I numeri di una rivoluzione silenziosa
Il ripensamento dei luoghi della vecchiaia richiede l’adattamento degli ambienti domestici per lo sviluppo di abitazioni age-friendly
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Published 05 settembre 2022 – © riproduzione riservata
Ripensare ai luoghi dove viene vissuta la vecchiaia appare questione attuale di fondamentale importanza. Anche i numeri sembrano dircelo con sempre maggiore chiarezza: quasi il 40% dei nuclei famigliari italiani comprende un anziano (over 65); il 13% di questi nuclei è composto da anziani soli, in condizione di non autosufficienza; i dati del 2020 specificano, per classi di età, che vivono in condizione di solitudine (il 35% degli anziani tra i 75 e i 79 anni, il 39% della fascia 80-84, ben il 45% degli over 85). Questo si traduce in una stringente necessità di cure e assistenza: il 5,4% riceve cure a domicilio, il 2,6% conta su un’assistenza costante, il 6,1% condivide con un/una badante l’abitazione.
L’urgenza di un approccio rinnovato
Rispetto all’abitazione, i dati più recenti dimostrano come siano circa 2,5 milioni gli anziani italiani che vivono nella propria casa (di proprietà o in affitto); ben più basso (un decimo circa, si calcola 278.000 anziani) il numero di chi vive invece in strutture socio-assistenziali istituzionalizzate e ospedaliere. Proprio questo ultimo dato rende quanto mai urgente un approccio rinnovato rispetto alle possibili iniziative da attuare nell’ottica di adattare gli ambienti domestici alle esigenze della popolazione senior. In particolare, su tre aspetti.
Architettura e funzionalità. Una prima urgenza riguarda la risoluzione dei caratteri di inadeguatezza strutturale degli immobili attraverso azioni atte a migliorare gli standard di comfort, come l’abbattimento delle barriere architettoniche domestiche e una maggiore attenzione rivolta agli ambienti più critici come bagno e cucina, dove è più facile avvengano gli incidenti.
Arredi e materiali. Oltre all’adeguamento del proprio domicilio tramite opere mirate, possono similmente essere delineate azioni definite preventive, ovvero in grado di considerare esigenze e pericoli futuri. Secondo quest’ottica, l’utilizzo della domotica è il passo successivo per il superamento delle barriere architettoniche, in quanto non solo permette la fruibilità dell’ambiente, ma trasforma il medesimo in base alle esigenze dell’abitante, trasformandolo, di fatto, in una casa intelligente.
Dispositivi tecnologici. Un ulteriore passo in avanti riguarda l’inserimento di attrezzature appartenenti al mondo delle residenze ospedaliere e sanitarie all’interno delle abitazioni, nella prospettiva sia di supportare il benessere degli utenti, sia di facilitare il lavoro degli operatori. Secondo questa visione, l’introduzione di dispositivi non porta benefici solo alla condizione anziana ma aiuti concreti anche sul versante dell’assistenza domiciliare. Allo stesso modo, è possibile rivolgere un’attenzione particolare verso i modelli di abitazioni denominate “age-friendly housing”, ovvero a sostegno della vita indipendente.
Un caso studio: Habitat
Habitat è un progetto (finanziato nell’ambito del POR FESR 2014-2020 della Regione Emilia-Romagna) che nasce con l’obiettivo di promuovere l’home-care e ridurre l’ospedalizzazione. Per tale ragione, l’obiettivo risiede nel ricercare soluzioni efficaci attraverso l’utilizzo di tecnologie, nell’ottica di favorire una maggiore permanenza nella propria dimora in condizioni di sicurezza e autonomia. Per riuscire a supportare una serie di faccende quotidiane, strettamente legate al soddisfacimento dei bisogni primari, oggetti impiegati abitualmente sono implementati al punto da essere in grado di comunicare tra loro e con altri strumenti, nella cornice di un sistema di monitoraggio informatico che riconosce e memorizza informazioni rispetto ai comportamenti degli utilizzatori. Dispositivi indossabili come smartwatch o braccialetti fitness, così come sistemi di localizzazione basati su lettori tecnologici o poltrone integrate con sensori di pressione e riconoscimento della persona, si rivelano strumenti utili in grado di salvaguardare l’invecchiamento nel proprio ambiente domestico.
Si laurea all’Università IUAV di Venezia nel 2021 con una tesi dal titolo “Un nuovo abitare a misura di anziano”. Nella ricerca svolta si è occupata di comprendere come la vecchiaia possa essere vissuta nel proprio ambiente domestico, supportando una visione che svincola l’abitazione da luogo sostituibile in caso di necessità grazie ad un ripensamento della stessa a partire da un punto di vista architettonico. Attualmente lavora come architetto nell’Area Lavori Pubblici, Mobilità e Trasporti del Comune di Venezia.