Milano, la Lombardia e gli ospedali: l’architettura non basta

Milano, la Lombardia e gli ospedali: l’architettura non basta

Accanto a strutture di alto livello, la sanità pubblica regionale deve ripensare il proprio modello e puntare alla medicina territoriale, tra opere di qualità ma carenza di personale. Nel capoluogo e dintorni, un viaggio in cinque progetti

 

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Published 12 luglio 2023 – © riproduzione riservata

Solo a Milano città se ne contano una trentina. Stiamo parlando di ospedali, strutture di ricovero e cura che danno voce alla narrazione della Lombardia come terra dell’eccellenza sanitaria. Un primato reale, certo, come altrettanto vere sono le lunghissime liste d’attesa per visite specialistiche nei nosocomi pubblici lombardi. A certificare questa eccellenza, milanese in particolare, è una classifica curata dalla rivista statunitense “Newsweek”, relativa ai migliori ospedali al mondo (2.300 quelli esaminati) dei principali paesi (28).

Per l’Italia, il settimanale ha misurato le performance di 140 strutture, 127 cosiddette “generiche” e 13 specializzate. Alle spalle del Policlinico Gemelli di Roma, in cima alla graduatoria, ci sono gli ospedali milanesi Niguarda (pubblico) e San Raffaele del Gruppo San Donato (privato). Più distanziate altre due strutture private, l’Istituto Humanitas, 5° in classifica, e l’ospedale San Raffaele Turro (16°). Gli ospedali pubblici Sacco e Policlinico si collocano più lontani dai vertici: 28° e 34°, rispettivamente. Da questi sommari dati si comprende il ruolo preponderante del settore privato: una competizione con il pubblico che in Lombardia dura da un quarto di secolo e che ancora non ha terminato la sua corsa. Gli ospedali pubblici, indeboliti di risorse finanziarie e umane, soffrono la concorrenza, incentivata dalle scelte regionali in materia sanitaria.

 

Medicina territoriale, tra carenze e ricchi finanziamenti

La politica regionale, a differenza di quella di altre regioni, si è basata sull’ospedalizzazione: una strategia che, messa alla dura prova della pandemia, non ha retto mostrando tutti i suoi limiti. Hanno così preso corpo le nuove linee guida ministeriali e regionali di ricostruzione di un’assistenza territoriale, che ha trovato nel PNRR e nella sua Missione 6 l’occasione per trasformarsi in realtà. È stato così ridefinito un nuovo modello organizzativo, mirato – con gli ospedali e le case di comunità – a una sanità più vicina alle persone, nell’ottica del superamento delle disuguaglianze.

In Lombardia, con fondi PNRR e regionali, sono 71 gli ospedali di comunità (ovvero le strutture sanitarie di ricovero di cure intermedie, destinate a permanenze brevi per pazienti bisognosi d’interventi sanitari a bassa intensità clinica) e 216 le case di comunità (strutture socio-sanitarie che entreranno a far parte del Servizio sanitario regionale con funzioni d’assistenza sanitaria primaria e di prevenzione) in corso di realizzazione. A fine 2022, in Lombardia, erano state attivate 105 case e 28 ospedali di comunità, il 52% del totale. Notevoli i fondi previsti dal PNRR, che ammontano a 667 milioni, di cui 460 a carico del piano nazionale e 207 finanziati dalla Regione. Per Milano città, il piano regionale prevede di realizzare 24 case e 8 ospedali di comunità. Ma ciò che rischia di mancare – in questa strategia relativa alle strutture edilizie da realizzare ex novo o con interventi di ristrutturazione – è il capitale umano. Medici e infermieri, nella ricca Lombardia delle eccellenze, non si trovano. Come faranno quindi a funzionare le nuove strutture di comunità? A questo interrogativo non c’è ancora una risposta. C’è chi teme che pronte a colmare i buchi ci siano centinaia di cooperative. Private, s’intende.

 

4 progetti a Milano (+ 1 a Sesto San Giovanni) 

Nonostante l’alto livello raggiunto, a Milano s’investe ancora nell’edilizia ospedaliera. E lo si fa ricorrendo ai migliori esperti di progettazione sanitaria e ai più quotati studi di architettura.

 

Ospedale Galeazzi Sant’Ambrogio

È una delle più recenti realizzazioni: dall’alto dei suoi 16 piani e dei 94 metri di altezza domina il Milano Innovation District. Il nosocomio, privato, che ha unito l’istituto ortopedico Galeazzi e la clinica Sant’Ambrogio, è stato il primo cantiere nell’area che ospitò l’Expo 2015, diventando (con lo Human Technopole e il campus dell’Università) uno dei cardini del futuro ecosistema della ricerca, dell’innovazione e della cura. L’ospedale, nel frattempo riconosciuto come Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico, ha aperto i battenti il 22 agosto 2022. Il progetto è stato affidato a un esperto di progettazione ospedaliera: Tiziano Binini, ingegnere, fondatore dello studio Binini Partners di Reggio Emilia. Il complesso, del valore di 341 milioni, è basato su integrazione tra assistenza, ricerca e formazione. Ospita più di 600 posti letto, 30 sale operatorie (di cui due ibride), laboratori di ricerca e aule universitarie. Il contesto ha imposto al progetto un impianto di tipo verticale, posto in parallelo all’asse Decumano [dell’impianto urbano di Expo; n.d.r.], caratterizzato per la sua trasparenza ai piani inferiori e per la correttezza formale del corpo in elevazione. L’organizzazione interna della struttura si basa su tre principi fondamentali: ripartizione dei flussi e dei percorsi, stretta integrazione tra assistenza, ricerca e didattica, ambienti confortevoli che minimizzano i percorsi e tutelano la privacy. L’edificio si articola in due volumi principali: la piastra di base, con funzioni che prevedono maggior afflusso di pubblico, e il corpo in elevazione, con aree più protette e sensibili. La maglia strutturale, aperta, con altezze d’interpiano adeguate e senza vincoli, ha permesso soluzioni interne adattabili alle diverse esigenze d’uso. Il reparto a bassa intensità chirurgica con le relative degenze è collocato al 4° piano, il 5° è dedicato alla cardiochirurgia e alla terapia intensiva, al 6° trovano sede un blocco operatorio da 16 sale. Il 7° è il cosiddetto piano calmo per l’evacuazione e l’esodo in verticale dai piani superiori: può essere considerato un ospedale dormiente, da attivare in caso di calamità ed emergenze. L’8° è destinato a uffici e alla centrale di sterilizzazione. I piani dal 9° al 16° sono dedicati a degenze ordinarie e per solventi. Il volume tecnico in copertura ospita le centrali di trattamento dell’aria e gli impianti, coperti da un tetto solare termico e fotovoltaico. Il progetto ha ricevuto il Premio Cneto-Best Project 2019 dal Centro nazionale per l’edilizia e la tecnica ospedaliera ed è candidato alla certificazione Leed Gold V4.

 

Nuovo polo chirurgico e delle urgenze del San Raffaele

Per le sue forme è soprannominato Iceberg. È l’ampliamento dell’ospedale San Raffaele e dal 2021 ospita il nuovo polo chirurgico e delle urgenze dell’istituto scientifico del nosocomio, che sorge nella zona nord est del capoluogo. È un’opera d’avanguardia, che sposa efficienza ed estetica architettonica. Il San Raffaele è una struttura clinico-scientifico-universitaria di rilievo internazionale e di alta specializzazione per diverse patologie. È stato inaugurato nel 1971 e riconosciuto l’anno dopo come Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico. Nel maggio 2012 è entrato a far parte del Gruppo San Donato. Il nuovo polo chirurgico, firmato da Mario Cucinella Architects, è tra i progetti che meglio raccontano l’impegno dello studio sul fronte della sostenibilità con la sua iconica facciata come simbolo. Nasce come ampliamento nel cuore del nosocomio esistente, abbandonando lo schema delle piazze orizzontali per elevarsi in altezza. L’edificio è composto da due grandi elementi complementari tra loro, tanto sul piano architettonico che funzionale: la piastra tecnica che ospita le funzioni ospedaliere più importanti (blocco chirurgico, terapia intensiva e pronto soccorso) e la torre, ove trovano posto i reparti di degenza, gli studi medici e gli ambulatori. La piastra tecnica è improntata al pragmatismo, anche formale, per assicurare funzionalità e flessibilità alle attività ospitate. La torre, al contrario, è concepita come un luogo della guarigione. È caratterizzata da un’immagine architettonica alternativa rispetto al paesaggio costruito circostante, caratterizzata da superfici curve, scandite da linee slanciate verso l’alto che ne alleggeriscono le masse creando un elemento di riconoscibilità: un landmark che accompagna gli utenti con la luce delle facciate e la leggerezza del volume. Caratterizzato da un involucro edilizio interamente rivestito in vetro, l’edificio presenta una serrata scansione dei prospetti realizzata da lamelle verticali a tutt’altezza, che svolgono una duplice funzione bioclimatica. Grazie alle ombre portate sulle vetrate, i frangisole contribuiscono alla riduzione dei carichi termici causati dall’irraggiamento solare, abbattendo il fabbisogno energetico per la climatizzazione degli spazi interni e incrementando, al contempo, la quantità di luce naturale diffusa negli ambienti per effetto della riflessione sulle superfici ceramiche. E’ il primo ospedale certificato Leed Gold in Italia.

 

Nuovo Policlinico

Un’altra grande opera, in corso di realizzazione. La prima pietra è stata posata il 27 novembre 2019, mentre i lavori dovrebbero terminare entro il 2024. “Una volta concluso – dicono i progettisti Stefano Boeri, Gianandrea Barreca, Giovanni Lavarra e Techintsarà il più grande giardino pensile terapeutico del mondo, grande quanto un campo da calcio”. Si tratta di un nuovo nosocomio a pochi passi dal Duomo e dai Giardini della Guastalla. Con i suoi 70.000 mq di superficie, con il vicino Palazzo di Giustizia, sarà tra i più grandi edifici del centro città. La demolizione di 11 padiglioni esistenti, iniziata nel 2009, risponde a una logica d’intervento basata su tre principali caratteristiche: costruzione di un nuovo edificio integrato che metta a sistema l’insieme dei servizi sanitari e non; relazioni con i restanti padiglioni; valorizzazione del recinto ospedaliero come spazio collettivo attraversabile, con attenzione agli spazi verdi. Il primo lotto d’intervento, nella revisione progettuale del 2017, ha come oggetto il solo Central Building. La struttura planivolumetrica si compone di due corpi lineari alti 28 m e posti ai margini nord e sud dell’area. La stecca nord e la sud sono connesse da un corpo centrale, la piastra – contenente i servizi sanitari principali come le sale parto, quelle operatorie e i servizi della diagnostica – che s’innalza a oltre 18 m da terra, dove è realizzato il giardino in copertura, di oltre 7.000 mq, accessibile sia dalla città sia dalla comunità dell’ospedale. Il giardino è anche un dispositivo tecnico, quale copertura della sala macchine, completamente celata in termini sia visivi che d’impatto acustico, con una chiara facciata tridimensionale dalla trama forata, ma compatta e chiusa. Gli spazi collettivi e di servizio del personale (mensa e spogliatoi) sono collocati nel seminterrato. Il collegamento tra il Central Building e gli altri padiglioni è garantito dalla riqualificazione dei percorsi sotterranei esistenti, al piano -1. I corpi nord e sud, dal 2° al 6° piano, sono prevalentemente dedicati alle stanze di degenza. I livelli inferiori vedono una composizione funzionale più articolata, con la compresenza di laboratori, dialisi, pronto soccorso, ambulatori e aree per la terapia intensiva. I lati lunghi dei due corpi lineari sono affacciati esattamente a nord e a sud: una disposizione che consente di massimizzare l’effetto dell’irraggiamento solare sulle facciate esposte a meridione e di avere illuminazione diffusa in quelle esposte a settentrione. Lo spazio pubblico riconfigurato dal progetto supera i due ettari di superficie.

 

Nuovo ospedale pediatrico Buzzi

Il racconto dell’ampliamento dell’ospedale pediatrico Buzzi di via Castelvetro è storia italiana. Quando verrà inaugurato (il direttore dell’Asst Fatebenefratelli Sacco, Alessandro Visconti, parla del dicembre 2024) saranno trascorsi 16 anni dal progetto preliminare e dal finanziamento ministeriale, entrambi del 2008. Nel mezzo, una serie di ritardi burocratici che hanno procrastinato l’avvio dei lavori. L’ultimo degli intoppi, poi risolto, ha riguardato la bonifica dei terreni, sui quali sta sorgendo il nuovo complesso. Ad oggi risultano completate le parti strutturali dei piani interrato e seminterrato e iniziati i lavori di realizzazione delle strutture portanti dei piani superiori. Una volta terminato, l’edificio ospiterà i reparti di pronto soccorso, terapia intensiva, blocco operatorio e patologia neonatale dell’ospedale dei bambini. In sommità ci saranno una biblioteca e una ludoteca al servizio dei piccoli degenti e degli utenti della struttura, ambienti connessi tramite una rampa sensoriale al giardino terapeutico posto sul terrazzo. Il progetto architettonico consiste in un nuovo edificio collocato all’incrocio delle vie Castelvetro e San Galdino, nella zona nord della città. Il futuro polo pediatrico, che verrà connesso all’esistente blocco C tramite un volume che si sviluppa per tutta l’altezza del fabbricato, è di 7 piani, di cui uno interrato, un altro seminterrato e 5 fuori terra. In tutto saranno 63 i posti letto. Dal punto di vista funzionale, il piano interrato è destinato a ospitare i locali tecnici e i depositi, al seminterrato troverà spazio l’area diagnostica, al piano terra il pronto soccorso e la degenza pediatrica d’urgenza, al 1° la terapia intensiva e sub intensiva neonatale e la patologia neonatale, al 2° la terapia intensiva e sub intensiva e la degenza a bassa complessità chirurgica, al 3° il blocco operatorio e la sterilizzazione. Il costo delle opere è di 40 milioni: il 90% circa coperti dallo Stato (la legge di finanziamento è del 1988) e il restante dalla Regione. Stazione appaltante è la tecnostruttura regionale Infrastrutture Lombarde (artefice del progetto preliminare), mentre le opere saranno realizzate dal raggruppamento formato da Costruzioni Generali Gilardi e il Consorzio Innova, che si è aggiudicato l’appalto integrato e che ha realizzato la progettazione esecutiva.

 

Città della ricerca e della salute a Sesto San Giovanni

Il recente annuncio del sindaco Roberto Di Stefano è improntato all’ottimismo: “Stiamo lavorando affinché entro luglio inizi la cantierizzazione”. A contribuire al clima di fiducia verso un’operazione che ha subito numerosi stop è, come auspicato dal primo cittadino sestese, “L’acquisizione di Condotte da parte del gruppo Sorgente, vantando così la maggioranza relativa di Cisar con il 40%”. Dopo anni, l’operazione legata alla realizzazione sulle aree delle ex acciaierie Falck della Città della salute e della ricerca pare quindi riprendere il cammino. Il progetto, che porta la firma di Mario Cucinella Architects (esecutivo consegnato a gennaio 2023, approvazioni finali attese per novembre), parte dal concept dell’ospedale modello di Renzo Piano e Umberto Veronesi e ripercorre l’idea del luogo dell’ospitalità, con l’obiettivo di “umanizzare” l’ospedale. Per Cucinella si tratta di trasformare quella che una volta era chiamata la città delle fabbriche nella città della salute: un polo innovativo, multidisciplinare, di produzione immateriale, d’innovazione e di ricerca scientifica che dà vita a una nuova anima che arricchisce il grande parco urbano di cui si compone il recupero delle aree dell’ex acciaieria. Rispetto al concept iniziale di una decina anni fa, il progetto attuale introduce alcune novità. Il dialogo tra uomo e natura si esprime attraverso il verde come metafora della guarigione (con i 5 giardini del respiro, dell’emozione, della pienezza, del cambiamento e della rinascita). Gli spazi sono concepiti come luoghi di soggiorno, di relazioni umane, utilizzando elementi che comunicano sicurezza, orientamento e armonia. La proposta progettuale considera l’importanza dei due istituti di ricerca scientifica (Istituto nazionale dei tumori e Istituto neurologico Besta) che da Città studi, dove sono attualmente, si dovranno trasferire a Sesto San Giovanni: due centri di eccellenza del sistema sanitario nazionale e internazionale, soprattutto nel campo dell’oncologia e della neuroscienza. La Città della salute e della ricerca aspira a un modello edilizio e organizzativo nel quale le attività cliniche e di ricerca avvengono in luoghi contigui ma con proprie specificità, marcando una differenziazione con i modelli correnti di edilizia ospedaliera. Dalla grande piazza coperta, dove si trova il servizio di accettazione, si dipana la strada coperta, intesa come luogo pubblico, che dà accesso a tutti i servizi ambulatoriali e alle ampie serre pensate come luoghi d’incontro tra pazienti e visitatori. Su un’area di circa 200.000 mq troveranno spazio 119 ambulatori, 20 sale operatorie, 42 laboratori e 660 posti letto, per una previsione annuale di 24.000 ricoveri e oltre un milione e mezzo di esami e prestazioni ambulatoriali.

 

Immagine di copertina: l’ospedale Galeazzi Sant’Ambrogio nell’area di Mind (foto: Marco Antinori – Binini Partners)

 

Autore

  • Pietro Mezzi

    Architetto e giornalista professionista, iscritto all'Ordine dei giornalisti di Milano. Per anni ha lavorato all’interno di redazioni di testate specializzate nel settore delle costruzioni. Attualmente come freelance scrive per riviste di architettura, design, edilizia e ambiente. In passato ha svolto attività di ricerca nei settori delle costruzioni e dell’ambiente per enti pubblici e società private. È coautore del libro La città resiliente (Altreconomia; 2016)

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