Il ponte dei sospiri: oltre 50 anni di ipotesi e progetti

Il ponte dei sospiri: oltre 50 anni di ipotesi e progetti

Una breve cronistoria, alla luce dei recenti sviluppi. Attraversamento stabile o dinamico? Ponte sospeso a campata unica o a più campate?

 

Published 22 marzo 2023 – © riproduzione riservata

Una storia lunga oltre 50 anni, quella del progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, che ha inizio nel 1968 con la legge 384 che conferisce ad Anas, Ferrovie dello Stato e Cnr il compito di valutare la fattibilità dell’opera. L’anno successivo il Ministero dei lavori pubblici bandisce un “Concorso internazionale di idee per un progetto di attraversamento stabile stradale e ferroviario dello Stretto di Messina”. Nel 1971 il governo autorizza la costituzione di una società per la progettazione, la realizzazione e la gestione del ponte. Dopo il susseguirsi di diversi progetti viene scelto quello a campata unica. Nel 1997 il Consiglio superiore dei lavori pubblici esprime parere favorevole e quattro anni più tardi il ponte sullo Stretto viene inserito tra le opere considerate strategiche per il Paese. Poco dopo, nel 2003, il Cipe approva il progetto preliminare. Nel 2004, sotto il governo Berlusconi, il consorzio Eurolink guidato da Impregilo vince il bando e viene varato il piano finanziario: il costo totale per realizzare l’opera è di 6,16 miliari di euro. Il progetto viene però fermato nel 2008 dal governo Prodi, fatto ripartire dal governo Berlusconi nel 2011 e di nuovo bloccato nel 2012 dal governo tecnico di Monti. Si torna a parlare del ponte nel 2021 quando il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini rilancia il progetto a tre campate, da finanziare con soli fondi pubblici.

Il 16 marzo 2023, infine, il Consiglio dei Ministri ha dato il via libera a un testo che consente l’immediato riavvio del percorso di progettazione e realizzazione dell’opera. Il decreto prevede la rinascita della Società Stretto di Messina e di ripartire dal progetto definitivo del 2011 che immaginava la realizzazione di un ponte a una sola campata sostenuto da cavi con piloni alti fino a 400 metri e un impalcato di 60,4 metri di larghezza. Con i suoi 3.300 m di luce diventerebbe il più lungo ponte al mondo. Il progetto verrà adeguato alle nuove norme tecniche, di sicurezza e ambientali e rappresenterà “il fiore all’occhiello dell’arte ingegneristica italiana“. Come ha tenuto a sottolineare il vicepresidente del Consiglio e ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini,”si tratta di un’opera fortemente green: consentirà di ridurre l’inquinamento da anidride carbonica, oltre a permettere un consistente risparmio di tempo e denaro a tutti coloro che devono attraversare lo Stretto. Infine, sarà motivo di grande attrazione turistica“.

Quindi, con la scelta di un ponte a campata unica il decreto torna indietro di dieci anni e sembra ignorare completamente le valutazioni espresse ad aprile e a luglio 2021 dai due Gruppi di lavoro (GdL) istituiti l’anno precedente dalla Struttura tecnica di missione per l’indirizzo strategico, lo sviluppo delle infrastrutture e l’alta sorveglianza del Ministero delle Infrastrutture e della mobilità sostenibile del Governo Conte.

Il primo GdL è stato istituito il 27 agosto 2020 con l’incarico definire: a) le motivazioni socio-economiche e trasportistiche per la realizzazione di un sistema di attraversamento stabile dello Stretto di Messina; b) il processo decisionale da adottare per la selezione dei progetti; c) le alternative progettuali e tecnologiche da approfondire nel progetto di fattibilità; d) i contenuti della prima fase del progetto di fattibilità tecnica ed economica. Il secondo GdL, istituito il 3 settembre 2020, è stato invece incaricato di “svolgere approfondimenti sulla situazione attuale di attraversamento dello Stretto, fornendo indicazioni su possibili efficaci azioni di miglioramento infrastrutturale e dei servizi, nelle more delle future realizzazioniˮ. Alle attività dei due GdL hanno contribuito alcuni dei massimi esperti degli ambiti scientifici e tecnici pertinenti. Fra gli altri autorevoli componenti, il GdL sull’attraversamento stabile comprendeva l’ex Rettore del Politecnico di Milano Ferruccio Resta  e il Presidente dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia Carlo Doglioni.

Le attività dei due GdL sono state sviluppate in parallelo e in maniera integrata riguardando ambiti complementari e non alternativi e le risultanze sono descritte in due report (La valutazione di soluzioni alternative per il sistema di attraversamento stabile dello Stretto di Messina e Prospettive e innovazioni nel sistema di mobilità per l’attraversamento dinamico dello stretto di Messina) e nel documento congiunto del 27 luglio 2021 (Il sistema di attraversamento dello Stretto di Messina, Proposte per l’attraversamento stabile e interventi per il miglioramento dell’attraversamento dinamico).

Le conclusioni sono andate nella direzione di realizzare un collegamento stabile fra la Sicilia, l’Italia e l’Europa nel contesto della Rete europea dei trasporti TEN-T (la tratta Reggio-Messina essendo parte del corridoio Scandinavo-Mediterraneo), prevedendo per il collegamento stabile la soluzione in via prioritaria di un ponte a più campate ed evidenziando tutte le controindicazioni del ponte a campata unica, quali la sfida ingegneristica eccessiva e le troppe controindicazioni urbanistiche, trasportistiche e ambientali.

I report concludevano che il passo successivo del Progetto di fattibilità tecnica ed economica avrebbe dovuto comunque confrontare le proprie conclusioni con lo “scenario di non intervento” (solo collegamento dinamico, ossia con i risultati nel frattempo ottenuti o previsti con il solo miglioramento del collegamento dinamico navale), e che la scelta di procedere al progetto finale del collegamento stabile (il ponte) avrebbe dovuto essere comunque sottoposta a pubblico dibattito.

Il GdL sull’attraversamento stabile ha espresso anche l’opinione che non siano invece da prendere in esame nello studio di fattibilità le soluzioni a tunnel in mare in relazione a rischi quali presenza di faglie attive sulle sponde, effetto tsunami in caso di terremoti distruttivi, frane e correnti sottomarine, interazione con natanti sottomarini o in affondamento, criticità ambientale ecc., e neppure le soluzioni a tunnel sottomarino, in relazione soprattutto ai rischi indotti dalle faglie sismiche attive con dislocazioni attese fino a 3 metri in caso di sisma, nonché in ragione dell’eccessiva lunghezza delle gallerie di raccordo stradali e ferroviarie.

Per quel che riguarda l’attraversamento dinamico il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili (Mims) ha programmato, a valere sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), sul Fondo Nazionale Complementare (FC) e su altre risorse, numerose azioni volte a migliorare nel breve termine l’attraversamento dinamico dello Stretto, con conseguenze positive sul benessere dei cittadini e la competitività delle imprese, al fine di migliorare l’attraversamento ferroviario e quello veloce dei passeggeri, e favorire la transizione ecologica della mobilità marittima e ridurre l’inquinamento. Le risorse stanziate per gli interventi ammontano a 510 mln di euro. Si tratta del più ampio investimento nell’area dello Stretto effettuato dallo Stato da molti anni a questa parte. Si veda il documento del Mims del 7 marzo 2022 (Il PNRR per migliorare l’attraversamento dinamico dello Stretto di Messina).

Immagine di apertura, Il ponte sospeso a due campate e la metropoli futura dello Stretto, 2° Premio ex-aequo concorso 1969 Gruppo Samonà (Giuseppe Samonà, Maria Angelini, Alessandro Orlandi, Alberto Samonà, Livia Toccafondi, Giulio Pizzetti, Luigi Masella, Mario Alberto Chiorino, Rosalba Ientile, Giorgio Berriolo e Giorgio Spirito)

La soluzione a più campate: il concorso del 1969 e la testimonianza di Mario Alberto Chiorino

La soluzione del ponte a più campate riprende quella che nel “Concorso internazionale di idee per un progetto di attraversamento stabile stradale e ferroviario dello Stretto di Messina” del 1969 venne prospettata anche dal Gruppo Samonà che più di 50 anni fa si aggiudicò il secondo premio ex aequo con altri 5 progettisti e studi di ingegneria italiani e internazionali (fra i quali lo studio di Pier Luigi Nervi con un progetto di ponte a campata unica). Abbiamo interpellato Mario Alberto Chiorino, professore emerito di Scienza delle costruzioni al Politecnico di Torino, socio nazionale dell’Accademia delle Scienze di Torino e uno dei cinque italiani membri onorari dell’American Concrete Institute, che faceva parte di quel gruppo.

 

Professor Chiorino, che cosa prevedeva il vostro progetto?

Al concorso parteciparono 154 studi di progettazione italiani e internazionali. Furono assegnati sei primi premi e sei secondi premi ex aequo. I dodici progetti premiati riguardavano: 2 ponti sospesi a campata unica, 5 ponti sospesi a più campate, 2 ponti strallati a più campate, 1 ponte tubolare subacqueo, 1 tunnel sommerso (posato su diga in rockfill) e 1 tunnel sotterraneo. Il progetto del gruppo Samonà prevedeva un ponte a due campate di 1.800 metri di luce con pila centrale in mare e due semicampate laterali con altre due pile in acqua in prossimità delle rive. La scelta del tracciato era stata effettuata con molta attenzione tenendo presente la batimetria dello Stretto e collocando la pila centrale in corrispondenza della sella del fondale al centro dello Stretto. Questa opzione consente una collocazione del ponte non in corrispondenza della minima estensione dello Stretto (quindi un ponte più lungo rispetto alla scelta del ponte a campata unica di 3.300 metri collocato in corrispondenza del punto di minima distanza fra Sicilia e Calabria pari circa 3 km), e offre i vantaggi di un tracciato posto leggermente più a sud, più prossimo ai centri abitati di Messina e Reggio Calabria e quindi in grado di favorire anche la mobilità interurbana della “Metropoli dello Stretto”, nonché collocato a maggiore distanza dalle aree naturalistiche pregiate come il lago di Ganzirri. La possibilità di raccordare verso terra con adeguata pendenza il piano viabile delle campate laterali dell’impalcato consente inoltre di ridurre l’altezza e l’estensione dei viadotti di raccordo sulle sponde dello Stretto. Inoltre l’altezza delle pile, e del connesso sistema dei cavi di sospensione dell’impalcato è sensibilmente minore e paesaggisticamente assai meno impattante rispetto a quella richiesta per le due grandi pile della soluzione a campata unica.

Dunque un’ipotesi che, sostanzialmente, corrisponde con quella elaborata nel 2021 dal GdL del Ministero.

In realtà il GdL ipotizza addirittura una soluzione a tre campate, con due pile in mare. La scelta definitiva della partizione in campate e collocazione delle pile dovrebbe naturalmente essere sottoposta ad approfondimenti rispetto alle problematiche relative, fra le altre, a navigabilità, correnti marine, aspetti geotecnici connessi alla realizzazione delle fondazioni ecc. Il nostro progetto aveva inoltre una caratteristica organizzazione spaziale dei cavi di sospensione ottenuta attraverso una concezione “scultorea” delle pile di sostegno del ponte “a corna di bue”, con le sommità delle pile fortemente distanziate in senso trasversale al ponte. Un’organizzazione spaziale (adottata anche nel progetto di Nervi a campata unica) in grado di offrire un’elevata resistenza all’azione laterale del vento. A tal fine il nostro progetto prevedeva anche l’inserimento in ogni campata di una catenaria rovescia al di sotto dell’impalcato, e ancorata alle basi delle pile. La compatibilità delle catenarie rovesce, così come anche la stessa quota di collocazione dell’impalcato del ponte, dovrebbero essere oggi verificate rispetto agli attuali franchi liberi richiesti per la navigazione, certamente maggiori rispetto a quelli di 50 anni fa.

Perché il progetto ha avuto una storia così travagliata?

Oltre alle complesse vicende a livello politico, ciò è avvenuto anche perché a partire dagli anni ottanta la scelta è stata quella del ponte a campata unica, che rappresentava e rappresenterebbe tuttora, nonostante gli ampi studi e ricerche svolti nei decenni scorsi da parte dei gruppi di progetto e degli esperti coinvolti, una sfida molto forte rispetto alle conoscenze e tecnologie disponibili, che hanno condotto ad oggi fino a luci massime dell’ordine dei 2.000 metri: dal ponte Akashi in Giappone del 1998 (1.991 metri), al ponte Canakkale recentemente inaugurato sui Dardanelli (2.023 metri). Il grande nemico dei ponti sospesi di grande luce è il vento, che crea problemi seri di oscillazione e di possibile instabilità.

Nel PNRR è previsto un ingente finanziamento per migliorare l’attraversamento dinamico dello Stretto. Non è uno spreco, sapendo che il ponte verrà realizzato?

Oltre al GdL sull’attraversamento stabile dello Stretto, nel corso degli ultimi due anni il Ministero ne ha istituito anche uno per il miglioramento dell’attuale sistema di attraversamento dinamico, con le navi traghetto. I due GdL hanno considerato che il miglioramento del collegamento dinamico, da effettuarsi attraverso il PNRR, si rende comunque necessario sin da subito per risolvere gli attuali gravi problemi di tempi e di attese per l’attraversamento dello Stretto, e in considerazione dei tempi in ogni caso necessari per sviluppare tutti gli stadi del progetto per l’attraversamento stabile e, soprattutto, in considerazione dei tempi di cantiere. I due GdL hanno lavorato in sinergia e ne è emersa comunque la scelta prioritaria di un attraversamento stabile con ponte sospeso a più campate, anche in presenza del previsto potenziamento dei collegamenti marittimi per il collegamento dinamico. Come accennato in premessa, è stato peraltro stabilito che la valutazione finale dell’utilità dell’attraversamento stabile dovrà comunque essere effettuata a valle di un progetto di fattibilità che ne consenta un confronto rispetto alla soluzione di riferimento rappresentata dall’attraversamento dinamico con tutte le relative migliorie previste dal PNRR, e che il progetto del ponte dovrà essere comunque in ogni caso sottoposto a dibattito pubblico, come previsto dalla legislazione vigente.

 

 

 

Autore

  • Milena Farina

    Nata a Roma (1977), si laurea nel 2002 all’Università di Roma Tre, dove è Professoressa associata di Composizione architettonica e urbana presso il Dipartimento di Architettura. Nella sua attività di ricerca si occupa in special modo dello spazio dell’abitare nella città moderna e contemporanea. È autrice dei libri “Spazi e figure dell’abitare. Il progetto della residenza contemporanea in Olanda” (Quodlibet 2012), “Borgate romane. Storia e forma urbana” (Libria, 2017), Colonie estive su due mari. Rovine, progetto e restauro del moderno (GBE, 2021). Nel 2008 ha fondato con Mariella Annese lo studio Factory Architettura. Dal 2004 collabora con “Il Giornale dell’Architettura”

    Visualizza tutti gli articoli