Genova, la città che (s)corre
Riceviamo e pubblichiamo una lettera di un consigliere dell’Ordine degli Architetti di Genova, che ragiona sui processi di trasformazione urbana e il ruolo degli ordini professionali
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Published 7 marzo 2021 – © riproduzione riservata
Nel 2004 Germano Celant nell’ambito della mostra “Arte & Architettura 1900-2004” fece ricostruire il Teatro del Mondo di Aldo Rossi nella centrale piazza Caricamento, a pochi metri dalla trafficata strada sopraelevata Aldo Moro (nella foto di copertina di Anna Positano). Questa operazione, tutt’altro che banale, ha avuto la forza di mettere in evidenza una delle peculiarità di Genova, ovvero la complessità stratificata della sua struttura, nella quale con un unico piano sequenza è possibile intercettare scenari variegati e multiscalari, dove frammenti di tessuto urbano, infrastrutture e paesaggio si scambiano vicendevolmente i ruoli alla ricerca di un equilibrio sempre diverso.
È noto come proprio dagli anni 2000 in poi l’architettura abbia iniziato a relazionarsi in maniera più trasversale al mondo delle grandezze e con temi via via più articolati. Da allora il campo disciplinare si è ampliato, aprendo nuovi orizzonti e definendo una molteplicità di ambiti applicativi dove la professione ha trovato spazio. Conseguentemente è mutato il ruolo dell’architetto, chiamato ad ampliare le proprie competenze per rispondere non solo alla risoluzione di delicate questioni prettamente disciplinari, ma anche per aprirsi verso nuovi territori di progetto trasversali al mondo delle grandezze, multidisciplinari, immateriali, temporanei. Gratificanti occasioni dove la professione si contamina di sperimentazione e ricerca, colte con la consapevolezza che il progetto d’architettura abbia un ruolo centrale e determinante nella costruzione della città.
Genova, forse per la sua tipicità morfologica di città compressa tra terra e mare, ha conosciuto negli ultimi due decenni una discreta difficoltà nel recepire questo cambiamento, rimanendo quasi un passo indietro nella disorientata ricerca di un’idea di città contemporanea, apparentemente disattenta all’esigenza di mettere in campo una visione di trasformazione consapevole, multiscalare e multidisciplinare, che includesse e mettesse a sistema i diversi elementi che la compongono.
Solo recentemente, alla luce di alcuni passi concretizzatisi, possiamo fare un primo bilancio e constatare che, se da un lato è innegabile che la città abbia perso alcune importanti occasioni puntuali per la valorizzazione del suo patrimonio architettonico, dall’altro è altrettanto evidente che si possano riscontrare alcuni primi risultati.
Pensiamo, ad esempio, alle aree dell’ex Fiera del mare, la cui trasformazione in atto – dapprima con la demolizione dell’edificio ex Nira, poi con l’apertura della darsena e più di recente con l’avvio della riqualificazione del palasport di Pier Luigi Nervi – riprende la linea prefigurata da Renzo Piano nel suo affresco del 2004, dopo non poco tempo trascorso e svariati tentativi senza esito.
O ancora pensiamo alla tempestività con cui si è intervenuti nella Valpolcevera, interessata prima dalla costruzione del nuovo viadotto San Giorgio e poi dalla riqualificazione delle aree limitrofe, occasione nella quale la scelta di operare tramite un concorso di progettazione – strumento aperto a tutti i professionisti e che valorizza il confronto di soluzioni di qualità – ne ha presto delineato un nuovo assetto, che sta trovando in tempi ragionevoli la sua fase realizzativa.
La necessità di rapportarsi con le infrastrutture, anche immateriali, è centrale nel lavoro avviato sul centro storico. In questo caso, se da un lato l’appellativo di “piano” rimanda a un approccio progettuale forse ancora in divenire, dall’altro con le riflessioni contenute all’interno del documento si enuncia la volontà di fotografare quell’incredibile palinsesto di situazioni per visualizzare una serie di mappe materiali e immateriali, finora guardate in maniera autonoma e spesso vincolanti le une sulle altre. Questa visione sincronica consente oggi d’individuare capillarmente occasioni dove siano di fatto praticabili interventi di rigenerazione urbana in cui avviare, per poi far riverberare, il cambiamento. Con azioni che dovranno confrontarsi anche con la riqualificazione dei silos Hennebique, silente e importante presenza che segna per un buon tratto il limite tra porto e città e che sta finalmente trovando, dopo un proficuo dialogo tra le istituzioni, una via d’uscita dallo stato di impasse in cui versa da diversi decenni.
Prospettive a medio e lungo raggio quindi, tra le quali si colloca la grande opera di rinnovamento della diga foranea, dal cui ampio dibattito pubblico in essere traspare la necessità di cogliere quest’occasione per ritrovare un rapporto virtuoso tra la città e il suo porto, oltreché per riscattare aree urbane limitrofe attraverso innovative politiche di sviluppo del territorio.
Significativi sono poi gli interventi attuati sul piano della mitigazione del rischio idrogeologico, tema centrale per il nostro territorio e in cui l’architettura dovrebbe conquistare un ruolo chiave nel mettere in relazione le necessarie e ingenti opere idrauliche con il contesto abitato in cui s’inseriscono. Tra questi è esemplificativo il cantiere per il rifacimento dell’alveo dell’ultimo tratto del torrente Bisagno, che ripercorre parte di quell’importante asse del “moderno” che connette, non solo visivamente, piazza Rossetti e le attigue aree dell’ex Fiera del mare al quartiere INA Casa di Forte Quezzi. In questo caso, a fronte dell’intervento radicale attuato nell’alveo, stupisce che parallelamente al ripristino del disegno di superficie di viale Brigate Partigiane non si sia colta l’occasione per ripensare l’area allargando i margini, integrando la soluzione originaria in uno spazio pubblico contemporaneo e calibrato sulle esigenze di mobilità del nostro tempo, su cui peraltro la città sta investendo in maniera significativa in termini di pianificazione e ammodernamento. Ci si augura che non sia questa nostalgica riproposizione di un passato da cartolina, così disallineato rispetto alle istanze attuali e del prossimo futuro, l’atteggiamento che più rispecchia la comunità e parte degli addetti ai lavori.
All’interno di questo articolato quadro assumono un ruolo centrale gli Ordini professionali che, quali istituzioni controllate dal Ministero della Giustizia, hanno tra gli altri il compito della tutela dei cittadini e degli interessi della collettività. In questo senso, proprio a fronte dell’eterogeneità delle tematiche che quotidianamente investono la città, è fondamentale che questi assumano una posizione consapevole e matura, attivando un dibattito a-politico, poco acclamato quanto piuttosto proficuo e costruttivo, dialogando con gli attori del processo, sicuramente vigilando ma anche condividendo prospettive operative. In sostanza questi dovrebbero favorire una dimensione cronotopica del dibattito pubblico, radicato nel territorio e nel nostro tempo, da cui far ribadire con forza e competenza il ruolo del progetto d’architettura quale strumento centrale ed essenziale nei processi di trasformazione urbana.

Architetto, Ph.D., insegna progettazione architettonica presso il Dipartimento Architettura dell’Università di Ferrara. Titolare, con Eleonora Burlando, di Neostudio Architetti Associati si occupa di spazi per l’apprendimento, rigenerazione urbana e paesaggio con progetti e realizzazioni scaturiti a seguito di concorsi e gare di progettazione in diversi contesti italiani. I lavori dello studio, più volte pubblicati su riviste e volumi del settore, hanno ottenuto il premio IQU – Innovazione e Qualità Urbana (secondo premio, 2008), AT12 – Architettura Territorio Fiorentino (sezione opera prima, 2012), Premio Architettura Orizzontale (menzione, 2015). Ha pubblicato diversi articoli e curato volumi sul ruolo del progetto d’architettura nella città contemporanea tra cui Repertorio Variabile. Genova nella formazione di una nuova generazione di Architetti (ed.Lybria, 2005), Genova A/R. Una Città-Laboratorio per la residenza collettiva (ed. Letteraventidue, 2013), Intorno al Vuoto. Riflessioni italiane sul tema (ed. ListLab, 2015). Dal 2017 è consigliere dell’Ordine degli Architetti e PPC della Provincia di Genova.