Cinesi a Parigi: fenomeno effimero o tendenza?
La capitale francese sembra la più recettiva di quello che potrebbe essere un nuovo fenomeno globale, grazie ai progetti di MAD Architects, Yung Ho Chang e Amateur Architecture
Published 1 febbraio 2021 – © riproduzione riservata
Nel corso di un’inchiesta pubblicata più di tre anni fa, avevamo osservato i primi segnali di un fenomeno nuovo: la Cina, dopo anni in cui era stata soprattutto terreno di “importazione” d’idee e lavori di grandi agenzie internazionali, si apprestava ad “esportare” progetti di architettura. Infatti, alcuni studi di architettura cinesi, che già avevano acquisito visibilità internazionale con le loro realizzazioni in patria, iniziavano a cercare nuove opportunità fuori dai confini nazionali, mostrando così una nuova fase di maturità e consapevolezza degli architetti d’avanguardia.
Parigi, testa di ponte della Cina in Europa?
Già allora avevamo osservato che c’era un luogo, in Europa, in cui questo fenomeno mostrava i primissimi germi: Parigi, città che evidentemente conserva ancora la sua capacità d’incubare nuove tendenze. All’inizio del 2020 la capitale francese appariva ancor di più la città più attrattiva per la nuova fase della globalizzazione dell’architettura made in China, tra edifici quasi terminati (il complesso UNIC di MAD Architects), cantieri di prossima inaugurazione (la Fondation de Chine di Yung Ho Chang) e la trasformazione di un ex edificio industriale (a firma di Wang Shu), la partecipazione a concorsi di primo piano (ancora MAD Architects), o una nuova attenzione delle istituzioni culturali parigine per le opere degli architetti cinesi.
A inizio 2020 sembrava che quanto in corso a Parigi segnasse il definitivo esordio di un fenomeno che avrebbe potuto diventare via via più importante aggiungendo un nuovo elemento di transnazionalità al mercato globale dell’architettura. Poi l’arrivo dell’epidemia, lo stravolgimento che ne è conseguito e, mentre ancora non si sa quando torneremo ad una nuova normalità, le domande sull’incertezza del domani. Il rischio di una recessione, gli aiuti economici europei e i dubbi crescenti sul modello di sviluppo degli ultimi decenni porteranno ad un ripensamento della globalizzazione anche nel mercato dell’architettura? E la Cina? Sarà il paese che, uscito prima dall’epidemia, conterà i minori danni economici e quindi vedrà rafforzata la sua posizione globale? Oppure la necessità di avere catene di approvvigionamento ridotte e un certo scetticismo verso il paese asiatico comporteranno un suo ridimensionamento?
Sicuramente sono domande che vanno ben oltre il mondo dell’architettura. Tuttavia, a seconda di quali saranno nei prossimi mesi le risposte a tali interrogativi, vedremo se la comparsa di progetti architettonici made in China e realizzati a Parigi sarà stato un fenomeno effimero dei mesi precedenti la grande epidemia o piuttosto l’inizio di una nuova fase della globalizzazione della produzione di architettura, che nella capitale francese ha mostrato solo i primi segni.
UNIC (MAD Architects con Biecher Architectes)
Negli ultimi anni lo studio cinese MAD Architects sembra aver scelto la Ville lumière come luogo di sbarco per la sua affermazione internazionale, tra concorsi, cantieri ed esposizioni. Dopo la partecipazione a due importanti concorsi (nel 2017 la riqualificazione della Tour Montparnasse, con ammissione al secondo grado della competizione e, più recentemente, il Centro acquatico per le Olimpiadi del 2024) nell’autunno del 2019 si è concluso il cantiere del primo edificio progettato dalla sezione “Europe” di MAD Architects, guidata dall’italiano Andrea D’Antrassi.
UNIC, disegnato assieme allo studio francese Biecher Architectes, è uno dei tasselli della ZAC di Clichy-Batignolles, il neonato ecoquartiere di 50 ettari, dominato dal nuovissimo tribunale progettato da Renzo Piano, che si sviluppa attorno al parco urbano Martin Luther King sul sedime di un ex scalo ferroviario nell’area nord di Parigi. Il primo edificio realizzato in Europa dallo studio cinese è una torre asimmetrica, affacciata sul nuovo parco e caratterizzata da vetrate e balconi sinuosi che avvolgono come un nastro la costruzione. In 7.800 mq ospita circa 80 appartamenti, attività commerciali e un asilo.
Infine, a conferma dell’interesse francese verso l’opera degli architetti cinesi, il Centre Pompidou ha acquisito 12 modelli dei 10 progetti più rappresentativi disegnati da MAD Architects, poi presentati in un’esposizione tenutasi ad aprile 2019 e oggi parte della collezione della sezione Architettura della grande istituzione culturale.
Fondation de Chine (FCJZ con Coldefy&Associés)
Qualche mese dopo che i primi appartamenti nella torre di MAD venivano consegnati, dall’altra parte di Parigi all’interno della Cité universitaire, partiva un altro cantiere dove la Cina era ancora più protagonista: la Fondation de Chine, istituzione che accoglierà studenti provenienti dal paese asiatico. A seguito di un concorso, la progettazione della “casa” cinese all’interno della Cité è stata affidata all’agenzia francese Coldefy&Associés, mandataria del progetto, e ai cinesi di FCJZ.
I progettisti, alla loro prima collaborazione, illustrano bene quanto la dimensione globale dell’architettura e la Cina siano oggi intrecciati. FCJZ, ora al lavoro per la sua prima commissione in Europa, è stato uno dei primi studi privati ad aprire nella Repubblica Popolare, fondato da Yung Ho Chang, per molti anni docente in prestigiose università americane ed ex direttore del dipartimento di architettura del MIT. L’agenzia francese Coldefy&Associés lavora invece a progetti in Cina dal 2008 e dal 2016 ha aperto una filiale a Shanghai.
La futura Fondation de Chine dovrebbe essere pronta nel 2022 (ma inizialmente era previsto settembre 2021) e a marzo verrà svelato il primo appartamento campione della futura residenza universitaria. Il nuovo edificio del campus, su una superficie totale di 8.500 mq, ospiterà 300 camere per studenti. Secondo le parole degli autori l’edificio è stato concepito come incontro tra due tipologie che rappresentano le due culture architettoniche: il tulou cinese, tradizionale residenza comunitaria ad anello del sud della Cina, e l’isolato haussmanniano, che generano uno spazio vuoto centrale, qui enfatizzato dai collegamenti verticali che lo attraversano. Anche le facciate sembrano un ibrido d’immagini architettoniche che rimandano ai due paesi, le aperture verticali con una proporzione che ricorda le finestre dei palazzi parigini si combinano con una pelle che ricorda molto altre opere di Yung Ho Chang ispirate alla tradizione costruttiva cinese: muri traforati e mattoni grigi.
Ancienne Usine des Eaux (Amateur Architecture con Joly&Loiret e Lipsky+Rollet)
Infine, nel 2020 si sarebbe dovuto aprire il cantiere del primo lotto del progetto di trasformazione dell’impianto di trattamento delle acque di Ivry-sur-Seine, firmato da Amateur Architecture, lo studio diretto dal premio Pritzker Wang Shu assieme a Lu Wenyu. L’opera del pluripremiato architetto cinese si è sempre caratterizzata per un forte localismo. I suoi progetti si concentrano quasi esclusivamente attorno alla sua città, Hangzhou, reinterpretando con grande originalità forme e materiali della tradizione locale.
E proprio sull’uso di un materiale tradizionale ricorrente nelle opere di Wang Shu, la terra cruda, si è creato il sodalizio tra Amateur Architecture e gli studi francesi Joly&Loiret e Lipsky+Rollet. Infatti, grazie alla mediazione di CRATerre, istituzione francese che ha come missione lo studio e l’insegnamento dell’uso della terra nella costruzione, Wang Shu ha scelto, per la prima volta, di progettare lontano dal suo paese. Tuttavia, i tempi per vedere la prima opere del premio Pritzker cinese in terra straniera sembrano allungarsi, visto che l’inizio dei lavori per trasformare l’ex sito industriale sono stati rimandati al 2022.
Nato a Torino (1990), dove si laurea in Architettura dopo un periodo di studio in Belgio. Svolge la sua tesi sulla riqualificazione del mercato Panjiayuan di Pechino in collaborazione con la Tsinghua University, nell’ambito del joint-studio Polito-Tsinghua. Attualmente è dottorando presso il corso Architettura, Storia e Progetto del Politecnico di Torino e svolge attività di ricerca sulle new towns cinesi. E’ staff member del South China-Torino Collaboration Lab