La casa svizzera: sperimentazione e consolidamento

La casa svizzera: sperimentazione e consolidamento

Dal processo al progetto, la scena elvetica e l’approccio alla questione abitativa

 

Published 05 giugno 2024 – © riproduzione riservata

Come ci raccontano gli esiti di alcuni interventi recenti, la Svizzera è tornata ad assumere un ruolo centrale nella ricerca sul progetto residenziale. Un recente numero monografico della rivista ticinese «Archi» (maggio 2023) ha messo in luce come, nell’arco degli ultimi trent’anni, questo ruolo si sia ulteriormente rafforzato, esprimendo un approccio votato all’innovazione sia sulla relazione tra unità abitativa ed edificio che su quella tra edificio e città.

 

Famiglie che cambiano, cooperative che crescono

La sperimentazione sulla cellula residenziale sembra oggi polarizzarsi attorno a due temi complementari. Uno consiste nel superamento del tradizionale appartamento per famiglie – che, come già annotato nel 2011 da Andreas Hofer in un articolo su «TEC21», risulta poco efficiente, costoso nella gestione e inadeguato a offrire efficaci risposte alle sempre più frammentate esigenze abitative – e alla formulazione di nuove configurazioni spaziali come le Cluster-Wohnungen, concepite come sistemi flessibili intergenerazionali caratterizzati dall’aggregazione di unità autonome (composte da una o due camere, un bagno e una mini-cucina) e spazi collettivi (con cucina-pranzo e soggiorno, zona giochi e zona studio). L’altro è determinato dal più attento ascolto di tali esigenze attraverso l’adozione di un processo cooperativo, la cui articolazione è stata più volte analizzata da una critica che ne ha messo a confronto le ragioni, le ricadute progettuali e, nel caso di Zurigo, alcuni esempi pilota come il quartiere Mehr als Wohnen (2009-2015) o il complesso Kalkbreite (2012-2014).

 

Oltre la Swiss Box

La ricalibrazione del rapporto tra edificio e città interessa invece sia le tecniche di densificazione che la presa di distanza dalle strategie insediative del passato. Il primo aspetto risulta evidente nello sviluppo in altezza di una serie di nuove costruzioni che – tra Zurigo, Losanna e Basilea – testimonia una progressiva trasformazione dello skyline urbano e rappresenta uno dei caratteri distintivi dell’architettura della Svizzera tedesca e francese rispetto a quella italiana, ove quello sulla verticalità resta un campo di approfondimento in gran parte inesplorato. Il secondo, riguardante l’approccio critico verso gli schemi insediativi degli anni ’80 e ’90, si manifesta invece nella messa in discussione del modello della Swiss Box.

Il dialogo tra architettura e città, come possiamo osservare riesaminando gli interventi residenziali dei primi anni Duemila, era in passato garantito da un dispositivo ricorrente come l’impianto a griglia, che favoriva un solido radicamento dal punto di vista morfologico e insediativo con il costruito. Molte opere di autori come Burkhalter & Sumi, Camenzind Evolution, EM2N o Gigon & Guyer rispondevano a questo principio adottando rigide corrispondenze geometriche sia tra gli spazi che costituivano i singoli edifici che, in aggregazioni plurali, tra gli edifici che componevano il sistema. Gli interventi di questi ultimi anni si sono fatti invece dimensionalmente più rilevanti e volumetricamente più complessi, evidenziando forme e linguaggi che, per riprendere un’immagine messa a fuoco da Carlo Prati (vedi box), si riferiscono più al modello del frammento che a quello del cristallo, e quindi più all’indagine tipologica di un’architettura “introflessa e archetipica” che all’affinamento dell’involucro di un’architettura “estroflessa e osmotica”.

 

Sperimentazioni tra casa e città, tra progetto e processo

Più in generale, rispetto al rapporto tra casa e città, la nuova architettura svizzera dimostra come – pur nell’esplorazione di diverse forme espressive e negli studi sulla flessibilità e sulla sostenibilità ambientale – il dialogo con il contesto urbano sia ancora una priorità per la cultura del progetto, anche in quella nozione aumentata in cui si sovrappongono la sua dimensione presente, quella invisibile e quella assente, come illustrato in un articolo del 2021 da Bruno Marchand e Lorraine Beaudoin.

Molti recenti interventi – come i Künstlerateliers Erlenmatt Ost di Degelo Architekten a Basilea (2018-2019), Zollstrasse Ost di Esch Sintzel a Zurigo (2017-2019), il complesso Vier Jahreszeiten di Bearth & Deplazes a Coira (2018-2020), l’Écoquartier du Stand di Farra Zoumboulakis & associés a Nyon (2019-2022), Le Bled di TRIBU Architecture a Losanna (2020-2023) o La Coulouvrèniere di Archiplein a Ginevra (2021-2023) – sono accomunati da una decisa attitudine alla sperimentazione che non rinuncia a intessere relazioni a diversi livelli con luoghi e contesti, indicando con questo atteggiamento una specificità dell’architettura residenziale della Svizzera tedesca e francese.

Differente pare al momento la situazione nella Svizzera italiana, dove l’opzione cooperativa si è affacciata solo di recente nelle pratiche concorsuali e dove la cultura del progetto – più focalizzata sul tema della casa unifamiliare, a schiera o a piccoli blocchi – si è più raramente misurata su una dimensione realmente collettiva dell’abitare. Guardiamo quindi con interesse all’evoluzione della ricerca di questi anni, al bivio tra il mantenimento di una concezione estensiva e a bassa densità del territorio e l’apertura verso una nuova interpretazione – dal progetto al processo – del tema residenziale.

 

Immagine di copertina: il complesso Le Bled di TRIBU Architecture a Losanna (2020-2023; @ Dylan Perrenoud)

 

Letture svizzere

In più occasioni la rivista svizzera «Archi» ha dedicato spazio al tema dell’abitare. Nel numero 3/2014, in particolare, racconta il densificare con qualità a Zurigo attraverso gli edifici alti di Marcel Meili & Markus Peter, Loeliger Strub Architektur, Peter Märkli, Burkhalter Sumi Architekten e Darlington Meier Architekten. A questi si aggiungono i più recenti interventi di Diener & Diener, Gigon & Guyer e Atelier WW e Herzog & de Meuron presentati nel numero 5/2023, dedicato specificatamente al tema dell’abitare collettivo.

Bruno Marchand e Lorraine Beaudoin hanno sistematizzato le loro ricerche sul tema in diverse pubblicazioni: Mix: mixité typologique du logement collectif de Le Corbusier à nos jours (PPUR, 2014); Le cooperative di abitazione in Svizzera e la ricerca moderna dell’innovazione, in «Archi» (1/2018); Contextes. Le logement contemporaine en situation (EPFL Press, 2021).

L’articolo riprende alcuni approfondimenti sul progetto residenziale in Svizzera di Stefano Guidarini (New Urban Housing. L’abitare condiviso in Europa, Skira, 2018) e Dominique Boudet (New Housing in Zurich. Typologies for a Changing Society, Park Books, 2017).

La citazione di Carlo Prati si ritrova nell’articolo Itinerario svizzero pubblicato ne «L’industria delle costruzioni» (n. 385, 2005). Allo stesso autore romano si deve un lavoro recente sull’architettura svizzera: Elementi e forme dell’architettura svizzera contemporanea, Libria, 2024 (pp. 176, € 20). Il volume si compone di due parti: la nuova edizione aggiornata di Cinque architetture svizzere. Progetto, inconscio, natura (Libria, 2016) e il saggio Quattro caratteri dell’architettura svizzera contemporanea: figurazione, intersezione, instabilità, relazione. Preziosamente arricchito da disegni dell’autore, il libro racconta come “l’architettura elvetica possa costituire un campo d’indagine preferenziale per la ricerca scientifica sulle discipline del progetto”, facendo riferimento ad alcuni temi ricorrenti: regionalismo, internazionalismo e conseguente dialogo (che pare ininterrotto) con il Movimento moderno, rapporto con la natura, equilibrio tra misura e proporzione, dialogo tra creazione artistica e manufatto, sacralità del costruire. Perché “in Svizzera l’architettura in quanto disciplina è sempre vissuta come costruzione”.

Autore

  • Matteo Moscatelli

    Architetto e PhD, si è laureato al Politecnico di Milano. Nell’ambito della residenza collettiva e dello spazio pubblico, su cui si concentra la sua attività professionale e di ricerca, ha ricevuto diversi riconoscimenti, tra cui il primo premio per il progetto di riqualificazione di piazza Libertà e del centro storico di Lissone, in corso di realizzazione. Ha pubblicato monografie e saggi su riviste di settore ("Area", "Arketipo", "Casabella", "L’Industria delle Costruzioni"). Svolge attività didattica al Politecnico di Milano ed è redattore della rivista “Archi”. Dal 2024 è presidente dell’Archivio Cattaneo

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