Città vs periferie e aree interne, tra Francia e Italia

Città vs periferie e aree interne, tra Francia e Italia

 

Si presenta l’occasione per riflettere sulle attuali forme di urbanizzazione e sulle tradizionali opposizioni concentrazione-prossimità e distanziamento-individualismo

 

LEGGI GLI ALTRI CONTRIBUTI DELL’INCHIESTA “LE CASE E LA CITTA’ AI TEMPI DEL CORONAVIRUS”

 

Una strana uniformità pervade le periferie e le città semideserte di questi giorni. Le percepiamo come spazi problematici di socialità e di condivisione in cui, nell’emergenza planetaria del coronavirus, s’intensificano le differenze. Osservate attraverso il prisma della densità e della prossimità – ora in sospensione – sembrano riposizionarsi, pur nei loro caratteri propri, in un contesto europeo non privo, in prospettiva, di tratti comuni. Diffondendosi ovunque, l’urbanizzazione tende infatti a levigare, se non ad omogeneizzare, la geografia, richiedendo un ripensamento delle modalità di conoscenza e trasformazione.

 

In Francia

Si delinea una crescente polarizzazione nelle dinamiche insediative e negli spazi di esclusione (dall’alto e dal basso): nelle metropoli affluenti permangono, nelle rispettive enclaves, i ceti situati agli estremi della scala sociale, ossia chi promuove e chi subisce la globalizzazione. Nei quartieri lasciati liberi dalla fuga verso le periferie (a diverse velocità), si trasferiscono persone con redditi modesti e famiglie immigrate. Le classi medie si allontanano: le più favorite nella dispersione dei pavillons delle prime corone periferiche, ben collegate ai centri, in cui vantaggiosamente si vive in campagna e si lavora in città; le altre negli spazi periurbani prossimi alle zone agricole, dove la vicinanza con i centri (ed i relativi benefici) si riduce in progressione. Nelle città, specie quelle colpite dalla crisi, i centri impoveriti sono abitati in prevalenza da chi non può permettersi il nuovo esodo. Con l’avanzare dell’urbanizzazione e della dipendenza dalla mobilità individuale, si fronteggiano aree metropolitane e agglomerazioni minori; si riarticolano le prime corone e il periurbano profondo, con una costante disseminazione degli insediamenti nelle aree rurali. È la France périphérique: un universo di nuove diseguaglianze radicate nella separazione tra le città globalizzate e gentrificate e le periferie delle antiche e recenti marginalità.

 

In Italia

Il nostro è un Paese strutturalmente e storicamente diverso, con un’armatura urbana policentrica consolidata. L’esperienza della pandemia rimette tuttavia in discussione la stabilità dei presupposti della “città concentrata”, evocando i tratti di uno scenario per certi versi analogo a quello francese. Tanto più che in Italia, da un lato, lo sprawl – pure all’interno di quell’armatura – costituisce la forma di urbanizzazione prevalente; mentre dall’altro, le “aree interne” rappresentano parti cospicue del Paese (circa il 60%), con un crescente numero di piccoli comuni ai margini dei servizi essenziali (scuola, sanità, mobilità). Oggi però sono messe particolarmente alla prova le aree intermedie: le città medie, urbanizzazioni periurbane e diffuse e campagne abitate”, i “luoghi dello sviluppo spesso insostenibile del nostro Paese. Questa emergenza potrà diventare l’occasione per riflettere sulle città e sulle periferie, in particolare sulle tradizionali opposizioni: tra concentrazione e prossimità, da una parte, intese come indubbie qualità; distanziamento e individualismo, dall’altra, considerati in blocco come problemi, ora intravisti come alternative possibili (se il consumo di suolo in Italia non fosse molto più grave, anche in rapporto alla superficie territoriale, che in Francia).

 

Dopo il virus

Non sarà il coronavirus a decidere delle tendenze in atto, ma permetterà d’interrogarci sulle prospettive future. Sulla necessità di un’inversione di tendenza nelle politiche territoriali: non solo grandi opere ma manutenzione e riqualificazione delle periferie, delle urbanizzazioni disperse, delle aree interne, conciliando lo sviluppo con la messa in sicurezza del territorio ed il contrasto al consumo di suolo. Anche con un’estensione della rigenerazione urbana ai territori periferici monofunzionali, con maggiore attenzione verso le fasce in difficoltà. Anche se adesso disertiamo lo spazio pubblico e i luoghi di convivenza, non possiamo non immaginare il “dopo”, con i mutamenti profondi negli stili di vita a partire dalle relazioni tra il dentro e il fuori, tra le forme dell’interazione e dello scambio, tra residenza e lavoro.

Ci troveremo probabilmente coinvolti in una nuova dimensione biopolitica: controllo dei comportamenti privati in nome della salute pubblica; verifiche capillari e in tempo reale di dati biometrici, sanitari, di localizzazione, di movimento; in generale, rarefazione degli scambi in presenza a vantaggio della shut-in-economy. Dall’attuale isolamento potremo acquisire una diversa consapevolezza degli spazi pubblici e privati e, imparando da questa emergenza, individuare differenti modi d’uso e di progetto. Ritorneremo a frequentare i luoghi del consumo, mitigando l’urgenza di recarci in massa nei centri commerciali e negli ipermercati e rivalutando l’utilità anche sociale dei commerci di prossimità, colpiti dalla crisi urbana degli ultimi anni. Riprenderemo a viaggiare rivolgendo uno sguardo diverso sugli spazi e le reti che ci connettono materialmente con il mondo, oggi sottoposti a rigorose restrizioni. Da tutto questo sarà necessario ripartire per costruire un futuro meno incerto del presente che stiamo vivendo.

 

Immagine di copertina: “Suburban symphony” – Nantes, Francia (foto di Luigi Manzione)

Autore

  • Luigi Manzione

    Architetto, dottore di ricerca all'Università di Parigi VIII. Ha insegnato alla Scuola di architettura di Parigi–La Villette ed è stato borsista del Ministero francese della cultura e della comunicazione. Si è occupato di teoria e storia dell’architettura e dell’urbanistica, delle mutazioni del paesaggio e della periferia contemporanea, pubblicando su riviste italiane e internazionali e su volumi collettanei in Italia, Francia, Belgio. Ha in preparazione il libro "L’urbanisme comme science. La France et l’Italie dans l’entre-deux-guerres". Svolge attualmente (nonostante i tempi che corrono) attività professionale in architettura ed urbanistica