Help Desk Covid-19: l’OMS supporta risposte, trattamenti e ospedali

Help Desk Covid-19: l’OMS supporta risposte, trattamenti e ospedali

 

Michele Di Marco, CEO di Emergency Architecture and Human Rights e coordinatore dell’Help Desk, parla delle strategie centralizzate per affrontare l’epidemia in vari contesti geografici

 

 

Lo scoppio della pandemia portata dal Coronavirus ha rinnovato l’attivismo degli architetti, sia in patria che per conto di istituzioni nazionali e internazionali e ong che stanno dando supporto sanitario. Michele Di Marco è CEO di EAHR (Emergency Architecture and Human Rights) e docente nel programma di Master in “Emergency & Resilience” presso l’Università IUAV di Venezia. Da poco più di un mese è coordinatore dell’Organizzazione Mondiale Sanità per l’Help Desk Covid-19 che, insieme a una rete di partner globali, offre supporto tecnico per la trasformazione di ospedali o strutture esistenti di tutto il mondo in centri di trattamento Covid-19 come centri di trattamento per le infezioni respiratorie acute gravi (SARI), aree di screening e triage per le strutture sanitarie. In questa breve intervista, ci restituisce l’operatività di un centro di supporto che lavora in geografie molto diverse, secondo protocolli flessibili votati alla rapidità di risposta e all’efficacia delle strategie individuate. L’intervista è stata realizzata per conto della ricerca “Pratiche di ordinaria innovazione”, finanziata dall’Associazione Alumni del Politecnico di Torino con l’obiettivo di indagare le forme di innovazione della pratica di progetto, analizzando le esperienze in termini di esiti e di processi.

 

 

Michele di Marco _ Tutor nel Master IUAV in “Emergency & Resilience” e CEO di EAHR (Emergency Architecture and Human Rights)

In cosa consiste l’azione di supporto tecnico che l’Help Desk coordina? Si tratta di rispondere a problemi sottoposti dalle strutture sanitarie locali, dalle istituzioni nazionali o sovranazionali, oppure di individuare i casi cui offrire supporto?

WHO Technical Network è stato sviluppato per soddisfare le esigenze operative emergenti relative al Covid-19. Una risorsa preziosa che, con le sue molteplici competenze tecniche altamente specializzate, potrebbe svolgere un ruolo chiave nell’attuale epidemia e per le emergenze future in termini di supporto tecnico, innovazione e supporto operativo. Al fine di rafforzare la preparazione nazionale e internazionale e la capacità di risposta rapida, abbiamo notato che era necessario mettere in campo ulteriori capacità operative per garantire ai vari paesi un coordinamento e un accesso a competenze specializzate e conoscenze tecniche, facilitare la formazione nazionale, e coordinare e supportare l’invio di esperti internazionali. Riceviamo richieste di supporto principalmente da manager ospedalieri e di strutture sanitarie, Ministeri della Sanità e protezione civile, Ongs e principali partner operativi internazionali. Il Technical Network, formato da Facoltà di Architettura e Ingegneria e istituzioni tecniche internazionali, è l’elemento fondante dell’Help Desk: in meno di un mese, grazie al supporto volontario di decine di architetti e ingegneri sparsi per il mondo, abbiamo risposto a richieste di supporto in Burkina Faso, Congo, Sao Tome e Principe, Australia, Tanzania, Costa d’Avorio e Mauritius per un totale di oltre 1.000 posti letto.

Nello specifico, il supporto tecnico che offriamo consiste nella redazione di un report contenente schemi sul flusso dei pazienti e del personale medico, sul flusso dei rifiuti e della biancheria contaminata, diagrammi riguardanti la separazione dei pazienti in base alla condizione clinica e ai requisiti minimi di ventilazione a seconda se si tratti di pazienti con condizioni cliniche gravi, severe o moderate suggerendo l’utilizzo di ventilazione naturale, ibrida o meccanica. In allegato normalmente inseriamo disegni tecnici, 3d e video rappresentanti i diversi flussi dei pazienti e dello staff medico in modo da poter comunicare al meglio la proposta anche a figure professionali non legate al mondo edilizio, come medici, infermieri o manager ospedalieri. Dopo avere inviato gli elaborati tecnici restiamo a disposizione per eventuali chiarificazioni o modifiche.

 

I protocolli sanitari utilizzati nella prima fase dell’emergenza – perlomeno in Italia – sono oggetto di dibattito: gli ospedali si sono rivelati degli accentratori e acceleratori del contagio. Nel vostro caso, e considerando le differenze di contesto, quali strategie di trasformazione proponete?

La soluzione tecnica proposta dall’Help Desk si basa sulle linee guida dell’OMS ed è adattata al contesto sociale, economico e climatico di ogni paese. I requisiti minimi di Prevenzione e di Controllo dell’Infezione (PCI) sono alla base della trasformazione spaziale proposta così come una chiara differenziazione dei flussi dei pazienti e del personale medico in modo da razionalizzare l’uso dei dispositivi di protezione individuale (DPI). In linea generale, i centri di trattamento SARI dovrebbero sempre essere disposti il più vicino possibile all’epicentro della pandemia così da dare l’opportunità ai malati di raggiungere la struttura nel minor tempo possibile. Particolare attenzione è data alle aree di screening dove la configurazione spaziale si basa ancora una volta sulle misure PCI e l’uso razionale dei DPI.

Il paziente che accede alla struttura sanitaria riceve una mascherina, si lava le mani ed è indirizzato ad una cabina d’attesa individuale. La sala d’attesa con le cabine deve essere completamente aperta per consentire una ventilazione minima di 60 litri al secondo per ogni paziente. Il triage è diviso in due zone. Paziente e medico sono separati da una partizione trasparente o da una distanza di 1 metro per evitare il contagio e razionalizzare l’uso dei DPI. Dopo il triage il paziente, se sospetto, viene sottoposto a tampone e successivamente indirizzato al reparto relativo alla sua condizione clinica, che sia essa moderata, severa o critica.

 

Il vostro Help Desk porta avanti una strategia di centralizzazione dell’azione, con regole e protocolli che possono valere in diversi luoghi e tempi. Come si coordinano azioni simili in contesti molto diversi, e qual è il margine della vostra azione?

Riceviamo richieste di supporto da tutto il mondo e la nostra risposta si basa sulle linee guida dell’OMS in modo tale da raggiungere i requisiti minimi richiesti in qualunque parte del mondo. Paragonando il supporto dato a ospedali australiani con quello dato ad ospedali tanzaniani, pur rispettando ovviamente gli stessi requisiti minimi di Prevenzione e di Controllo dell’Infezione (PCI), la soluzione proposta deve sempre adattarsi al contesto sociale, economico e climatico. I materiali costruttivi e la configurazione dello spazio sono diversi dato che diverso è il contesto sociale, culturale ed ovviamente economico. Gli strumenti comunicativi sono stati migliorati durante il percorso dello help desk, inserendo strumenti grafici non convenzionali nel settore umanitario, come 3d e video, che stanno sempre più diventando fondamentali per una più facile comprensione di disegni architettonici ed ingegneristici da parte di figure professionali non legate al mondo edilizio come dottori, infermieri e manager ospedalieri. Le tecniche costruttive sono adattate al contesto date le diverse competenze tecniche. Gli architetti vivono in un’epoca di mutamenti di paradigmi e questo richiede un approccio nuovo e più aperto. Come architetti abbiamo cercato in passato di trattare la complessità della società attraverso il riduzionismo e la semplificazione eccessiva. Se accettiamo l’idea che l’architettura non è semplicemente un fenomeno fisico ma anche sociale, possiamo anche aspettarci che i risultati formali e fisici assumano un significato meno preciso. Di conseguenza, l’architetto, piuttosto che essere un semplice costruttore di forme, diventa un co-costruttore della società.

 

* Intervista svolta nell’ambito della ricerca “Pratiche di ordinaria innovazione”, finanziata dall’Associazione Alumni del Politecnico di Torino

 

 

Autore

  • Valeria Federighi, Federico Cesareo e Francesca Silvia Caros

    Valeria Federighi è architetta e ricercatrice presso il Politecnico di Torino, dove fa parte del gruppo di ricerca China Room e della redazione della rivista “ArDeTh”. Ha pubblicato “The Informal Stance: Representations of Architectural Design and Informal Settlements”. Federico Cesareo è dottorando in “Architettura, storia e progetto” presso il Politecnico di Torino e membro della redazione di ArDeTh. Si occupa di strumenti e comunicazione del progetto di architettura nella pratica ordinaria. Francesca Silvia Carosio è sociologa e Project Manager Professional con esperienza di ricerca, monitoraggio di progetti sociali e formativi, scrittura e gestione di progetti europei. È attiva in particolare nel settore della cooperazione territoriale e della migrazione.

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