Crisi dell’abitare, una questione europea
Il tema della casa entra nel dibattito delle elezioni di giugno 2024, tra la necessaria tutela di un diritto soggettivo e personale in parte negato e condizioni sociali in rapida trasformazione
Published 18 marzo 2024 – © riproduzione riservata
Housing Europe, l’associazione delle federazioni nazionali di housing pubblico, cooperativo e sociale di 31 paesi europei, ha recentemente elaborato l’European Manifesto to Lead the Way Out of the Housing Crisis per porre all’attenzione delle forze politiche, in vista delle elezioni europee 2024, l’urgenza della casa dignitosa a costi accessibili per tutte le famiglie europee. Questa sfida sul piano politico non è nuova per Housing Europe, che svolge il suo ruolo di advocacy forte del patrimonio immobiliare che le Social Housing Organizations (SHOs) associate gestiscono, e che vale indicativamente 25 milioni di abitazioni, ovvero circa l’11% di tutto lo stock residenziale d’Europa. Le campagne di sensibilizzazione e le proposte hanno avuto un discreto successo, contribuendo a far emergere la trasversalità e l’urgenza del “bisogno di casa”, facendo compiere un passaggio di consapevolezza fondamentale.
L’affordable housing non produce debito
Dal 2017 infatti, con l’adozione dell’EU Pillar on Social Rights, l’Unione Europea ha sancito la necessità di “sostenere l’accesso ad una abitazione di qualità, efficiente sotto un profilo energetico ed accessibile dal punto di vista economico per ogni cittadino europeo, […] e [di] abitazioni da destinare ad housing sociale”, come dichiarato nell’incontro informale tra i leader dell’Europa a 27 tenutosi a Sibiu nel maggio 2019. Andando più nel concreto, i manifesti hanno stimolato la riflessione e portato sui tavoli dei commissari competenti alcune proposte che in precedenza non erano oggetto delle agende di lavoro. Tra questi la revisione della normativa sulle sovvenzioni pubbliche come aiuto di stato nelle operazioni di edilizia a prezzo convenzionato (affordable housing) condotte dalle SHOs e da soggetti anche privati o privato-sociali, ovvero la possibilità di escludere le infrastrutture sociali (opere dedicate all’abitare sociale largamente inteso, all’educazione/formazione e alla salute) dalla somma degli investimenti vincolati dal patto di stabilità, come già nel 2018 veniva suggerito dal cosiddetto Rapporto Prodi.
Costi troppo alti, servono modelli nuovi
La casa è dunque oggi un diritto, ma cosa è cambiato nel mercato immobiliare e locativo? Ancora non abbastanza. La casa come “il posto per amare” – come la definì Giorgio La Pira – base del proprio nucleo di affetti, necessario alla vita dignitosa quanto il lavoro, è ancora un miraggio in Europa e in Italia. Circa 50 milioni di persone in Nord America, Asia centrale, Europa ed Israele, vivono in condizioni abitative inadeguate. Più dell’11% della popolazione europea combatte ogni giorno per accedere ad una casa riscaldata adeguatamente, secondo i dati dell’Energy Poverty Observatory della Commissione Europea del 2016. Nel 2019 circa l’11% delle famiglie europee ha speso più del 40% del proprio reddito in costi per l’abitazione, ma questa quota – stando al documento del 2019 The State of Housing in the EU – sale al 37,8% dei nuclei familiari dell’Unione, se si considerano i nuclei a rischio povertà. Allo stesso tempo, se si tiene conto dei costi abitativi, 156 milioni di persone sono a rischio di povertà, contro gli 85 milioni che lo sono escludendo i costi dell’alloggio (EU SILC: Statistic on Income and Living Conditions).
La pandemia ha peggiorato tutti gli indicatori e acuito la problematica degli homeless, fenomeno che vedrà la probabile sottoscrizione di un impegno da parte dell’Unione, per tentare di eradicarlo completamente entro il 2030. La permanenza forzata nella propria abitazione per contenere i contagi durante il Covid-19 ha accresciuto la crisi abitativa enfatizzando innanzitutto il problema per chi una casa non l’aveva del tutto, ovvero i 700.000 homeless. Ha, inoltre, significato per molte famiglie azzerare qualche seppur minima voce di entrata da lavoro nel bilancio familiare, accrescendo il numero di coloro che la casa l’hanno persa.
Se questo tema vede a livello europeo una risposta ancora non sufficiente, poiché “la casa” non è un pilastro autonomo delle politiche dell’Unione, a livello nazionale italiano la frammentazione è ancora più pronunciata, in quanto questa dimensione di policy è in capo alle regioni. Condiviso come priorità, il tema emerge in occasione di occupazioni abusive e relativi sgomberi sulle cronache soprattutto locali, ma non è così da sempre. Infatti, le circa 90 Aziende Casa italiane (ex IACP) sono state, insieme alle cooperative, le artefici dello sviluppo dell’edilizia sociale italiana. L’ERP (Edilizia Residenziale Pubblica) ha rappresentato – tra il secondo dopoguerra e gli anni settanta – un formidabile ascensore sociale, garantendo anche un posto di lavoro per migliaia di italiani che vennero coinvolti nella “grande macchina per la casa” dei piani INA-Casa. Da più di 20 anni, però, questo circolo virtuoso si è inceppato: la struttura sociale delle nostre città è profondamente cambiata, così come i bisogni di welfare, a cui occorre rispondere con modelli abitativi ed economici nuovi.
Dove l’architettura conta
Ricerca e sperimentazioni, da cui trarre spunto, tentano di lavorare innanzitutto sul contenimento dei costi di costruzione, provando a coniugare le risposte al bisogno con proposte di elevata qualità (Basic Need + Design Quality), come proposto nel documento del 2021 #Housing2030: Effective policies for affordable housing in the UNECE region.
Per citare esempi molto recenti, in Irlanda la riconversione di edifici commerciali come cinema, B&B, persino una banca, ha permesso all’Irish Council for Social Housing di mettere a disposizione alloggi a costi accessibili, nonché performanti sotto il profilo della sostenibilità ambientale. A Vienna la Municipalità ha continuato ad acquisire terreni, alimentando un proprio fondo di gestione pubblica per garantire la costruzione di alloggi in cooperativa in locazione calmierata permanente per i cittadini residenti.
Prefabbricazione, costruzione con tecnologie a secco, schemi strutturali modulari, Natural Based Solution impiantistiche, orientamento e luce naturale, così come spazi comuni, mixité sociale nei gruppi beneficiari, smart solutions e community management sono tutti elementi che agiscono su fronti differenti ma orientati al contenimento dei costi, alla crescita dell’accessibilità economica e del benessere della comunità, all’inclusione sociale.
Le necessità della società cambiano a ritmi molto rapidi: nuove forme di fragilità si affacciano sulla scena, a partire dai grandi fenomeni come i flussi migratori e l’invecchiamento della popolazione, insieme alla precarietà lavorativa delle giovani generazioni e ai working poor. La velocità con cui saranno organizzate le risposte a questi bisogni e l’ampiezza delle alleanze che si sapranno introdurre, dal pubblico al mercato al privato sociale, condizioneranno il posizionamento valoriale e strategico europeo negli anni futuri.
Architetta, ha conseguito un master in Management delle Pubbliche amministrazioni presso SDA Bocconi. Mentor per il Programma di Mentorship 2023-24 dell’associazione delle donne nel settore Housing and Finance (WHF) di New York. Ha lavorato cinque anni nel Gruppo Economic, Finance and Internal Affairs di Housing Europe e successivamente è stata la prima donna eletta in Consiglio di Amministrazione. Già delegata del Ministero Infrastrutture e Trasporti all’Unione per il Mediterraneo per la redazione del Piano d’Azione Strategico per lo Sviluppo Urbano sostenibile 2030, si è sempre occupata di rigenerazione urbana e progetti strategici del territorio, ricoprendo ruoli tecnici e di governo