La mia Milano, proiettata verso il futuro
La geografia sentimentale di una protagonista della scena culturale milanese
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Non sono architetto, né urbanista o sociologa, e forse per arrivare a creare con la mia cara Milano quel contatto autentico che dovrebbe appartenere alla sua natura profonda (e alla mia) cercherò di confidarvi le immagini che ho di lei davanti agli occhi e nella memoria; la Milano che lascio e ritrovo quando torno da un viaggio e più esattamente e semplicemente quale, delle sue tante facce e parti, è per me.
La mia Milano, come diceva Italo Calvino, non dice il suo passato ma lo contiene negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, nei corrimano delle scale ma, aggiungo io, anche il suo futuro. Lo si può intravedere da quelle stesse finestre se si osservano con attenzione le case, gli edifici, le piazze dove ora, dopo il silenzio e la pausa forzata a cui siamo stati costretti, le iniziative culturali ricominciano a far vibrare l’intera città. Ora che i suoi “operatori” (mi piace la parola “operatori” perché ci sta cosi bene poi con “operosi”), i suoi “operatori operosi” sono di nuovo in movimento…
La mia Milano parte da via Brera e arriva in via Pier Lombardo, costeggiando volta per volta gli edifici che, a seconda del traffico e la strada che in macchina decido di percorrere, mi sono familiari in ogni mattone o crepa. È lì che io la conosco davvero. Il Teatro Parenti fondato nel 1972, inaugurato il 16 gennaio 1973, la piscina Botta annessa al teatro e diventata i Bagni misteriosi, e ogni stradina intorno a quella che, nella mia fantasia, anni fa chiamavo “città della luna”. È qui che ho visto la città cambiare, ogni giorno diventare più bella, più viva. Ho visto la gente del quartiere che prima non ci amava perché portavamo vita e dunque rumore e parcheggi difficili, sorridere ogni volta che mi vede passare, e ho visto l‘intera zona riempirsi di giovani, quei giovani che dovranno prendersi cura e amare Milano come l’hanno amata tutti quelli con i quali sono cresciuta io.
La mia Milano è quella dei giardini pubblici e delle rocce, via Guastalla, la Sinagoga centrale e mio padre, il giorno di Kippur con il suo grande tallet (dove mi nascondevo per non vedere cosa producevano i suoni dello shofar nell’aria diventata pesante dopo un intero giorno di preghiere e di digiuno). E ancora le vie delle case dove ho abitato da bambina, via Domenichino e l’Ecole Sainte Jeanne d’Arc e più in là verso San Siro, le lycée francais de Milan.
La mia Milano è ricchezza di culture, libertà di sentirsi a casa, è il coraggio di accettare le sfide che ogni cambiamento necessario richiedeva. Nella sua storia è riuscita a rialzarsi sempre e oggi si sta interrogando, mentre da ogni parte anziché l’attesa che arrivi “la” soluzione, sta ricominciando a riattivarsi il tessuto delle sue iniziative culturali.
La senti, mia cara Milano, questa tensione di chi non fa finta di riprendere dal punto lasciato ma cerca nuove strade? Saprai cambiare per essere a misura delle donne, visto che ormai sembra che molte analisi riconoscano che questo migliorerebbe la qualità della vita di tutti? Una città con ancora pochissime vie al femminile, tu Milano, devi cominciare a dare alle vie un po’ di nomi di donne illustri (ce ne sono, oh sì ce ne sono), tu che come città d’acqua sei grembo materno, tu che hai una Maria che brilla nel tuo cielo, devi ritrovarla la tua anima femminile e realizzare, per fare un esempio, quella bella possibilità lanciata dalla sindaca di Parigi Anne Hidalgo e ripresa subito dal tuo sindaco, di avere tutto ciò che serve a 15 minuti di distanza: scuola / ufficio/ spesa / teatro.
Bonvesin de la Riva lo aveva capito già nel 1288: il segreto di Milano non sta nella sua immutabilità, ma nella sua capacità di cambiare. È un cantiere a cielo aperto, incessante nei secoli e produce beni immateriali, culturali, energia positiva che potrebbe svilupparsi e portare anche sviluppo economico in tante e variegate direzioni.
La mia Milano non dice il suo passato, è proiettata verso il futuro con la sua straordinaria capacità di guardare oltre le nuvole.
Immagine di copertina © Arianna Panarella
Dopo l’esordio come assistente alla regia al Piccolo Teatro di Giorgio Strehler e Paolo Grassi ha fondato, con Franco Parenti e altri artisti e intellettuali (tra cui Giovanni Testori, Dante Isella e Gian Maurizio Fercioni), il Salone Pier Lombardo, divenuto poi il Teatro Franco Parenti, una delle più creative istituzioni culturali di Milano. Regista e artista a tutto tondo oltre che imprenditrice, nel corso della sua lunga carriera ha firmato oltre cento regie teatrali (molte delle quali ormai nella storia del teatro italiano) dirigendo, tra gli altri, artisti come Franco Parenti, Isabella Ferrari, Antonio Albanese, Gioele Dix, Carlo Cecchi. Le sue regie spaziano dai classici ai contemporanei, con una particolare attenzione agli autori milanesi e al “teatro fuori dal teatro”, investendo alcuni luoghi topici della città, come il Castello Sforzesco, la Villa Palestro, il complesso di Brera. Tra i numerosi riconoscimenti: Montblanc de la Culture Arts Patronage Award (2011); Premio della critica “Paolo Emilio Poesio” (2015) dell’Associazione nazionale dei critici di teatro; Premio “Mela d’oro” Marisa Bellisario (2016). Il 14 luglio 2019 è stata nominata, dal presidente della Repubblica francese Chevalier de la Légion d’honneur