Ma i diritti dei detenuti non interessano alla politica
Nonostante le numerose esperienze internazionali, il tema riguarda un drappello troppo piccolo per coinvolgere chi veramente decide in materia
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Dalla Libia all’Italia
La Libia, presidente dal 2003 della International Commission Human Rights presso l’ONU, decise di procedere alla redazione di un programma per le nuove carceri. Il mio studio fu incaricato del piano strategico (Tripoli, Sirte, Bengasi): un impegno complesso, per il confronto con una cultura diversa e per una legislazione lontana anche per motivi religiosi. Sotto l’osservanza della Commissione ONU presente nella capitale, con ingegneri e architetti (uomini e donne) dell’Università Fat’ah di Tripoli, guidai il gruppo per disegnare il piano pilota: sicurezza, sanità, lavoro, rispetto della relazioni umane e sostegno alla protezione della famiglia furono i principi sui quali il gruppo si mosse come finalità del progetto. La fase iniziale fu quella della sensibilizzazione sia dello staff alle problematiche sui diritti umani, sia dell’apparato burocratico e di governo per far accettare il programma. Nel 2008 la Commissione statale approvò la “Judical City”, la cittadella penitenziaria di circa 100 ettari nei pressi di Garian, a 80 km da Tripoli e Sirte, dove oltre al carcere più grande per 3.000 detenuti, laboratori, ospedale per malattie tropicali, magazzini generali e centro amministrativo, lo studio portò a buon fine anche la progettazione degli ambienti speciali destinati ai rapporti col coniuge.
In seguito, constatata l’assenza in Italia di specifici manuali destinati alla progettazione penitenziaria e alle sue molteplici problematiche, non solo architettoniche, si decise di pubblicare nel 2010 L’universo della detenzione. Negli anni successivi, a seguito della condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo, si rese necessario l’aggiornamento con la collaborazione di Provveditori del Dipartimento di amministrazione penitenziaria, di economisti e neuropsichiatri fu pubblicato Non solo carcere.
Basterà un’inchiesta?
Questa inchiesta non smuove troppo il mio pessimismo in riguardo al problema delle carceri in Italia. La delusione si è infiltrata riducendo quei meccanismi edonici che spingono l’uomo ad intraprendere l’azione quando è sostenuto dall’ottimismo della volontà e da qualche probabilità di successo. Con scarsezza di motivazioni e con il sospetto dell’inefficacia del risultato, è difficile affrontare un’inchiesta che meriterebbe approfondimenti più radicali sulle responsabilità politiche e amministrative, che sia severa nel giudizio e serena nelle valutazioni. Qui si tratta di una problematica importante ma che interessa solo un ristretto numero di architetti. Drappello troppo piccolo per coinvolgere chi veramente decide in materia.
Una domanda è comunque necessaria: la promozione dell’inchiesta è indirizzata agli architetti per scambiare idee sullo stato dell’arte o, più utilmente, per smuovere chi deve decidere? Segnatamente la politica, il parlamento, il governo, i dipartimenti competenti? È appena il caso di ricordare, purtroppo, che per i “decisori” politici il problema delle strutture carcerarie è un tema dal quale vorrebbero stare, come per il coronavirus, sempre rigorosamente lontani. Infatti, quale ingenuo politico in presenza oggi di una crisi così devastante, sarebbe disposto a sollevare il problema delle carceri? Oggi chi non vuole perdere voti deve parlare il meno possibile di diritti dei detenuti. Preferendo non spendere soldi per la costruzione di nuove carceri, non rimodellando la prassi penitenziaria in linea con quanto di bene si fa all’estero, non scegliendo per vere competenze. Purtroppo, libri, convegni, articoli e dibattiti pare che a nulla servano per l’aggiornamento della politica e dell’amministrazione circa gli immutati problemi delle carceri italiane. Quousque tandem abutere…?
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Dopo la laurea frequenta nel 1972 il corso biennale di Ingegneria del Traffico all’Università La Sapienza di Roma. Ha redatto diversi PRG di comuni abruzzesi, già direttore lavori dell’ampliamento dello scalo di Fiumicino, ha predisposto masterplan di diversi aeroporti italiani, insieme a piani del traffico e territoriali della Puglia, di Bari e della Regione Lazio. Ha insegnato Pianificazione territoriale, portuale e costiera alla Facoltà di Ingegneria del Salento. Nel 1985 ha lavorato come “senior architect” nello studio Skidmore e Owings & Merrill di Chicago. Ha redatto il piano strategico per le nuove carceri della Libia. Già consulente del Dipartimento amministrazione penitenziaria, ha scritto diversi articoli su quotidiani e riviste, curando due manuali dedicati all’approccio sistemico per la progettazione di carceri. Membro della Federazione italiana diritti umani (FIDU), fondatore del Centro studi penitenziari (CSP), collabora con l’Istituto superiore di sanità