Italiasicura Scuole: se una cosa funziona… meglio chiuderla
Il segretario generale dell’IN/Arch Francesco Orofino riflette sulla chiusura della struttura di missione che in soli quattro anni ha consentito la realizzazione di numerosi interventi sul patrimonio scolastico esistente
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Ogni anno in prossimità della riapertura dell’anno scolastico torniamo a leggere articoli e analisi sulla drammatica situazione degli edifici in cui mandiamo i nostri figli. Citiamo, tra i tanti, i dati diffusi da Legambiente: oltre il 41% degli edifici scolastici si trova in zona sismica 1 e 2, cioè a rischio di terremoti fortissimi o forti; il 43% di questi risale a prima del 1976, e cioè a prima dell’entrata in vigore della normativa antisismica; solo il 12,3% delle scuole presenti in queste aree risulta progettato o adeguato successivamente alle tecniche di costruzione antisismica. Il 58% delle nostre scuole non rispetta le norme antincendio; nei comuni capoluogo oltre il 40% degli edifici ha necessità d’interventi di manutenzione urgenti. Per non parlare dell’adeguamento energetico e dell’adeguamento degli spazi alle nuove esigenze didattiche.
Una vera emergenza nazionale di difficile soluzione, per la quale occorrono risorse ma anche capacità di elaborare strategie unitarie e di coordinare gli interventi dei tanti soggetti coinvolti: Stato, Regioni, Aree metropolitane, Comuni.
Nel 2014 un primo tentativo in questa direzione era stato compiuto istituendo, presso la Presidenza del Consiglio, una struttura di missione dedicata specificatamente al tema della messa in sicurezza del patrimonio immobiliare scolastico: Italiasicura Scuole, coordinata all’architetta Laura Galimberti. L’obiettivo, tra gli altri, era di cercare una gestione unitaria delle politiche per l’edilizia scolastica, superando, una volta tanto, l’ostacolo rappresentato dalle decine di enti “investiti”, ciascuno per proprio conto, di competenze più o meno chiare in materia, spesso in contrasto tra loro o, nel migliore dei casi, con seri problemi di comunicazione.
In quattro anni di attività la struttura ha ottenuto, attraverso diverse fonti di finanziamento, 10 miliardi per l’edilizia scolastica, assegnando, sino al 2018, 5,2 miliardi agli enti locali. Ha consentito la realizzazione di 12.415 interventi su 8.114 edifici; ha promosso la programmazione triennale delle Regioni e l’attivazione dell’Anagrafe scolastica, ha coordinato la realizzazione di 300 nuove scuole. Ancora poco, certamente, rispetto ai tanti problemi aperti: ma sicuramente l’unità di missione si è rivelata uno strumento efficace per avviare, dopo anni d’immobilismo, un diverso approccio al tema della qualità e della sicurezza delle scuole nel nostro Paese. Insomma, nel suo piccolo, una cosa che funziona pur tra mille difficoltà: anzi funzionava. Perché il 4 luglio 2018, il governo Conte ha chiuso la struttura di missione ritenendolo un “ente inutile” e “restituendo” tutte le competenze al MIUR: naturalmente accompagnando il provvedimento con la promessa solenne di proseguire in altre forme l’impegno per migliorare lo stato delle nostre scuole.
La domanda che sorge spontanea è: perché? La risposta banale sarebbe: perché in Italia, se una cosa funziona, è sempre meglio chiuderla. Ma per il momento ci limitiamo ad attendere che il governo ci spieghi quali soluzioni alternative saranno trovate in grado di far molto meglio e molto più di italiasicura: nella speranza che i progetti avviati dalla struttura di missione non subiscano alcun arresto o ritardo per… passaggio di competenze.