Il lockdown della Francia ha interrotto anche il cantiere della cattedrale di Notre-Dame, riaperto a fine aprile

Francia: 2021 e 2022 molto difficili per gli architetti

Francia: 2021 e 2022 molto difficili per gli architetti

 

Secondo il vice presidente del Conseil National de l’Ordre des Architectes si prospetta una dura salita che farà chiudere molti studi, nonostante lo stato stia supportando imprese e lavoratori autonomi. La crisi però potrebbe essere l’occasione per accelerare la rivoluzione ecologica

 

In principio fu la quarantena

Non appena il presidente della repubblica francese Emmanuel Macron ha annunciato il provvedimento, gli architetti si sono immediatamente organizzati per proseguire gli impegni in corso, in particolare attraverso il telelavoro.

Nonostante la sua innegabile efficienza, resa possibile dagli strumenti dell’era digitale, il telelavoro ha mostrato molto rapidamente i suoi limiti, in particolare in relazione al necessario lavoro di squadra. Il processo progettuale è sempre meno un atto isolato, richiede scambi permanenti per confrontare e testare idee e soluzioni tecniche. E se gli incontri in videoconferenza hanno dimostrato che d’ora in poi potremo risparmiare molti viaggi, non consentiranno l’emergere di una vera comunione attorno al progetto, specialmente durante la sua concezione.

Tuttavia, i principali freni a questo lavoro multi-funzione non si trovano tanto nella produzione di studi, quanto nei committenti o nelle altre parti interessate, spesso incapaci di effettuare la necessaria convalida delle fasi di avanzamento del processo. Questa situazione è aggravata in Francia dal fatto che le elezioni municipali non si sono concluse e che finora nessuna nuova giunta è in servizio, il che impedisce il processo decisionale e influisce sull’avanzamento dei progetti.

Allo stesso modo, un problema più grave, che potrebbe fortemente pesare nel rilancio post-Covid, è quello delle autorizzazioni urbanistiche (permesso di costruzione, ecc.), la cui istruttoria non è stata sospesa solo a causa della chiusura di numerosi uffici pubblici ma, soprattutto, a livello legale, per via di un’ordinanza del governo che ha congelato i termini per le indagini e i termini per i ricorsi.

 

L’intervento del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Architetti

Il Consiglio nazionale dell’Ordine degli Architetti ha reagito immediatamente presso il governo per rettificare tale ordinanza, cosa che è parzialmente avvenuta. Si è impegnato affinché le consultazioni e i concorsi in essere non fossero rinviati o sospesi. Ha insistito presso tutte le committenze affinché i pagamenti per i servizi forniti non fossero sospesi, in modo da non aggiungere ulteriori difficoltà alle strutture professionali.

A partire dal 17 marzo, data d’inizio della quarantena, l’Ordine degli Architetti ha fornito agli architetti tutti gli strumenti per organizzare e garantire la chiusura dei cantieri con l’intero settore. Ha anche mobilitato tutti gli architetti, e in particolare gli specialisti del settore ospedaliero, in modo che potessero impegnarsi in progetti per adattare gli edifici al contesto pandemico o in progetti di unità ospedaliere a montaggio rapido.

I servizi nazionali e regionali dell’Ordine degli architetti sono tutti chiusi, ma tutto il personale e i funzionari eletti sono in prima fila per aiutare gli architetti a gestire la crisi, sia in termini di attività che di cantieri, ma anche a livello sociale, assicurativo, fiscale, ecc.

A questo proposito, lo Stato ha messo in atto un gran numero di dispositivi per aiutare le imprese a resistere alla crisi: ricorso e finanziamento totale del lavoro a breve termine, fondo di solidarietà per i lavoratori autonomi, prestiti bancari garantiti dallo Stato, salari per l’assistenza all’infanzia, formazione gratuita per i dipendenti, differimento del pagamento di oneri sociali, tasse, affitti e bollette, energia, ecc.

Attraverso determinati ordini, lo Stato ha anche stabilito una serie di regole per facilitare la ricerca e l’avvio di progetti. Resta il fatto che, sebbene gli architetti siano molto meno colpiti rispetto ad altre professioni impedite al lavoro (bar, ristoranti, cinema, parrucchieri…), la loro “capacità di galleggiamento” non andrà oltre i 2 o 3 mesi, sapendo che la crisi economica che seguirà quella sanitaria causerà di fatto il calo degli investimenti, in particolare nel settore immobiliare e del lavoro. L’intero settore turistico, ad esempio, non sarà più in grado di promuovere progetti. Il 2020 sarà difficile, ma gli architetti temono soprattutto il 2021 e il 2022: molte strutture, grandi o piccole, non sopravviveranno.

 

Oggi, il momento della ripresa

L’edilizia è un settore chiave dell’economia francese. Inoltre, tutto è stato disposto dallo Stato e dalla filiera per riprendere i cantieri in un rigoroso quadro di sicurezza degli addetti. “Nessuna ripresa rischiosa dei cantieri“, ha dichiarato Denis Dessus, presidente del Consiglio nazionale. Una guida con le raccomandazioni sulla sicurezza sanitaria è stata pubblicata dal governo per garantire la continuità delle attività edili. Senza carattere prescrittivo, è comunque un compendio di indicazioni minime per poter riprendere o continuare a lavorare.

Gli architetti sono in prima linea per valutare le condizioni di questa ripresa e le loro conseguenze sul completamento dei progetti, la durata del lavoro e i costi delle operazioni. Per aiutarli, l’Ordine degli architetti, ma anche i sindacati e la Mutuelle des architectes français (compagnia di assicurazioni professionali) hanno messo a disposizione degli architetti, ma anche di altri attori del settore, un certo numero di strumenti pratici.

Un MOOC (offerta di formazione professionale a distanza) gratuito è stato inoltre sviluppato e messo online sul sito del Consiglio nazionale.

 

Domani, il prossimo mondo

Per gli architetti francesi, questa crisi è una grande opportunità per cambiare i paradigmi e accelerare la rivoluzione ecologica. Al proposito, in occasione della comunicazione del piano di ripresa economica proposto dagli architetti, Dessus ha dichiarato che “l’emergenza economica non deve oscurare l’emergenza ecologica e sociale“. Ciò preconizza in particolare un ritorno a una politica di pianificazione regionale coordinata, alla scala delle logiche ecologiche, che implicano una complementarità tra territori, un diverso sistema dei consumi, favorendo le filiere corte e la qualità della vita.

L’attuale crisi ha dimostrato che la dilagante espansione delle metropoli non è l’unica risposta allo sviluppo delle nostre società. Al contempo, ha anche dimostrato che l’edilizia abitativa è altro, e molto di più, rispetto a un semplice prodotto finanziario; tema che gli architetti francesi hanno sempre sostenuto senza mai trovare eco, né presso lo Stato, né presso i promotori. Questa crisi potrebbe finalmente consentire loro di essere ascoltati!

 

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