Torre A2A (Antonio Citterio & Patricia Viel)

Forma urbis e lavoro

Forma urbis e lavoro

 

In un percorso in due puntate, la rassegna delle principali realizzazioni e uno sguardo critico sulle molteplici sfaccettature urbane di un fattore decisivo, anche negli ultimi anni, per la trasformazione di Milano, città attrattiva per eccellenza

 

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Se l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro dal 1948, Milano e la sua forma sono fondate sul lavoro forse da molti anni prima. Milano ha sempre voluto essere grande e la sua forma, così come ritratta da Leonardo nel suo straordinario disegno contenuto nel Codice Atlantico – città centrica distribuita su radiali con porte, sistema di navigli, centro e castello – ha sempre mantenuto una invarianza morfologica che, accresciuta nel tempo, ha costituito anche il segreto del suo sviluppo continuo, resiliente alle vicende storiche.La massima espansione territoriale è raggiunta con le due addizioni dei Corpi Santi nel 1871 e dei comuni limitrofi nel 1923: da questo momento la storia urbana è storia di costruzione interna basata sugli insediamenti industriali prima, commerciali e terziari più avanti, che ne ricalcano le giaciture. Milano è sempre stata allergica ai grandi disegni urbani: i grandi piani dopo quello del Beruto non solo non sono mai stati attuati, ma forse mai neanche pensati o tentati.

I bombardamenti e le ricostruzioni innescano il processo di crescita interna e di completamento che poi si trasformerà in quello che oggi chiamiamo rigenerazione e che il PGT, nelle sue varie forme, cerca di controllare. È un processo di sostituzione urbana per pezzetti, pezzettini e pezzettoni che, in un flusso continuo, arriva sino a noi e che noi, ora, cavalchiamo. La crisi e la conseguente fine della Milano industriale dell’ultimo Novecento (o se vogliamo la sua morte dolce, se non eutanasia, comunque processo senza rumore e soprattutto senza proteste) vengono anticipate da Bicocca e, ancor prima, da Falck sulla direttrice nord di Sesto San Giovanni (eclatante la differenza fra i due processi, sia in termini di tempi che di risultati: la prima quasi conclusa, la seconda ancora lontana da una nuova vita).

Il nuovo millennio inaugura una Milano priva d’industrie – ma anche di laboratori, opifici, officine, ovvero di tutto quel tessuto comune che informava di sé in termini urbani e sociali sia i grandi comparti che il tessuto minuto delle piccole vie, dei cortili, dei ritagli di città sfrangiati lungo le infrastrutture. Il processo è privo di un piano generale, ma è affidato (o più semplicemente messo in atto sotto lo sguardo quasi non interessato delle varie amministrazioni) all’iniziativa privata che trova i modi di agire fra le pieghe del PRG del 1953, delle sue varianti, delle famose B2 e delle zone industriali ormai dismesse. Il processo si gioca in una parte significativa sullo slittamento di senso fra industria e showroom, fra produrre e mostrare: i complessi industriali diventano luoghi per la moda, il design, più raramente per l’arte (vedasi Ansaldo o Riva Calzoni). I due macro-interventi di ex Fiera e di Garibaldi-Repubblica, gestiti con stralci e accordi di programma – compiuto per il tempo di Expo l’ultimo e solo ora il primo (vediamo il trio dei grattacieli griffati completarsi proprio in piena pandemia) – sono in verità epicentri di cambiamenti ancora in corso; anche questi gestiti per sostituzione di pezzi sulla scacchiera di tracciati viari immutati e immutabili.

Milano diventa nel primo ventennio del nuovo millennio terra di conquista dei grandi brand del progetto, arrivati ora alla seconda generazione. L’elenco degli interventi completati, da completare e in progetto è lungo e si divide in tre famiglie abbastanza chiare.

 

Sostituzione tramite ristrutturazione pesante o vera e propria demolizione e ricostruzione di edifici storici del primo sviluppo degli anni ‘50 e ’60

Nel primo gruppo si mette in opera la negazione della Milano della Rinascita e dei suoi protagonisti, come negli edifici di corso Italia, via Melchiorre Gioia, viale Monte Grappa dove Ponti, BBPR, Mattioni e colleghi vengono fatti apparire reperti ormai obsoleti al cospetto dei globe-trotters del progetto contemporaneo. L’epicentro è il vecchio/nuovo centro direzionale di Garibaldi-Repubblica che, dopo il successo di piazza Gae Aulenti, adottata dal pubblico come nuova downtown milanese, si espande senza conoscere sosta: corso Como Place (ex Unilever), Gioia 22 la scheggia, l’ultimo arrivato P35 (ex Telecom) vedono in campo solidissimi progettisti – nell’ordine PLP Architecture, Pelli Clarke Pelli Architects (PCPA), Snøhetta e Park Associati – che non risparmiano talento e soluzioni innovative capaci di colpirci con rendering sempre più mirabolanti. Rimanendo in zona, esemplare è il destino del “Pirellino”, edificio a ponte del Comune e dal Comune tristemente abbandonato con la madre di tutte le gare per la cessione, oggetto di un’epocale competizione per accaparrarsi la progettazione (70 gli studi che si sono presentati, 6 i finalisti: 3XN, Chipperfield, Diller Scofidio-Boeri, Heatherwick, Grassi e Wilmotte). E ancora la torre Unipol Sai di MCA e l’ex hotel Executive diventato the Edge, di Onsitestudio, non ci fanno chiedere nulla di più a questa area. Anche se altro sembra si voglia far accadere.

 

Ridisegno da zero di brani urbani e infrastrutture di grande estensione

Con minimo mantenimento dell’esistente, nel secondo gruppo trovano spazio i robusti appetiti immobiliari e, con loro, i progetti più arditi. È la storia degli scali ferroviari, dove fiumi verdi sono sorvegliati dagli immancabili grattacieli, ma anche delle grandi infrastrutture sportive, una su tutte quella dello stadio San Siro e del suo ambito. A sud la vecchia Santa Giulia si affida a Saipem per (ri)nascere, abbandonando San Donato dove pure era stata scritta una bella pagina di storia dell’architettura dei palazzi per uffici del secondo dopoguerra.

 

Completamento delle zone di recente sviluppo con nuovi oggetti urbani

Infine, il decentramento di Milano nelle ex aree industriali va a compimento con i pezzi mancanti: così in zona sud, accanto alla Fondazione Prada, Symbiosis ha dato luce a NEXXT, sede Fastweb su progetto di Citterio & Viel, mentre appena al di là dello scalo di Porta romana A2A non si farà mancare la sua torre, sempre a stessa firma. A Nord, Bresso vede nascere la nuova sede della multinazionale farmaceutica Zambon con ricorso diffuso al design biofilico, “per rispondere al bisogno dell’uomo di restare a contatto con gli elementi della natura” (sic), progetto di architettura di Amdl Circle (Michele De Lucchi), interni firmati da Carlo Ratti Associati. CityLife affianca al dritto, allo storto e al curvo – questi ormai i nomignoli dei grattacieli dovuti al disegno di Isozaki, Libeskind e Hadid che attendono i loro abitanti – il portale di accesso a nord affidato a Bjarke Ingels, quel BIG salito agli onori della cronaca mondiale che a Milano mancava, quasi come un campione di calcio che il nostro campionato deve avere a tutti i costi. L’altro progetto di De Lucchi, sempre in zona, per la nuova sede di Federlegno, sembra per il momento essersi fermato.

Qua e là il coworking non ha ancora esaurito il suo slancio e, dopo aver colonizzato vie e quartieri alternativi, ora vede una centralissima realizzazione in via Mazzini, con WeWork firmato D2U Design to Users (Jacopo della Fontana e Corrado Caruso).

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Progetti segnalati nell’articolo

Park One e Spark Two, Saipem Santa Giulia (Progetto CMR) – 2020
Corso Como Place, ex Torre Unilever (PLP Architecture) – in cantiere
Gioia 22 (Pelli Clarke Pelli Architects) – in cantiere
Pirelli 35 (Snøhetta e Park Associati) – in cantiere
“Pirellino” in via Gioia – concorso nella fase finale
Torre Unipol Sai (Mario Cucinella Architects) – in cantiere
ED.ificiG.aribaldiE.xecutive (Onsitestudio, General Planning) – in cantiere
Nexxt, sede Fastweb (Antonio Citterio & Patricia Viel) – 2019
Torre A2A (Antonio Citterio & Patricia Viel) – in cantiere
Sede Zambon a Bresso, Campus OpenZone (Amdl Circle, Carlo Ratti Associati) – 2019
Portale CityLife (BIG) – in cantiere
Sede Federlegno (Amdl Circle) – in cantiere
Uffici WeWork (D2U Design to Users) – 2020

 

Altri progetti significativi

Coworking Spaces di Piazza San Babila (Laboratorio Permanente) – 2020
Uffici multi-tenant di Piazzale Lodi (Studio Beretta Associati e Lombardini22) – 2020
Uffici Huawei (Progetto CMR) – 2019
Uffici Comunali di via Sile (Studio FZ Milano) – in cantiere
Coworking Coperni.co (Progetto CMR) – 2020
SuperLab Bicocca, edificio direzionale multipiano in viale Sarca 336 (Blaarchitettura) – fine 2021

Autore

  • Alessandro Colombo

    Nato a Milano (1963), dove si laurea in architettura al Politecnico nel 1987. Nel 1989 inizia il sodalizio con Pierluigi Cerri presso la Gregotti Associati International. Nel 1991 vince il Major of Osaka City Prize con il progetto: “Terra: istruzioni per l’uso”. Con Bruno Morassutti partecipa a concorsi internazionali di architettura ove ottiene riconoscimenti. Nel 1998 è socio fondatore dello Studio Cerri & Associati, di Terra e di Studio Cerri Associati Engineering. Nel 2004 vince il concorso internazionale per il restauro e la trasformazione della Villa Reale di Monza e il Compasso d’oro per il sistema di tavoli da ufficio Naòs System, Unifor. È docente a contratto presso il Politecnico di Milano e presso il Master in Exhibition Design IDEA, di cui è membro del board. Su incarico del Politecnico di Milano cura il progetto per il Coffee Cluster presso l’Expo 2015

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