Alberto Campo Baeza, Casa dell’infinito (Cádiz, 2014, Image courtesy of Arch. Alberto Campo Baeza, © Javier Callejas)

Il sacro, finestra aperta sulla trascendenza

Il sacro, finestra aperta sulla trascendenza

Bisogna recuperarne il valore in opposizione al “mondano”, non solo quando ci si occupa di programmi religiosi

 

Published 26 gennaio 2022 – © riproduzione riservata

Anzitutto mi pare opportuno distinguere tra “il sacro” e le chiese, le cattedrali e gli altri edifici di carattere religioso. Il programma di questi, infatti, trova la propria origine in una condizione di sacralità, ma è altrettanto evidente che “il sacro” trascende gli edifici propriamente detti.

Certamente possiamo convenire sul fatto che l’evoluzione della nostra società – nell’attuale contesto occidentale – pare avere abbandonato le tradizioni della fede cristiana. Questa tendenza si sta rendendo visibile anche nel paesaggio costruito – le città – dove vanno dileguandosi le presenze del sacro cristiano, al pari di altre tradizioni e ricordi.

Tuttavia, oltre queste manifestazioni, vi è un anelito comune che resta iscritto più in profondità nel cuore di tutti gli uomini: il loro inalienabile desiderio di trascendenza. Quando nell’insegnamento – che nei nostri ambiti deve essere inteso come sforzo volto ad una comprensione del mondo, della nostra natura e di noi stessi – appare questo mistero intrinseco all’umano, in relazione alla cultura, o più precisamente all’architettura, io avverto sempre l’interesse di tutti, studenti e colleghi.

Occorre recuperare e fare presente il valore de “il sacro” nella nostra attività d’insegnamento, in opposizione al profano, anzi al “mondano”, che tante volte, quasi inevitabilmente, ci aliena e avvilisce. Il recupero de “il sacro” implica una finestra aperta sulla trascendenza e, pertanto, sulla nostra più genuina e profonda vocazione umana. Tuttavia questa finestra – una sorta di Aleph Borgiano, di osservatorio del tutto e, pertanto, anche di noi stessi – si apre in modi assai differenti, mediante occasioni diverse e in forma molto particolare rispetto alla nostra condizione di creaturalità, considerando cioè l’abitare dell’uomo.

La conquista di questo punto di vista apre la considerazione del sacro a quasi tutti i programmi, non solo a quelli religiosi. Fors’anzi il più essenziale è quello domestico. Proprio in questo momento sto preparando un testo sull’opera dell’architetto spagnolo Alberto Campo Baeza che, pur non avendo mai costruito una chiesa, maneggia con piena consapevolezza il linguaggio del sacro nelle sue case e in altri programmi.

Ad altre scale, il sacro coinvolge la città o anche il pianeta intero: l’architettura feriale, del quotidiano, deriva allora la sua dignità dalla sottolineatura di ciascun momento, dalla sottolineatura del mistero occulto in ciascun istante della nostra esistenza, dalla riflessione sul valore delle nostre azioni rispetto all’umanità intera: a quelli che sono, a quelli che furono e a quelli che saranno. Da queste considerazioni, ogni possibile tema architettonico acuisce una dimensione sacrale che ci rende degni e ci nobilita.

Ciò non impedisce che vi siano programmi direttamente legati al sacro cristiano e al religioso: una chiesa, una cappella, un eremo. Nella mia attività d’insegnamento ho sempre rilevato l’interesse di moltissimi studenti per queste proposte, forse proprio per la loro relativa rarità nel nostro tempo o perché in fondo esse risuonano, che ci piaccia o no, alle origini della nostra cultura europea, come nostre radici. Devo dire che nella prassi della mia esperienza docetica queste occasioni mi hanno permesso d’intravedere lo splendore di molti sguardi che bramano ciò che non hanno.

Credo si debbano considerare questi temi progettuali con speciale attenzione anche nell’ambito della conservazione e del restauro, considerando i tesori architettonici che abbiamo ereditato dal passato, presentandoli con la medesima naturalezza e frequenza con cui vengono proposti altri temi. Se ne rivendicherebbe così il valore culturale ma, soprattutto, si darebbe occasione a piccole e grandi scoperte collettive e personali. Quante volte questo modo di fare sarà occasione al mistero per farsi presente nella vita dei nostri studenti e colleghi. Per evocare ricordi o accendere momenti luminosi, toccati dallo splendore della trascendenza.

Di fronte alla spersonalizzazione che pare talvolta conseguire all’approccio scientifico, si fa necessaria una sincera e naturale affermazione di valori, oggi più che mai. Tuttavia questo non significa l’imposizione di un’ottica. Si tratta piuttosto, come già ho cercato di esprimere, di non rinunciare alla componente del sacro nel programma di formazione dei nostri studenti, di considerarlo come uno spazio di condivisione d’inquietudini in cui, quando ci sia richiesto o sembri opportuno, rivelare anche la nostra visione del mistero, del sacro. Solo con questo impegno presenteremo ciò che abbiamo ricevuto con naturalezza e senza complessi.

Con queste due premesse, di disponibilità ad un coinvolgimento personale, e di ripresa dei temi del sacro nell’insegnamento di architettura – ora sì, chiese e cattedrali incluse -, saremo in condizioni di avvicinare il mistero, inteso come componente irrinunciabile dell’umano e, quindi, imprescindibile nella formazione di tutti i futuri architetti.

 

Immagine di copertina: Alberto Campo Baeza, Casa dell’infinito a Cadice (Spagna, 2014). Foto di Javier Callejas

Autore

  • Eduardo Delgado Orusco

    Architetto e dottore di ricerca in Architettura, insegna Progettazione architettonica presso la Scuola di Ingegneria e Architettura dell’Università di Saragozza (ES). Autore di numerosi articoli e pubblicazioni sull’architettura e sull’architettura sacra in particolare, anche i suoi lavori di architettura sono stati più volte premiati (COAM Award, XII BEAU Award, XIII BEAU Short listed, Madrid 100%, Archizinc, Big Mat) e pubblicati (Arquitectura, Arquitectura Viva, On Diseño, Bauwelt, C3, Future, Pasajes).

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