La suggestiva cupola-mashrabiyya di 180 m di diametro che, unendo architettura e ingegneria, protegge la nuova sede del Louvre ad Abu Dhabi di Jean Nouvel è uno degli ultimi progetti impostati e gestiti da BuroHappold attraverso il BIM (© BuroHappold, aperto a fine 2017)

Barbara Salomone: il BIM non è la “pietra filosofale” che tutto risolve

Barbara Salomone: il BIM non è la “pietra filosofale” che tutto risolve

Per il coordinatore del Focus BIM e nuove tecnologie dell’Ordine degli Architetti di Torino il BIM è uno strumento ormai indispensabile alla sempre maggiore specializzazione richiesta nella progettazione ma non la soluzione a tutti i problemi

 

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Gli Ordini professionali si stanno attrezzando per essere sempre più di aiuto ai loro iscritti analizzando le tendenze del contesto e fornendo strumenti e formazione. Barbara Salomone è architetto, BIM Manager certificata ICMQ, coordinatore del primo Focus BIM e nuove tecnologie dell’Ordine degli Architetti di Torino e docente presso diversi enti certificatori.

 

L’introduzione del BIM come ha cambiato il panorama per il progettista? Quali cambiamenti si prevedono nel prossimo futuro per cui è necessario attrezzarsi?

Il mercato, come tutti stiamo vivendo, è molto critico e richiede ai progettisti una maggiore responsabilità e specializzazione in campi specifici. La cooperazione tra diversi soggetti ha acquisito un ruolo fondamentale per cui è necessario orientarsi sempre di più verso una progettazione integrata tra le diverse discipline specialistiche. La tecnologia informatica ormai ha fatto e continua a fare passi da gigante permettendoci di lavorare in gruppo anche a distanza, da un continente all’altro e in tempo reale. Si ha l’opportunità di allargare non solo i contatti ma anche la rete professionale nel suo insieme. Ritengo che l’architetto sia il direttore d’orchestra in un progetto: l’idea progettuale nasce nella sua mente e pian piano viene sviluppata con l’aiuto di tutte le altre professionalità fino a raggiungere l’obbiettivo dell’opera compiuta in una grande sinfonia corale. La visione dei colleghi dovrebbe andare verso il concetto di squadra e di condivisione degli obiettivi; pensiamo alla Formula 1 se non c’è una squadra specializzata e affiatata non si può pensare di raggiungere un buon traguardo. La metodologia BIM offre questa opportunità: offre la possibilità di avere una piena integrazione e la simulazione dei diversi scenari progettuali, a seconda dell’uso del modello, considerandone di pregi, difetti e criticità ancora prima della costruzione in sé.

 

A che livello progettuale è interessante, opportuno o efficace utilizzare il BIM? Nella fase concettuale? Negli sviluppi del progetto preliminare, nel definitivo o nell’esecutivo? O anche dopo, parlando di Life Cycle Assessment e gestione del progetto realizzato nel suo ciclo di vita?

Vorrei precisare che stiamo parlando di una metodologia di lavoro, quindi ritengo che possa essere applicata ad ogni livello, l’importante è avere ben preciso l’uso e l’obbiettivo del progetto: nella fase concettuale perché in maniera fluida si ha la possibilità di controllare, ad esempio, il fattore forma di un edificio per una futura analisi energetica o anche solo l’impatto ambientale del progetto. Le fasi “preliminare, definitivo ed esecutivo” vengono raggruppate in ambiente BIM introducendo via via maggiori informazioni all’interno di un modello di condivisione dei dati sia a livello geometrico (LOG) sia a livello informativo (LOI), quest’ultimo il vero fulcro della metodologia BIM. Simulare scenari diversi in differenti momenti della vita dell’edificio è il punto di forza del BIM. Non dimentichiamoci che la manutenzione è spesso l’aspetto che passa in secondo piano ma è invece ciò che generalmente incide economicamente in maggior misura nella vita di un edificio. Ancora più importante ritengo sia nell’ambito delle infrastrutture, dove la gestione dei dati è fondamentale durante l’intero ciclo di vita delle stesse. Anche la sostenibilità è un concetto molto sentito e gestibile dalla metodologia BIM.

 

Come può uno studio “medio” (che ha piccole dimensioni e si trova ad affrontare commesse di dimensioni proporzionate) gestire al meglio l’avvicinamento al BIM? Quali le possibilità (anche di specializzazione) e quali le problematiche?

Come già sottolineato nelle precedenti risposte, essendo il BIM una metodologia, occorre innanzitutto investire sull’organizzazione e sulla formazione del proprio personale capendo quale sia il software più adatto alle proprie esigenze e di conseguenza investire se necessario anche sull’hardware. A mio avviso, è importante che lo studio capisca l’importanza delle “regole” per una corretta organizzazione e gestione dei ruoli, delle competenze e dei compiti che ognuno deve svolgere; come in ogni gioco se le regole sono chiare e ben esplicitate tutto diventa più facile da gestire e si evitano spiacevoli problematiche e controversie. Inoltre il BIM offre l’opportunità di inserimento sul mercato di nuove specializzazioni: BIM Manager, BIM coordinator e BIM Specialist per citarne alcune. È appena stata pubblicata la parte 7 della UNI 11337, linee guida sul BIM, con le precise definizioni e relative competenze.

 

Ci sono differenze tra studi grandi e studi piccoli? Tra giovani e meno giovani?

Dalla mia esperienza come consulente per l’implementazione della metodologia in questione ho potuto notare che gli studi più consolidati e grandi hanno già una metodologia standardizzata con ruoli e competenze ben definite, di conseguenza sono avvantaggiati nell’avvicinarsi ad una nuova metodologia, ma si trovano a dover affrontare un maggiore investimento economico. Tutto comunque dipende dall’approccio mentale con cui si affronta l’investimento e non dall’età anagrafica; in Italia ci sono diverse realtà medio-piccole che hanno creduto nell’innovazione in tale settore e ora, dopo quattro o cinque anni, si ritrovano con un incremento delle commesse grazie a una miglior prodotto offerto sul mercato. Infine bisogna tenere conto che il mercato va nella direzione della digitalizzazione e dell’informatizzazione e nei prossimi dieci anni a mio avviso saremo tutti obbligati ad andare in questa direzione. Ciò che invece sovente noto nei giovani è la convinzione che sapere usare bene il pc e i software BIM sia il punto di arrivo mentre a mio avviso è solo quello di partenza: un’ottima squadra di lavoro in ambiente BIM vede il professionista senior e quello junior affiancati.

 

Oggi il BIM sembra essere diventato una sorta di “pietra filosofale” che tutto risolve attraverso l’integrazione e le possibilità di gestione dei processi e delle loro voci di costo. È davvero così? Quali sono i punti critici di questo processo?

Concordo sull’ironia di “pietra filosofale” perché molti colleghi pensano che acquistare e imparare ad usare uno o più software BIM sia condizione necessaria e sufficiente. Non credete a chi vi dice che il software vi fa quasi anche il caffè: il BIM non è un software, non è un modellino del nostro progetto ma è un vero e proprio contenitore di informazioni di qualunque disciplina e consente di interfacciare le varie competenze. L’organizzazione è fondamentale, altrimenti anche se ho un modello ricco di tutte le informazioni ma questi dati non sono organizzati, il risultato che ottengo non è vincente anzi potrebbe addirittura creare effetto opposto. Certamente sono facilitato nel tenere sotto controllo le interferenze tra le varie discipline, nel valutare quantità e costi, e nel gestire eventuali varianti. Ad oggi la criticità sta proprio nelle regole che, come già detto, devono essere chiare e condivise e nell’interscambio dei dati tra i diversi software proprietari. La garanzia di trasmissione e conservazione del dato nel tempo è assicurata attraverso l’uso di formati aperti non proprietari; nell’ambito BIM viene utilizzato prevalentemente il linguaggio aperto IFC (Industry Foundation Classes), promosso dall’organizzazione Building Smart International e in questo ambito si sta lavorando assiduamente sia da parte delle software house sia da parte dei professionisti del settore. Tornando al famoso caffè che vi può fare il software, mi preme sottolineare che è tutta una questione di miscela e quella la scegliamo noi!

 

Immagine di copertina: la suggestiva cupola-mashrabiyya di 180 m di diametro che, unendo architettura e ingegneria, protegge la nuova sede del Louvre ad Abu Dhabi di Jean Nouvel è uno degli ultimi progetti impostati e gestiti da BuroHappold attraverso il BIM (© BuroHappold, aperto a fine 2017)

 

Architetto libero professionista, Barbara Salomone (1972) è BIM Manager certificata ICMQ. Docente presso diversi enti certificatori del territorio, dall’OAPPC di Torino allo IED di Torino, è attualmente coordinatrice del primo Focus BIM e nuove tecnologie istituito dall’Ordine degli Architetti. Fino al 2012 è stata socia fondatrice di CASARTARC, la Casa delle Arti e dell’Architettura che ha gestito mostre ed eventi culturali. Attualmente è docente, consulente e progettista con metodologia BIM e si occupa di traduzioni costruttive di cantiere e consulenza in materia di sicurezza ai del DL 81/2008. Negli anni ha svolto numerose consulenze per studi e imprese, tra cui la realizzazione di AsBuilt per la nuova sede uffici di La Stampa e Alpitour per la proprietà di Beni Stabili spa, la traduzione costruttiva di cantiere per il complesso residenziale Rondò di Moncalieri per la proprietà Nexity Residenziale e la consulenza al coordinamento ai sensi del D.Lgs. 81/2008 per il Torino Fashion Village di Arcus Real Estate. Oggi, oltre alle docenze, segue progetti di residenze private e fornisce consulenza agli studi che desiderano implementare la metodologia BIM.

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