abitative, coinvolgendo le comunità locali nella produzione di alloggi sociali.
L’attuale crisi abitativa in Portogallo affonda le sue radici nella mancanza, nel corso degli ultimi decenni, d’investimenti pubblici nell’edilizia residenziale (quella sociale rappresenta solo il 2%) e nella rigenerazione urbana. A ciò si aggiungono altri fattori collaterali che hanno determinato una significativa diminuzione dell’offerta di case a prezzi accessibili: l’eccessiva turistificazione e l’aumento degli alloggi turistici, le esenzioni fiscali per i fondi d’investimento immobiliari, la liberalizzazione della legge sugli affitti che ha generato migliaia di sfratti (la liberalizzazione, iniziata negli anni ’90, ha raggiunto il suo apice con la legge del 2012, NRAU, comunemente nota come legge sugli sfratti), la messa a punto di programmi governativi per attrarre investimenti esteri nel settore immobiliare (con un pubblico di residenti non abituali e cosiddetti nomadi digitali, grazie ad una politica di “visti facili”) e lo sviluppo di nuova domanda residenziale internazionale con elevato potere d’acquisto, rispetto a quella domestica interna.
L’housing come strumento di rigenerazione
La soluzione al problema abitativo è, per definizione, lenta. La strategia a lungo termine potrà essere una distribuzione su tutto il territorio nazionale della popolazione che arriva in Portogallo sia per investire (approfittando di un costo della vita ancora favorevole rispetto ad altre aree geografiche) sia in cerca di migliori condizioni di vita e lavoro, ma evitando di congestionare le aree urbane principali di Lisbona, Porto e dell’Algarve. Nell’immediatezza, in questa condizione di emergenza, lo sforzo si concentra sul rafforzamento del patrimonio edilizio pubblico e sulla realizzazione di alloggi a prezzi accessibili, in particolare nella capitale lusitana, dove esistono diversi terreni non occupati di proprietà dello stato o delle amministrazioni locali e dove la densità di popolazione è di circa 5.000 abitanti per kmq, un valore relativamente basso se comparato con i valori medi di una città compatta.
Un passo significativo verso la mitigazione della crisi abitativa è rappresentato dalle strategie di esecuzione del PRR – Plano de Recuperação e Resiliência che prevede la costruzione fino al 2026 di 26.000 nuovi alloggi. In questa direzione si sono mosse l’IHRU – Istituto di Abitazione e Riabilitazione Urbana e la SRU – Società della Riabilitazione Urbana che, a partire dal 2019, hanno promosso a Lisbona diversi concorsi d’idee per alloggi a costi calmierati, destinati ad affitti accessibili. Da una parte, i processi avviati dall’IHRU, con il pretesto della costruzione di nuove residenze, permetteranno sia di ricucire zone frammentate attraverso la configurazione di nuovi spazi pubblici, sia di riqualificare zone storiche. Dall’altra gli interventi promossi dalla SRU hanno trasformato le zone interessate in veri e propri laboratori di sperimentazione urbana e architettonica.
È il caso della zona di Marvila, una vasta valle ad est della città, sviluppata per attività agricole e ricreative e occupata da fine Ottocento da quartieri industriali e popolari, attualmente oggetto di un piano urbano integrato che mira ad offrire sostenibilità ambientale e una vita sociale diversificata, attraverso la rigenerazione dello spazio pubblico. Nel più centrale quartiere di Entrecampos gli interventi promossi dalla SRU stanno configurando un’area riqualificata dal punto di vista paesaggistico e ambientale, pensata come spazio ricreativo e di svago per la fruizione dei residenti.
Sperimentazioni architettoniche e decisionismo politico
Nei progetti presentati nei concorsi, emergono temi chiave che sembrano definire un nuovo linguaggio in tema di housing: all’interno delle abitazioni si sperimenta la flessibilità nell’uso degli spazi, rafforzando il rapporto diretto tra le diverse aree della casa, mentre all’esterno viene valorizzato il rapporto con uno spazio vivibile che accompagna tutte le unità abitative e funziona come prolungamento degli ambienti interni.
Tra i temi più ricorrenti, quello della prefabbricazione: l’urgente richiesta di nuove case spinge alla ricerca di soluzioni standardizzate, aprendo la strada alla costruzione modulare in serie che permette di abbassare i costi di realizzazione e aumentare la flessibilità tipologica degli spazi. Le proposte progettuali per i nuovi complessi abitativi non si limitano alla costruzione di edifici ad uso esclusivamente residenziale, ma studiano la configurazione di nuovi comparti urbani multifunzionali articolati con lo spazio pubblico con impatto, dunque, non solo sulla comunità di residenti ma sull’intero quartiere in cui le nuove abitazioni s’inseriscono. In prossimità di zone socialmente problematiche, la costruzione di nuove abitazioni rappresenta, quindi, un’importante opportunità di ricucitura urbana e riscatto sociale. Attraverso l’articolazione dei piani terra degli edifici residenziali, inoltre, si cerca di superare la dicotomia tra spazio privato e pubblico, stabilendo una relazione dinamica. Queste operazioni possono essere intese come un’opportunità per generare nuclei di vita condivisa alla scala del quartiere.
Agli investimenti previsti dal PRR, si aggiunge il programma Construir Portugal: Nova Estratégia para a Habitação (Costruire il Portogallo: una nuova strategia per l’edilizia abitativa), presentato dall’appena insediato governo di centro-destra guidato da Luís Montenegro e che sostituisce in parte il precedente Mais Habitação (Più abitazione). Si tratta di un ambizioso piano che integra 30 misure organizzate in 6 assi strategici per fornire una risposta alla crisi abitativa, le cui azioni principali prevedono la promozione dell’edilizia popolare, l’uso dei terreni agricoli per soluzioni abitative sostenibili (a costi calmierati e per affitti accessibili) e attenzioni ai più giovani, compresi gli alloggi per studenti. Tra i provvedimenti previsti c’è anche la riduzione dell’IVA fino al 6% sulla ristrutturazione e costruzione di case.
Dai palazzi del potere alle strade, passando per scuole e università, la questione abitativa ha acceso in Portogallo un dibattito pubblico che dimostra una presa di coscienza sociale senza precedenti sull’importanza di affrontare il problema su vari fronti, per poter garantire l’accesso ad un alloggio adeguato e dignitoso per tutti.
In copertina: Lisbona, foto di Ilaria La Corte
Dopo la laurea in Architettura all’Università di Roma Tre, prosegue la formazione professionale in Portogallo, dove vive e lavora. Dal 2017 svolge attività di ricerca come dottoranda presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Porto (FAUP), in co-tutela con lo IUAV di Venezia, con una tesi sui temi del dibattito architettonico internazionale, tra gli anni cinquanta e settanta, riletti attraverso l’opera di Giancarlo De Carlo e Nuno Portas. Dal 2015 svolge attività di supporto alla didattica presso il Politecnico di Milano nell’ambito della progettazione architettonica e urbana