Cluster Milano, rigenerazione e riscrittura

Cluster Milano, rigenerazione e riscrittura

Alte aspettative per i progetti con cui la città si sta preparando ad accogliere l’evento

 

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Published 21 febbraio 2022 – © riproduzione riservata

A Milano l’anno nuovo è cominciato da poco, ma l’agenda dei lavori pubblici, già stracolma, si trova ora anche a doversi confrontare con la crescente pressione delle ambizioni olimpiche. Espresse da una città che, facendo proprio il ruolo di capitale del Nord Italia, sembra respingere ogni apparente nesso logico tra spopolamento delle aree montane e crescita urbana polarizzante. Includendo nel Piano di sviluppo urbano 2030 lo sforzo progettuale (e imprenditoriale, ça va sans dire) connesso a Olimpiadi e Paralimpiadi 2026, Milano punta a valorizzare il proprio patrimonio di servizi e spazi pubblici, offerti a una platea locale e internazionale, e al contempo si erge a protettrice (tramite un sistema di ricadute economiche legate a turismo e sensibilizzazione) del patrimonio culturale e naturalistico delle località di montagna di una considerevole porzione dell’arco alpino.

Con questi ambiziosi presupposti non c’è da stupirsi se il 2026 milanese appaia improvvisamente talmente vicino da poterne prefigurare le numerose promesse in termini di progetto urbano, in alcune aree.

 

Arene tra recupero e high-tech

In città, o meglio nel Cluster Milano, così definito dal dossier olimpico, l’evento sportivo avrà luogo in 3 location, 2 delle quali già esistenti: il Mediolanum Forum di Assago e l’Arena Hockey Milano, quest’ultima oggetto di un consistente progetto di ristrutturazione dopo la dismissione del vecchio PalaSharp, avvenuta nel 2010. Totalmente nuova sarà invece l’Arena Santa Giulia, progettata da David Chipperfield Architects con la collaborazione di Arup per il nascente quartiere della periferia sudorientale della città, sviluppato su masterplan di Foster + Partners.

Il PalaItalia – Arena Santa Giulia farà parte di un più ampio progetto di rigenerazione urbana attorno al quartiere di Rogoredo, sviluppato da Risanamento spa e, in seguito all’utilizzo come stadio per le gare di hockey su ghiaccio previsto per i Giochi, rimarrà in eredità alla città come spazio per eventi sportivi e culturali, in primis musicali. La struttura dalla forma ellittica, insieme a una piazza di 10.000 mq, sarà sollevata su un podio all’interno del quale sarà celata parte dei parcheggi. All’impianto del verde sarebbe consegnato il compito di mediare tra le diverse quote dello spazio pubblico. L’arena, che si propone come contemporanea rilettura di una tipologia storica, incarna lo spirito del tempo conferendo all’involucro metallico, costituito da anelli concentrici e aggettanti, un ruolo chiave nella comunicazione degli eventi ospitati, facendosi manifesto di sé stessa.

 

La rigenerazione degli ex scali ferroviari

Oltre alle strutture progettate o recuperate all’uso per ospitare i Giochi olimpici, la città sfrutta il progetto di rigenerazione per consegnare un nuovo ruolo ad altre aree, parte di quel patrimonio di paesaggi in attesa che ne caratterizzano il più grande potenziale in termini ambientali: gli scali ferroviari dismessi.

È nel più emblematico di questi luoghi, lo scalo di Porta Romana, che verrà infatti realizzato il Villaggio olimpico. La riqualificazione interesserà in tutto 7 ex scali facenti parte della cintura ferroviaria milanese, trasformati in 7 nuovi parchi, affiancati da interventi di edilizia residenziale e servizi. Nell’area di Porta Romana il masterplan, finanziato da Coima, Covivio e Prada, è stato affidato al gruppo Ground Up (Outcomist, Diller Scofidio + Renfro, PLP Architecture e Carlo Ratti Associati e ARUP) vincitore di concorso. La linea ferroviaria esistente verrà parzialmente interrata, con lo scopo di eliminare la profonda cesura che ha storicamente interessato le adiacenze. Il complesso residenziale che ospiterà circa 1.400 atleti, da convertire in abitazioni per studenti al termine dei Giochi, costituirà una delle due polarità di un intervento di sviluppo immobiliare prevedibilmente più ingente, che lascerà libera la porzione centrale dell’area. Il parco che la occuperà, sollevandosi a formare una collina artificiale al di sopra dei binari, insieme al resto del verde, si propone, in linea con le attuali logiche di mercato, di sanare il conflitto tra città e natura adottando un’impronta basata su sostenibilità e mitigazione.

Se l’esito è innegabilmente green, non si può negare che l’obiettivo sia stato raggiunto adottando soluzioni marcatamente artificiali. Del selvatico cresciuto negli interstizi della città, in questo caso come in altri, non c’è traccia, in favore di una natura trattata al pari di una tecnologia, applicata con fini palliativi.

 

Il caso San Siro

Un altro importante capitolo della manifestazione olimpica 2026 vede coinvolta una delle architetture in assoluto più rappresentative di Milano, lo stadio Meazza di San Siro. La contesa sul futuro dello stadio è nota e prosegue da alcuni anni dopo la decisione congiunta dei due club calcistici meneghini di finanziare la progettazione e la realizzazione di un nuovo stadio, insieme a un vasto parco, completo di un distretto sportivo e commerciale aperto alla città, con la demolizione dello storico Meazza.

Tra il progetto sviluppato da Stefano Boeri Architetti e quello di Populous, nel 2019 era stato scelto il secondo, soprannominato la Cattedrale. Da allora, tuttavia, un ampio e aspro dibattito pubblico ha animato la città e non solo, portando l’amministrazione locale a valutare possibili alternative. L’iter, che si è concluso proprio a inizio 2023, costituisce una tacita conferma del progetto selezionato 4 anni fa, ponendo alcuni vincoli sulla capienza della struttura, sull’integrazione con il quartiere dei servizi previsti e dell’impronta ambientale dell’intervento. Non è tuttavia chiaro se la decisione sia definitiva, essendoci più voci contrarie, decise a salvare lo stadio esistente. L’unica certezza pare quindi essere proprio relativa al ruolo dell’attuale stadio Meazza nella cornice delle Olimpiadi Milano Cortina 2026, quando la struttura sportiva ospiterà la cerimonia di apertura dei Giochi. Sarà il suo canto del cigno?

 

La rivoluzione di Loreto

Le Olimpiadi e Paralimpiadi del 2026 sono anche il traguardo ideale per la conclusione di un altro intervento di rigenerazione a lungo atteso: la trasformazione dello snodo viabilistico di Piazzale Loreto in uno spazio ben più simile ad una piazza urbana. È recente la presentazione dell’Hub Loreto Open Community (LOC), un punto di ascolto e informazione di quartiere dedicato all’imminente avvio dei lavori.

Il progetto del team guidato da Nhood, affiancato da un gruppo coordinato da Studio Metrogramma Milano, è stato promosso dal Comune tramite la seconda edizione del programma internazionale Reinventing Cities. Il lancio del bando è avvenuto nel dicembre 2019, mentre la proposta vincitrice è stata proclamata nel luglio 2021. Il progetto LOC prevede un profondo ripensamento dello spazio aperto del piazzale, con una notevole riduzione della superficie destinata al traffico veicolare (che verrà consentito solo lungo tre lati della piazza), completata dalla pedonalizzazione del tratto iniziale di via Padova. La piazza sarà definita da alcuni edifici a padiglione e da uno scavo parziale (coinvolgendo il mezzanino di accesso alla metropolitana) e caratterizzata da un sistema di spazio pubblico e commerciale articolato su più livelli per un totale di circa 9.000 mq di suolo, verde pubblico compreso, restituiti alla fruizione dei pedoni.

 

In sintesi, le aspettative per la città sono alte; rimane d’obbligo un certo margine di ottimismo a fronte dei prossimi tre anni, che si preannunciano fitti di lavori. Milano sembra, anche stavolta, pronta ad accogliere nuove istanze di cambiamento, procedendo nel proprio percorso di riscrittura e rigenerazione.

 

Autore

  • Andrea Foppiani

    Nato nel 1996, è laureato al Politecnico di Milano in Sustainable Architecture and Landscape Design. Vive tra Piacenza e Milano, dove è dottorando presso il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani (DAStU – PoliMi). Sempre presso il Politecnico svolge attività didattica come tutor in workshop e corsi di progettazione architettonica e del paesaggio, suoi principali ambiti di interesse professionale e accademico. Appassionato di fotografia urbana, oltre che giardiniere per natura (aspirazione maturata in lunghe estati trascorse in Val Trebbia), è sempre in cerca di occasioni per allenare il proprio senso critico attraverso la scrittura o la pratica del progetto, esplorando il rapporto tra diverse scale e diversi saperi

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