Renzo Piano, senatore-rammendatore

Renzo Piano, senatore-rammendatore

 

Un libro racconta l’esperienza del gruppo di lavoro G124 coordinato da Renzo Piano per il quartiere Giambellino a Milano

 

 

La quarta pagina di copertina racconta il senso di un’esperienza – quella del Renzo Piano senatore a vita – che aggiorna le modalità di impegno dell’architetto coinvolto nella vita civile. In alto, un breve testo definisce l’orizzonte: “Le periferie sono la città del futuro. Nonostante tutto”. A centro pagina, una foto non posata rappresenta il presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante una visita nella stanza di Palazzo Giustiniani a Roma, la G124, dove Piano ha fondato il suo studio istituzionale. Insieme allo stesso Piano, ci sono i giovani architetti del gruppo, sullo sfondo disegni appesi alle pareti. Un senso di ricercata informalità che traspare dal libro G124, proposto come un diario a più mani. Scritto su un caso concreto (la riprogettazione di alcuni spazi aperti e collettivi al quartiere Giambellino a Milano), illustra un percorso di partecipazione attiva, prima e più che progetti architettonici.

 

Architetto/senatore condotto

Senatore sui generis, Renzo Piano. In aula, a Palazzo Madama, non lo si è visto quasi mai: 8 votazioni su 14.080, lo 0,06% (dati openpolis, aggiornati a novembre). Risulta quasi sempre in missione (nel 95,58% delle sedute). Nessun voto chiave nella legislatura (dalle leggi di stabilità alla riforma costituzionale, dagli eco-reati al Jobs Act), è co-firmatario di un solo disegno di legge. Il suo stipendio (e il suo impegno) – coerentemente con quanto aveva dichiarato fin dalla nomina da parte di Giorgio Napolitano, nell’agosto del 2013, insieme a Claudio Abbado, Elena Cattaneo e Carlo Rubbia – è interamente utilizzato per costruire il primo studio di architettura “incubato” nel Senato della Repubblica. Una struttura piccola (ci lavorano giovani architetti selezionati ogni anno attraverso un bando) impegnata su temi “marginali”: periferie, piccole operazioni di rammendo urbano, attività di coinvolgimento dei cittadini, rapporti con associazioni del territorio. Il contrario di quanto ci si potrebbe aspettare dal maggiore architetto italiano, con cantieri aperti in tutto il mondo, in uno dei cuori pulsanti (vivo e vegeto dopo il no al referendum costituzionale) della politica italiana. “Perché nelle periferie, che sono la parte più fragile del nostro Paese, ci sono delle perle. Nonostante tutto ci sono. Spesso sono nascoste sul fondo, bisogna scovarle, lucidarle e aiutarle a crescere. Non è vero che le periferie sono sempre brutte e desolate, c’è bellezza, ci sono cuore ed energia“, scrive Piano in un’introduzione in cui ricorda l’esperienza del Laboratorio di Quartiere di Otranto, fine ’70. “Insieme ai residenti si faceva il progetto, insieme si sceglievano e mettevano a punto gli strumenti, e ancora insieme si apriva il cantiere. Si interveniva come un buon medico condotto opera sulla salute dei suoi pazienti: con un approccio globale, basato sulla conoscenza dei sintomi e soprattutto della storia clinica. Allora inventammo la figura dell’architetto condotto, che oggi mi sembra più attuale e necessaria che mai”.

 

Una periferia speciale

La pubblicazione si concentra sul caso-studio scelto per il 2015 – il quartiere Giambellino, periferia sud-ovest di Milano, su cui hanno lavorato quattro giovani architetti, equamente divisi per sesso, supportati dai tutor Ottavio Di Biasi e Marco Ermentini – ma aggiorna anche sulle aree trattate nel 2014: il quartiere Librino di Catania (con l’attrezzatura di un parco giochi), Borgata Vittoria a Torino (recupero di piccoli spazi di risulta), il III Municipio di Roma (rivitalizzazione di un’area infrastrutturale “Sotto il Viadotto”). Così come per il tema 2016 (a Marghera, dove sono in corso attività di partecipazione), l’approccio integra aspetti disciplinari con una visione fortemente sociale: le immagini e le storie delle persone che abitano il Giambellino hanno la stessa forza creativa degli approfondimenti di natura urbana. Ne emerge un coro polifonico, ben rappresentato nel libro, fatto di suggestioni diverse, spesso anche contrastanti. Così il rammendo urbano – parola chiave di questa esperienza – diventa operazione progettuale dal basso che mira a ricucire luoghi ma anche pezzi di una società spesso disgregata, basata su azioni minime, di piccola e piccolissima scala, apparentemente banali o sterili. L’idea, che dall’ufficio G124 del Senato della Repubblica viene esportata nelle periferie italiane, è che micro-cantieri (da poche migliaia di euro) possano recuperare un senso di appartenenza e di responsabilità attivando un circolo virtuoso che migliora la qualità dei luoghi, e così la vita di chi li abita. Al Giambellino tutto ha inizio, nelle parole di Piano, con la demolizione di un muro: “Abbiamo cominciato a lavorare abbattendo il muro che separava il mercato dal parco e aprendo le recinzioni che dividono i cortili dei caseggiati, creando così spazi condivisi dove incontrarsi e conoscersi; perché le barriere fisiche sono anche e soprattutto mentali”.

Immagine di copertina: sopralluogo del gruppo G124 nel quartiere Giambellino a Milano (da sinistra, Marco Ermentini, Renzo Piano, Ottavio Di Blasi)

 

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C. Piano (a cura di) G124. Renzo Piano. Diario delle periferie / 1. Giambellino, Milano, 2015 (Skira, Milano 2016, pp. 244, € 27)
www.renzopianog124.com

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